Alfabetizzazione come educazione alla cittadinanza
Una doverosa premessa
E’ difficile affrontare questo problema nella situazione attuale, nel momento in cui tutti gli equilibri/disequilibri, che finora sono serviti come descrittori dei contesti politici e socio-culturali delle trasformazioni in atto, sono violentemente messi in discussione e si evidenziano più drammatici dis-equilibri che linee evolutive.
(Le analisi di seguito esposte riguardano gli anno 2021 e 2022, pubblicate nei primi mesi del 2023)
I Saperi necessari
Quali sono i saperi necessari oggi ai cittadini del mondo globale? E’ questa la domanda presente nei rapporti che UNESCO ed OCSE dedicano allo stato dei processi di formazione nei vari paesi, ai risultati conseguiti ed ai problemi emergenti. Mancano ancora i dati relativi alla indagine PIAAC OCSE 2 perché, a causa del covid, l’indagine, avviata nel 2018 ( 30 i paesi partecipanti), si è svolta tra settembre 2022 e luglio 2023, quindi i risultati saranno disponibili solo nel 2024. Tuttavia è interessante notare che i documenti preparatori e l’articolazione delle ricerca permettono di cogliere come il nuovo ciclo si colloca nella logica della domanda sui saperi necessari,in relazione alle profonde trasformazioni che si sono prodotte/si stanno producendo nelle società di riferimento e che erano ben evidenti già prima della pandemia e dei drammatici eventi bellici degli ultimi due anni.
Accanto alle abilità cognitive, il nuovo ciclo di PIAAC identifica le abilità sociali ed emotive come “competenze chiave”, necessarie per il successo nel mercato del lavoro e nella vita, e le correla con i risultati di apprendimento attesi dai diversi sistemi di istruzione e formazione. E’ evidente che si tratta di abilità che mostrano elementi di continuità ed elementi di cambiamento nel tempo e con l’età, sia per quanto riguarda gli individui sia in relazione alla presenza / non presenza di un’attenzione del discorso pubblico/istituzionale a queste tematiche. Per questo motivo è presente un modulo facoltativo ( che non è stato scelto per l’indagine in Italia) rivolto ad un campione di datori di lavoro che indaga sulle difficoltà riscontrate nella ricerca di lavoratori “ competenti” e quindi sulla capacità delle politiche di mettere in atto strategie adatte ed efficaci.
Education GRALE 5 Global Report Adult LEarning offre una nuova riflessione sui processi di literacy che ormai devono e dovranno sempre più comprendere l’educazione alla cittadinanza, come elemento essenziale della alfabetizzazione.
A partire da quanto l’Unesco ha già prodotto negli anni sulla alfabetizzazione di base, definendola come strumento fondamentale, precondizione all’esercizio di una cittadinanza democratica ed a un positivo inserimento sociale entro le comunità accoglienti, questa prospettiva oggi deve essere rapportata a situazioni nuove. “Trasformare il nostro mondo “ è l’obiettivo che sintetizza i 17 goal dell’SDG (Sustainable Development Goals agenda per il 2030). Porsi questo obiettivo significa intendere l’alfabetizzazione come pratica sociale: azione agita da un soggetto, che attiva le sue potenzialità trasformative nella prospettiva del cambiamento. Non si tratta solo infatti di operare in riferimento alla realtà in cui si è inseriti, ma di disporre di strumenti adatti ad orientare ed orientarsi per collegarsi con altri mondi e società.
“Quanto più la persona è alfabetizzata tanto più è capace di impegnarsi nel mondo che è fuori dal proprio villaggio e comunità di riferimento” .
Già esistono attività di EDA orientate in questo senso, ma ancora mancano studi precisi sugli effetti/ risultati di una formazione volta a promuovere impegno politico, coesione sociale, tolleranza della diversità, prevenzione e risoluzione dei conflitti, con lo scopo di costruire le “condizioni della pace”. In queste esperienze si evidenzia bene la necessità di cambiare i metodi di insegnamento per finalizzarli allo sviluppo di creatività e autonomia.
L’educazione alla cittadinanza riguarda tutti, non solo i migranti
Educazione alla cittadinanza, questa è la riflessione fondamentale del rapporto di quest’anno, non significa solo rivolgersi alla popolazione immigrata ma anche alla popolazione “ospitante”: nel mondo attuale circa una su 10 persone è migrante intra-nazionale o internazionale ed una su otto fugge da conflitti, catastrofi naturali e povertà.
Nel 2016 una indagine dell’IPSOS ( Indagini sociali di mercato e sulle opinioni) metteva già in luce come l’aumento dei migranti suscita la crescita di sentimenti anti- immigrati nei paesi ospitanti, questo riguarda anche i rifugiati, che spesso sono considerati incapaci di integrarsi e non vengono naturalizzati come cittadini.
