L’istruzione scientifica in Europa
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Dal web 2.0 di Scientix (Bruxelles) al ruolo della Storia della Scienza nell’11° IHPST Conference (Salonicco). Queste due recenti conferenze europee gettano sguardi differenti sull’istruzione scientifica nella scuola secondaria. Un breve report dei due eventi evidenzia luci e ombre di questa diversità.
A Bruxelles dal 6 all’8 maggio si è svolta The Scientix Conference. Scientix è un progetto di European Schoolnet, una rete di 31 Ministeri dell’Istruzione Europei che raccoglie e coordina attività e risultati, nell’ambito dell’istruzione scientifica, sia dei progetti finanziati dal settimo Programma Quadro, sia dal Lifelong Learning Programme, sia di iniziative a carattere nazionale. In tre giorni quarantasei comunicazioni, un numero importante di miniworkshop e presentazioni di risorse web, più di trenta poster tematici hanno esposto lo stato dell’arte dell’istruzione scientifica in Europa a livello di studi secondari. Le idee chiave esposte a Bruxelles hanno evidenziato, se ancora fosse necessario, quanto bisogno c’è di literacy scientifica in Europa, quanto è importante che le politiche per l’istruzione si coordinino con le necessità del mondo del lavoro, quanto sia necessario ripensare a pratiche didattiche innovative e quanto tutto questo passi attraverso il riconoscimento (formale, intellettuale, economico, politico) del ruolo chiave che hanno i docenti.
John Holman, direttore del National Science Learning Center britannico, nella lezione inaugurale ha richiamato la questione fondamentale che l’innovazione pedagogica passi attraverso curricula in grado di trasmettere, oltre ai contenuti scientifici, una idea chiara della Nature of Science, (NoS) quindi dell’epistemologia che struttura la conoscenza scientifica. Tuttavia, dopo questa splendida dichiarazione inaugurale, epistemologia e storia della scienza sono scomparse da Bruxelles. Eccezione fatta per il report di due esperienze dell’uso della storia della scienza in alcune scuole italiane presentate da chi scrive, NULLA più ha ripreso il tema dell’approccio storico-critico. Tre giorni di web, laboratorio e nuova pedagogia: il futuro dell’istruzione scientifica in Europa si basa su tanto laboratorio (spesso virtuale), hands on e wiki. Dal punto di vista dei docenti che insegnano le discipline scientifiche gli aspetti relativi alla NoS sono considerati poco importanti o, comunque, non approcciabili con la storia e la filosofia: il metodo della scienza è appannaggio degli scienziati che la fanno e non degli storici o degli epistemologi che riflettono sul lavoro dei primi.
Quest’ultima considerazione si è risentita spesso nelle aule della Tower of Education della Università Aristotele di Salonicco dove, dal 1° al 5 luglio si è svolto l’undicesimo congresso dell’International History and Philosophy of Science Teaching Group. Questa comunità di studiosi è costituita sopratutto da accademici, storici e filosofi della scienza o pedagogisti specializzati nella istruzione scientifica. Più di duecento comunicazioni, svolte in sessioni parallele che hanno coinvolto diverse centinaia di partecipanti, hanno toccato una serie di argomenti relativi all’insegnamento delle discipline scientifiche mediante l’approccio storico-filosofico. Un nodo che è stato spesso evidenziato, nelle relazioni sulle esperienze di formazione rivolte a insegnanti di scienze e a studenti, è l’inefficacia sia del learning by doing sia delle stesse unità basate sui casi storici, quando la struttura epistemologica non venga esplicitata dai docenti. In altri termini, storia e laboratorio non funzionano senza la sottolineatura intenzionale degli aspetti filosofici connessi.
Chi, come chi scrive, ha partecipato a entrambi gli eventi, non può non avere notato in maniera netta le discrasie che separano le due conferenze. Innanzitutto i protagonisti: a Bruxelles insegnanti di scienze delle scuole superiori, a Salonicco ricercatori universitari filosofi e pedagogisti. Gli argomenti trattati, anche se a prima vista riguardavano in entrambe le occasioni l’istruzione scientifica, nella conferenza belga erano incentrati sull’insegnamento-apprendimento dei contenuti della scienza, nel convegno ellenico miravano soprattutto a promuovere la didattica dei processi della scienza, la NoS. Di conseguenza, le metodologie proposte erano differenti: esperienze di laboratorio, IBSE, Problem Solving, Web Repository, Ambienti Wiki, et cetera a Scientix. Nelle aule dell’IHPST le metodologie, invece, puntavano agli studi di caso, alla narrazione, alla messa in risalto degli aspetti epistemologici e metacognitivi della scienza. Qui l’approccio dominante era quello costruttivista. Lì la scienza è ancora “data”.
Quasi nessun contatto fra i due mondi. Eppure, sarebbe estremamente fertile che ci si ascoltasse gli uni gli altri per capire quanto reciprocamente si può innovare il comune sforzo verso la literacy scientifica delle generazioni future.
La strada da fare in questa direzione è ancora lunga.
Liborio Dibattista e Francesca Morgese