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Autovalutazione dei singoli istituti: la direzione per una qualità della scuola

Pubblicato il: 23/09/2013 10:30:48 -


Basta misurare gli apprendimenti per valutare un sistema scolastico? Come si analizza “da vicino” il lavoro della scuola, per rendere ragione dei risultati conseguiti? Come aiutare la scuola a presentarsi e rappresentarsi per capire di cosa ha bisogno per funzionare meglio? Queste le molte domande a cui processi di autovalutazione dei singoli istituti dovrebbero dare risposta; di qui la necessità di fornire strumenti adatti alla costruzione di Rapporti di autovalutazione che dovrebbero diventare tassello essenziale del sistema nazionale di valutazione.
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Se è vero che ormai nessuno (o quasi) nega l’importanza, la necessità, di un sistema di valutazione nazionale capace di mettere a disposizione dei decisori politici, degli operatori del settore e dell’opinione pubblica una rappresentazione attendibile dello stato dell’istruzione in Italia, la polemica sulle prove Invalsi si presenta puntualmente ogni volta, nei momenti cruciali che scandiscono l’anno scolastico, quando riemergono tutte le questioni irrisolte (che poi negli anni si aggravano) e che finiscono per scaricarsi sulle valutazioni Invalsi, in modi spesso impropri.
Sicuramente, infatti, è importante usare un termometro funzionante e ben calibrato, ma sarebbe difficile imputare al termometro i processi epidemici che provocano le malattie.
Nel corso degli anni, tuttavia, prolifera e si consolida un filone di produzione editoriale di libricini/eserciziari (usati soprattutto nelle scuole del primo ciclo scolastico), strumenti di diffusione di quella mala pratica che è l’addestramento al test, pratica che è esattamente il contrario di una didattica volta a sviluppare competenze e capacità di attenzione e riflessione.

L’autovalutazione di istituto” è invece un testo che, in modo corretto, affronta il problema della efficacia del termometro e mette in evidenza quegli “intorni”, che determinano le situazioni alle quali il termometro viene applicato.
Queste situazioni vengono indicate e nominate, e divengono oggetto di studio, interpretazione e valutazione necessari a costruire profili comprensibili del sistema nelle sue articolazioni e specificità e quindi di tutti gli aspetti sui quali devono essere calibrate le scelte di adeguamento e miglioramento.
Il linguaggio è scorrevole, preciso e ricco di riferimenti, il ragionamento, svolto nei vari capitoli, mette ordine in tutto quello che è utile sapere sulla valutazione delle strutture scolastiche, collocata entro i quadri teorici sottesi ai modelli di valutazione della scuola.

In questo modo l’autovalutazione di istituto diviene un tassello essenziale di processi di valutazione di sistema che, finora, al di là di sperimentazioni parziali e locali, si sono realizzati solo come valutazione degli outcomes della scuola misurati in termini di apprendimenti, rilevati prevalentemente secondo modelli di analisi delle indagini internazionali.

Gli autori confermano che la mission della valutazione è strumento per assicurare la qualità della scuola (così come recita ancora l’ultimo regolamento ministeriale); si costruisce così un percorso che segue passo passo il processo metodologico utile a produrre in ogni scuola un Rapporto di autovalutazione.
Il funzionamento della scuola viene analizzato con rigorosa attenzione: prassi e regolamenti organizzativi, risorse interne ed esterne, collegialità e livelli di decisione individuali e collettive costituiscono l’intelaiatura della raccolta e della sistematizzazione di tutte le informazioni necessarie a presentare un quadro su cui divenga possibile intervenire per correggere, migliorare, adeguare ecc.
Si evita così il rischio di costruire narrazioni assolutorie, auto-giustificative e autoconsolatorie, scorciatoie sempre presenti quando ci si confronta non con la realtà, ma con aspirazioni giuste, anche se astrattamente concepite.
Qui si trova, invece, lo spazio e il senso entro cui raccogliere tutti gli aspetti relazionali, dai quali non si può prescindere quando si valutano azioni di insegnamento-apprendimento. Il testo risponde alle domande relative al “come fare“ attraverso la predisposizione di strumenti e l’illustrazione di buone pratiche, agite sul campo, presentate ogni volta per rispondere a problemi concreti, e non sfugge all’esigenza di confrontarsi con gli strumenti tradizionali delle prove oggettive di valutazione, affiancando a questi altre modalità di lettura dei contesti, con lo scopo di cogliere quegli ”intorni“ che costituiscono i profili della singola scuola e del funzionamento di quel delicato meccanismo in cui gli assetti burocratico-amministrativi agiscono sul complesso terreno in cui si realizza la relazione educativa.

La metodologia del Peer review, che è stata già praticata in sperimentazioni nazionali ed europee, viene suggerita come strumento di lavoro utile a costruire punti di vista esterni, ma non estranei al lavoro della singola scuola.

Il suggerimento appare valido, ma l’applicazione di queste procedure, dentro un sistema nazionale, necessita di ulteriori approfondimenti. Interessante e utile infine la riflessione sul limite di sistema che l’avvio del SNV riporta all’attenzione: il sistema scolastico italiano, una volta liquidati, fortunatamente, i vecchi programmi, non è ancora riuscito a produrre standard di qualità e di prestazione: livelli soglia, linee guida, indicazioni nazionali, indicazioni per il curricolo, vari profili in uscita e quant’altro non riescono infatti a risolvere un problema, culturale prima che pedagogico, che comunque si ripropone ogni volta che ci si interroga sulla direzione verso cui indirizzare la scuola.

G. Allulli, F. Farinelli, A. Petrolino,“L’autovalutazione di istituto. Modelli e strumenti operativi”, ed. Guerini e associati, Milano, 2013.

Vittoria Gallina

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