Quanto spesso si sente ripetere la frase “nel nostro paese ci sono troppi immigrati !“. GRALE formula una sorta di programma di formazione per le popolazioni ospitanti ed indica quali temi devono essere trattati per coltivare spirito di tolleranza e combattere gli stereotipi di coloro che sono/ si presentano come anti –immigrati. Gli immigrati devono essere aiutati ad adattarsi e a comprendere le norme culturali, sociali e politiche dei paesi dove sono giunti, per diventare attivi nelle nuove società in cui vivono, promuovendo interventi atti ad impedire che si formino, tra gli immigrati stessi, gruppi posti ai margini: in genere si tratta di gruppi di soggetti vulnerabili ( giovani, donne ecc. ).
Le società multiculturali si trovano di fronte alla sfida di dar vita a “stati nazione”, che incorporano Cittadini diversi, e a stabilire un insieme condiviso/condivisibile di valori , ideali e obiettivi per tutta la popolazione.
Questi valori (diritti umani, giustizia, eguaglianza) possono garantire libertà a gruppi culturali etnici e religiosi diversi, rendendoli capaci di sperimentarla, imparando a gestire la tensione tra unità e diversità ed agendo in questa prospettiva.
Molto spesso le politiche di integrazione trattano i migranti come se fossero strutturalmente mancanti di competenze, saperi, ecc., è questo pregiudizio che rende impossibile ai migranti di dimostrare e costruire a partire dai capitali di culture e competenze che possiedono.
Gli studi sulla ALE ( Adult learning education) evidenziano come spesso gli stessi interventi formativi tendono a rinforzare un messaggio fortemente escludente: i nuovi arrivati devono abbandonare i patrimoni socio -culturali delle loro origini, le loro abitudini, la loro lingua ecc ...
Già GRALE 3( 2013) aveva mostrato come il riconoscimento nel paese ospitante del sapere posseduto possa essere utile, spesso infatti i migranti sono portatori di saperi e competenze importanti, utili anche nei nuovi contesti.
Rimuovere questa barriera iniziale significa, per i paesi ospitanti, predisporre percorsi di apprendimento flessibile, collegabili a diverse qualifiche, attraverso accordi istituzionali regionali e interregionali. Standard e accrediti potrebbero essere costruiti in modo da renderli adattabili in caso di trasferimenti e utilizzabili anche a livello internazionale.
Appare utile concludere queste letture con un riferimento al recente OECD International Migration Focus 2023-
I temi trattati sono:
- Sviluppi recenti dei movimenti migratori e delle politiche dedicate
- Impatto della guerra di aggressione russa all’Ucraina (oggetto di un capitolo specifico)
- Recenti cambiamenti delle modalità di inclusione nel mercato del lavoro dei migranti nei paesi OCSE
Due capitoli approfondiscono questi argomenti:
- I modelli di fertilità della popolazione migrante nei paesi OCSE
- La relazione tra formazione delle famiglie e effetti sull’inserimento nel mercato del lavoro delle donne immigrate
Il focus, pubblicato a gennaio dell’anno 2023, evidenzia, in estrema sintesi, che la migrazione di quanti vogliono restare nei paesi OCSE è cresciuta del 26% nel 2022 rispetto al 2021 (sono 6.1 milioni) e che i primi dati rilevati nel 2023 suggeriscono ulteriori aumenti.
La migrazione per motivi familiari è la categoria prevalente per i nuovi arrivi (il 40% intende restare “permanent migration”), la migrazione contrattata/ gestita (managed) per il lavoro e la mobilità libera ( free mobility) riguardano rispettivamente il 21% dei nuovi arrivi.
I paesi di origine dei richiedenti asilo all’inizio del 2023 è prevalentemente Venezuela, Cuba, Afganistan e Nicaragua.
In più della metà dei paesi OCSE il tasso di occupazione dei migranti è il più alto degli ultimi decenni, ma i migranti spesso sono occupati in lavori poco qualificati.
Le madri immigrate si trovano a fronteggiare condizioni di grande svantaggio nel mercato del lavoro (nell’ occupazione femminile il gap tra immigrate e native è di 20 punti percentuali).
L’inserimento nel mercato del lavoro è molto problematico, soprattutto per i migranti in transito, questo accade anche perché molti richiedenti asilo fuggono dai paesi di origine senza un progetto preciso, aumentando così la migrazione di transito; la conseguenza è che molti paesi OCSE hanno ristretto il riconoscimento dell’asilo, inasprito le politiche di frontiera e ridotto la quota di quanti possono aspirare all’insediamento regolare. E’ vero che in genere si risponde ai bisogni di protezione, ma non si progettano percorsi verso la “residenza lunga” e si danno risposte diverse all’asilo umanitario, attraverso programmi specifici che settorializzano i vari tipi di migrazione e rendono più difficile processi di vera inclusione.
Vittoria Gallina