Le mappe della disuguaglianza
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Riprendendo il filo del discorso iniziato su un precedente numero di questa rivista (“Roma può ripartire dalla sue scuole?”, di Tobia Zevi, presidente Osservatorio “Roma! Puoi dirlo forte”) suggerisco la lettura di un piccolo, ma denso volume pubblicato nel 2019 nella collana “Saggine” da Donzelli Editore:
K. LELO, S. MONNI, F. TOMASSI, Le mappe della diseguaglianza – Una geografia sociale metropolitana, postfazione di W. TOCCI, Donzelli Editore, Roma 2019.
Il titolo, molto impegnativo, si confronta con quello che dovrebbe essere il tema dei temi della politica contemporanea, cioè a dire il contrasto alle diseguaglianze crescenti, che in tutto il globo “globalizzato” hanno raggiunto proporzioni mai prima conosciute.
Le cifre sono universalmente note. Per limitarci all’Italia, ad esempio, il 5% della popolazione detiene la stessa ricchezza del 99% dei cittadini non abbienti (fonte Oxfam 2019).
Il libro dei tre giovani autori romani, animatori di un sito www.mapparoma.info su cui è peraltro possibile leggere e approfondire dati e acquisire materiali relativi alle analisi compiute sulla città di Roma, articola il fenomeno delle diseguaglianze declinandolo da differenti punti di vista, ma sempre all’interno di un tessuto urbano vasto, dove, come è noto, le stesse diseguaglianze convivono in territori spazialmente contigui e vengono alimentate da dinamiche sociali accelerate che, se dal lato accrescono le opportunità di riscatto e di benessere, nello stesso tempo, in corrispondenza con il sensibile, costante declino dei ceti medi, un tempo spina dorsale di ogni grande città, drammatizzano la polarizzazione tra alto e basso.
Il discorso sviluppato nel libro riguarda Roma, ma è facilmente estrapolabile e applicabile, mutatis mutandis, a ogni altro centro urbano metropolitano. In diversi luoghi sono riportati interessanti confronti con altre grandi città italiane (Milano, Torino, Napoli), confronti che, se da un lato servono a sottolineare le peculiarità della Capitale, dall’altro colgono comuni costanti di distorsione dello sviluppo.
Fin dall’introduzione, intitolata “Roma: le ragioni di una città disuguale”, si vuole esprimere un giudizio netto sulle criticità del momento e sulle prospettive (poco luminose) del futuro. L’inefficacia dell’effetto anticiclico solitamente esercitato dall’impiego statale negli anni di crisi – ormai più di dieci – la diminuzione costante della spesa pubblica, mai riqualificata, il declino marcato delle attività edilizie, da sempre il motore economico della città, hanno colpito Roma più di ogni altro grande centro italiano. Le mappe presentate nei ventisei capitoli che compongono il volume colgono in una felice sintesi grafica gli effetti di queste dinamiche nel concreto del territorio.
Nell’articolo citato di Tobia Zevi si parla delle scuole come di “istituzioni àncora”, “gli scogli ai quali le comunità si aggrappano per mantenere aggregazione sociale […], per ricostruire comunità e reinvestire in progettualità condivisa”. Significativamente, la prima mappa (#1) del libro riguarda proprio i livelli di istruzione, con un sottotitolo già di per sé esauriente: “A Parioli 8 volte i laureati di Tor Cervara”.
L’accento tuttavia – giustamente – non è posto tanto sui livelli di ricchezza acquisita dalle famiglie (quartieri ricchi, quartieri poveri o poverissimi), quanto sul versante delle opportunità di crescita, quelle a cui dovrebbe più badare la scuola, mettendo in campo un’azione orientativa davvero efficace, che accresca ampiezza e qualità dell’offerta formativa e che ne recuperi la funzione originaria di “ascensore sociale”, funzione che oggi sembra smarrita.
Il dato che emerge è sconfortante: a Roma oltre il 60% dei ragazzi con genitori privi di diploma resta al livello delle famiglie di provenienza (la media OCSE è del 42%). Così, la città, con il suo 25% di laureati, si colloca decisamente alle spalle delle principali metropoli europee (Berlino 37%, Parigi 46%, Madrid 47%). Se poi si disaggrega il dato medio assoluto, emerge una varianza molto accentuata tra zona e zona, tra municipio e municipio, oltre che tra centro e periferie.
Come è naturale che sia, il dato dell’istruzione si intreccia con tutti gli altri, confermandoli e corroborandoli; ad esempio con la differenza di genere (#20: le donne sono più numerose degli uomini, si laureano in maggior numero, ma hanno indici di occupazione inferiori) e con l’indice di sviluppo umano (#12), sempre strettamente correlato al livello di istruzione raggiunto.
Questa lettura “implicata” dei dati è importante soprattutto per evitare il rischio sempre presente che la scuola resti autoreferenziale, nell’illusione di poter migliorare i propri livelli di prestazione solo implementando tecniche, architetture e modelli didattici nuovi.
La contestualizzazione sociale, le richieste educative avanzate dai territori devono essere al cuore del discorso. Basta sovrapporre le mappe presenti nel libro e nella corrispondenza delle diverse cromie si potrà cogliere con immediatezza che “tout se tient”.
Nella lucida postfazione di Walter Tocci, si esplora il “Caleidoscopio romano”, tracciando un interessante profilo della genesi storica ed economica della città e facendoci (ri)scoprire la sua straordinaria complessità. Con un territorio comunale di circa 1.300 kmq (Milano 181 kmq, Parigi 105 kmq, Berlino 891 kmq), secondo solo a Londra (1570 kmq), ma con una popolazione pari a un terzo circa, la Capitale deve affrontare grandi problemi di gestione dei servizi (penso ai trasporti pubblici), ma anche di identità e di funzione. Le quattro “corone” individuate e analizzate in lucida sintesi da Tocci, sostanzialmente concentriche rispetto al nucleo della città antica, hanno seguito linee di sviluppo diverse, disfunzionali e spesso in conflitto tra loro, così da generare una realtà sfaccettata, frammentata e difficile da definire.
In questo contesto, l’istituzione scolastica ha un compito gravoso, ma di essenziale rilievo, quello di “aprirsi istituzionalmente” al territorio, unificando e coordinando le tante buone pratiche e le iniziative già presenti, facendone un “sistema”, un riferimento stabile, un catalizzatore capace di ricomporre il senso di identità e di appartenenza, profittando anche della “enorme considerazione per la scuola pubblica” (T. Zevi) che, nonostante tutto, famiglie e studenti manifestano ancora.
Claudio Salone