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“Noir Italia”: analisi e riflessioni

Pubblicato il: 28/05/2014 14:45:38 -


Analisi di testo e peritesto dei romanzi gialli “Noir Italia”, pubblicati da Il Sole 24 Ore; riflessioni sul tema.
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Il 12 luglio 2013 “Il Sole 24 Ore” inizia a pubblicare una collana di 20 romanzi “gialli”, a cadenza settimanale, dal titolo “Noir Italia”. Poi, probabilmente per il successo ottenuto, ai volumi programmati se ne sono aggiunti altri fino ad arrivare al numero 40. La pubblicazione di “gialli” non è certo una novità nel panorama della stampa quotidiana in Italia, perché altri giornali hanno fatto uscire, e stanno facendo uscire, collane di polizieschi, con caratteristiche varie.
Il segno distintivo di “Noir Italia” è l’ambientazione tutta italiana della collana: ogni romanzo è scritto da un autore italiano e si svolge, al giorno d’oggi, in una città o cittadina della nostra penisola. Il titolo “Noir Italia” ci rende subito consapevoli di questa peculiarità “nazionale”.
Ma siamo consapevoli anche del modo con cui essa ci viene presentata? Del come, cioè, sono costruiti i volumi; del come gli elementi esterni e interni al libro, che non siano testo (il “peritesto”, secondo la definizione di Genette), vengano confezionati per catturare la nostra attenzione?
Forse no.
Per questo motivo abbiamo ritenuto utile analizzare proprio queste parti, in genere neglette. E le studiamo nella collana originaria, cioè nei primi 20 volumi.

Il peritesto esterno è molto ricco. Distribuito fra la prima di copertina, la quarta e il dorso.
La pagina frontale presenta un’illustrazione che la ricopre tutta. Su di essa trovano posto, con varie differenze di caratteri, oltre al cognome dell’autore e al titolo, un riquadro che reca il numero di successione del volume nella collana, la città nella quale la vicenda è ambientata, il termine “indagine” con il cognome e la funzione (ad es. comm.) dell’investigatore protagonista; in alto, a sinistra, una piccola composizione grafica; in basso il nome della casa editrice: “Il Sole 24 Ore”. Sulla quarta, un brevissimo profilo dell’autore e una scheda-sintesi della trama. Sul dorso si ripete il numero, la piccola composizione grafica, il cognome dell’autore (questa volta fornito anche del nome) e il titolo.
La piccola composizione grafica sulla copertina e sul dorso (ripetuta anche all’interno del libro), rappresenta un’impronta digitale con sovrapposta l’immagine dell’Italia, ed è contenuta fra le parole Noir (in alto), Italia (in basso).
È una sintesi figurale del romanzo, la quale s’inserisce assai bene nella caratteristica propria di questo peritesto: la ridondanza. Una ridondanza che serve a sottolineare l’effetto collana, a catturare fortemente l’attenzione del lettore, a facilitare l’identificazione dei volumi nella varietà di libri e pubblicazioni che oggi le edicole mettono in mostra.

Come si vede, il peritesto esterno fornisce al lettore molte indicazioni. A parte il titolo (che qui non indaghiamo perché interrelato con la narrazione), sono espressi i nomi delle città-luoghi della vicenda e varie informazioni sugli autori.
Le 20 città sono prevalentemente dell’Italia settentrionale (14, Milano e Torino vi compaiono due volte ciascuna); 3 dell’Italia centrale (Roma con tre presenze) e 3 dell’Italia meridionale (Napoli, Palermo e Ischia). La mappa dell’Italia “gialla” risulta, così, squilibrata a favore del settentrione, territorio in cui il quotidiano “Il Sole” è radicato.
Per quanto riguarda gli autori (in genere, tranne Loriano Macchiavelli, si tratta di scrittori non molto conosciuti), si possono individuare il sesso, l’età (ma non sempre), le attività abituali, in parte gli studi.

Si notano una grande predominanza maschile (17 uomini e solo 3 donne) e un’età – alcune volte non dichiarata né ricostruibile per altre strade (per cui questo calcolo è fatto non su 20, ma su 15 autori) – che, all’uscita della collana, risulta compresa fra i 47 e i 60 anni, con tre punte in avanti (due autori hanno 77 anni; uno ne ha 79) e una all’indietro (32 anni).
In genere, però, il libro che ci viene proposto è stato pubblicato qualche tempo prima (come ci dice la pagina del copyright). Perciò, al momento della composizione dei romanzi, l’età degli autori era inferiore di alcuni anni.
Le attività svolte al di là della scrittura sono in genere legate alla comunicazione, alla costruzione di eventi, al marketing e al giornalismo. Ma vi sono anche professioni meno dinamiche. Un autore lavora come fisico e un altro come magistrato; due lavorano nell’ambito della psicologia e due nel mondo della scuola.

