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Cosa ci dicono gli studenti immigrati sulla qualità dei sistemi educativi

Pubblicato il: 08/11/2013 09:56:44 -


Il problema dell’inclusione di cittadini di diversa origine geografica e culturale pone problemi specifici sui sistemi scolastici, sia per i nativi sia per gli immigranti. L’indagine OCSE PISA, che si ripete a cadenza triennale, offre spunti di riflessione e prospettive, talora forse discutibili, ma sempre capaci di arricchire la visione di chi ha la responsabilità di garantire i diritti di tutti, a partire dalla scuola.
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Non si tratta di un’inchiesta su quello che gli studenti immigrati pensano delle scuole che frequentano, ma del focus che l’OCSE propone sulla base dei dati dell’indagine PISA 2009.

L’immigrazione nei secoli ha sempre avuto le stesse motivazioni: ricerca di una vita migliore e garanzia di un’adeguata integrazione.
PISA 2009 cerca di valutare in quale misura i sistemi scolastici riescano a rispondere ai bisogni delle diverse tipologie di studenti nativi e immigrati.

Due sono i punti di partenza:
1. studenti immigrati, provenienti dallo stesso paese, hanno risultati scolastici molto diversi all’interno dei diversi sistemi scolastici dei paesi in cui vengono accolti;
2. le differenze dei risultati degli studenti immigrati e dei nativi, che appartengono a background socio-culturali simili, sono più contenute nei paesi le cui scuole accolgono molta popolazione immigrata e dove, la diversità tra studenti, non riguarda lo status d’immigrato, ma lo status socio-economico.

Nei paesi che hanno svolto l’indagine PISA OCSE dal 2000 al 2009 la popolazione scolastica di 15 anni di età immigrata è passata dall’8 al 10% – come dato medio – ma in alcuni paesi questi studenti rappresentano il 5% e più della popolazione scolastica (si fa notare che in Irlanda, Liechtenstein, Nuova Zelanda, Federazione Russa, Spagna e Usa la percentuale varia tra l’8 e il 30%; in Canada, Grecia e Italia nello stesso periodo si è passati dal 3 al 5%).

Secondo i dati PISA gli studenti provenienti dallo stesso paese e con background socio-culturale simile, a 15 anni, raggiungono risultati molto diversi a seconda del paese ospitante (il dato viene reso statisticamente comparabile e misurato sul punteggio medio OCSE – in comprensione della lettura “reading literacy” – che è 493 punti).

Qualche esempio: un giovane originario della Federazione russa, che vive in Finlandia, Germania e Israele, raggiunge un punteggio pari alla media Ocse, mentre se vive in Croazia ottiene 30 punti in meno e 50 se vive in Grecia.

Gli studenti turchi che stanno in Olanda ottengono 45 punti meno della media; quelli che sono in Belgio, Danimarca Germania e Svizzera sono 70/80 punti sotto la media, mentre se sono in Austria vanno sotto di 115 punti. Questo accade anche quando la migrazione avviene tra paesi OCSE.

Gli studenti tedeschi in Austria sono 10 punti sotto la media, mentre in Olanda e Svizzera sono 30 punti sopra.
Gli studenti italiani che vanno in Croazia, Germania e Svizzera si fermano a 20/26 punti sotto il punteggio medio OCSE; mentre in Lussemburgo si collocano addirittura sotto di 55 punti.

Gli studenti provenienti dal Regno Unito in Nuova Zelanda si collocano 64 punti sopra la media e 31 se sono in Australia.

Sicuramente buone politiche per l’immigrazione, vicinanza culturale tra paese del migrante e paese ospitante e altre iniziative sociali giustificano queste differenze nella performance. Tuttavia alcuni sistemi educativi sembrano più capaci di facilitare inclusione e quindi possono essere considerati migliori nella performance.

Meno significativo come fattore che aiuta i processi di integrazione (questo è il termine usato dal focus OCSE PISA) sembra essere lo sviluppo, in ambito educativo, di azioni che tengano conto della cultura d’origine degli studenti immigrati, poiché anche all’interno della popolazione immigrata si registrano differenze di status socio-economico.
In generale si può dire che alcuni sistemi riescono a gestire le differenze meglio di altri.
Gli studenti immigrati sembrano, infatti, avere risultati migliori in sistemi scolastici che accolgono un maggior numero di studenti immigrati e dove questi appartengono a diversi status socio-economici, così come accade a tutti gli altri studenti.
In Australia, Canada, Israele e Usa uno studente su quattro o cinque ha un retroterra d’immigrazione.
In questi quattro paesi tutti gli studenti con simile status socio-economico hanno risultati simili. Al contrario, nei paesi in cui gli studenti immigrati sono proporzionalmente meno numerosi rispetto agli altri studenti e dal punto di vista socio-economico il gruppo è molto diverso, rispetto all’insieme degli altri studenti, le differenze di rendimento tra immigrati e nativi sono ampie, anche se si tiene conto dello status socio-economico.
Sembra che gli studenti abbiano migliori risultati in paesi che si mettono in gioco accogliendo la sfida presentata dalle diversità e hanno sistemi scolastici sufficientemente flessibili per rispondere a ragazzi con potenzialità e bisogni diversi.

I paesi che sono all’inizio del processo di crescita del numero di immigrati di diversa provenienza possono imparare da chi ha già fatto questa esperienza e ha avuto successo nell’integrare i ragazzi provenienti da altri paesi.

Per approfondire:
PISA IN FOCUS 2013/10 (October) – © OECD 2013

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Immagine in testata di pixabay (licenza free to share)

Vittoria Gallina

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