Insegnare i videogiochi: paradosso o possibilità?
Presentazione della “video game education”, quell’area dell’educazione ai media che si propone di far conoscere nel dettaglio come sono progettati, programmati, venduti i giochi elettronici. Anche per stimolarne un uso più “critico”.
Insegnare i videogiochi ai ragazzini, che li sanno già usare perfettamente, può sembrare un obiettivo strano: non lo è, se si pensa che ciò che i giocatori sanno dei loro game preferiti è, in una certa misura, la “superficie” dei giochi stessi. Non sanno, per esempio, quali sono le tecniche di progettazione e programmazione di un video game, o le tecniche di marketing, o il significato delle scelte grafiche e narrative. Domanda: non riteniamo che, nell’attuale società dei linguaggi multimediali, conoscere un po’ di più anche questa fetta di mondo possa essere utile e interessante? Non fa parte, anche questo, di quella “competenza digitale” che l’Unione Europea ci addita quale obiettivo strategico?
Sulla base di questo presupposto, un gruppo di ricercatori delle università di Parma, Torino e della Cattolica di Milano (M. Aglieri, M. Andreoletti, A. Bonomi Castelli, D. Felini, A. Ragosta, A. Rosa, G. Tosone) ha lavorato, per quasi tre anni, riflettendo sulle possibilità della video game education e sulle modalità della sua realizzazione, anche sperimentando dei percorsi con bambini, adolescenti, genitori e insegnanti. Il frutto di questo lavoro è ora racchiuso nel volume “Video game education: studi e percorsi di formazione”, appena uscito per le Edizioni Unicopli di Milano, a cura di Damiano Felini.
Ciò che si evince dal testo è che educare alla comprensione e all’uso critico dei videogiochi può essere effettuato per vie differenti. Per esempio, si può riflettere sui valori e sugli stereotipi che i giochi elettronici veicolano, come immagine di quanto l’intero nostro patrimonio culturale propone alle giovani generazioni; oppure, si può educare al senso estetico – una cosa dimenticata nella scuola di oggi! – riflettendo insieme sulle scelte iconografiche; oppure ancora, si può comprendere l’architettura logica della narrazione ludica, costruendo in gruppo, con un software apposito, un vero (anche se piccolo) video game.
Allo stesso modo, si può lavorare su questi temi con i genitori, sempre più affamati di sapere come scegliere i giochi da regalare e di comprendere che cosa fanno i figli quando sono davanti a uno schermo; oppure con insegnanti e educatori, desiderosi di motivare maggiormente i ragazzi in attività che, però, abbiano anche un valore didattico ed esperienziale.
Il libro offre la possibilità di riflettere su tutto questo, accompagnati da chi ha già fatto questo percorso di esplorazione di un mondo nuovo. Ci sono studi, resoconti di esperienze didattiche, materiali da usare in classe, spunti e proposte di attività, sia sul versante dell’analisi dei video game, sia sul versante della produzione digitale.
La video game education, infatti, è esattamente questo: il tentativo – paradossale, ma non troppo – di far conoscere ai fruitori quei videogiochi che pure usano quotidianamente, stimolandoli a comprenderli più a fondo, a fruirne consapevolmente e a capire come sono progettati e costruiti.
PER APPROFONDIRE:
• La scheda del libro
• L’editore: Edizioni Unicopli
Damiano Felini