Il peritesto interno ci fornisce notizie sul testo e sugli autori.
Sul testo, perché gli indici ne presentano la ripartizione (in capitoli o in parti, con titolo o senza titolo).
Ma vi sono anche casi particolari come quello di Susanna Raule, “L’ombra del commissario Sensi”. L’indice non ci mostra la successione numerica delle parti del testo, ma è formato da un insieme di date (ovviamente compaiono all’interno, all’inizio di ogni capitolo), che fornisce al lettore lo svolgersi temporale della trama.
Inoltre, alcuni volumi non hanno indice. Perché?
Pensiamo, forse, per il convincimento che, non essendoci particolarità rilevanti, sembra inutile ripetere all’esterno i numeri che contrassegnano l’interno (I, II, III,…). Ma, almeno in un caso (Marco Vichi, “Il commissario Bordelli”), ci troviamo di fronte a una singolarità: non vi è l’indice perché il testo non ha alcuna ripartizione. È un continuum che riporta, all’inizio, solo una data: “Firenze, estate 1963”.
Viene subito da chiederci: come si può leggere una storia costruita in questo modo? Come si può passare da un episodio all’altro, da una situazione all’altra senza un momento di respiro, senza una pausa che ci aiuti a capire la presenza, nel narrato, del non detto o di ciò che in quel momento non può essere detto? Solo la lettura del testo ci può dare una risposta. E ci può mostrare l’abilità dello scrittore nel cimentarsi in un’impresa così singolare.

Quanto alle notizie sugli autori, il peritesto interno le fornisce mediante alcune presenze che si posizionano all’inizio del volume (dediche, epigrafi e, qualche volta, le “avvertenze al lettore”) e alla fine (i ringraziamenti e l’elenco dei libri che ogni singolo autore ha già pubblicato). Ovviamente, questi elementi non appaiono in tutti i 20 romanzi che stiamo esaminando. Là dove ci sono, mostrano come lo scrittore e la sua opera non vivono isolati in un mondo a parte. Ma intorno a loro è intessuta una fitta rete familiare e amicale (dediche e ringraziamenti) e un mondo di letteratura e d’immaginazione (epigrafi).
Ad esempio, 3 delle 13 dediche recitano: “A mia madre e mio padre; a Véronique; A mio nonno”. Così brevi, fiorite improvvisamente nello spazio bianco, hanno la forza di un grido che nasce dal profondo e che esprime riconoscenza e affetto. Ma non sempre appaiono i soli nomi. A volte, le dediche esprimono qualcosa di più e fanno entrare il lettore in situazioni e sentimenti strettamente personali, come lo strazio di una morte sofferta (“A Paolo, mio padre, e all’amarezza e alla rabbia dei suoi ultimi giorni”), o come l’ironia verso se stesso e il rimpianto per chi non c’è più (“A Michela, Anna e Dori, perché non è facile convivere con uno scrittore sognatore e sopportarlo. E a Domenico, che ci ha lasciato troppo presto. Sperando che in qualche modo possa ancora esserci vicino e sappia tutto ciò che avevamo ancora da dirci”). Una dedica si trova alla fine del libro là dove, di solito, vi sono i ringraziamenti.
I ringraziamenti ricordano gli amici di sempre, oppure il gruppo editoriale che ha contribuito alla costruzione del volume, la persona che ha fornito la consulenza linguistica, quella che ha dato l’assistenza giuridica, il medico che ha aiutato l’autore a far morire avvelenato un personaggio…
Si rivela così, oltre alla presenza attiva di amici e consulenti, anche il faticoso lavoro d’informazione e di ricerca che un autore di “giallo” deve compiere per costruire, in modo verosimile, i nodi intricati delle sue trame.

Le epigrafi (presenti in 10 volumi, ma due volumi ne hanno una doppia, per cui arriviamo al numero di 12) sono brani o versi di autori di vario indirizzo e di varia nazionalità, tutti famosi e conosciuti (Dostoevskij, Baudelaire, Gibran Kahlil Gibran…). Da sottolineare che un’epigrafe è anonima (scritta in italiano antico) e che non è ricordato esplicitamente nessuno scrittore italiano. Fra i classici è presente Ovidio con le sue “Metamorfosi”.
Il periodo storico in cui gli autori citati vivono (escluso, ovviamente, Ovidio) è l’Ottocento. In genere nella seconda metà che si prolunga, talvolta, nel primo Novecento. L’autore più recente è Joseph Roth (1894-1939). Vengono manifestati, quindi, idee e valori del passato, appartenenti a letterature straniere, come introduzione a vicende che, leggendo i volumi, ci accorgiamo essere completamente radicate nel presente delle nostre città. Sembra, dunque, che solo da un tempo lontano possano giungere a noi pensieri e riflessioni degni di nota.
C’è, però, una sorprendente eccezione. Un’epigrafe che contraddice tutto ciò. L’autore della frase riportata è un “ignoto del XXI secolo”. Si dovrebbe, ora, studiare anche il testo di questi volumi e notare il legame con il peritesto. Non solo.

Si potrebbe sottolineare in qual modo vengano utilizzati gli stereotipi della letteratura poliziesca e quali meccanismi logici (fra i dieci, ad esempio, che Carlo Zaza analizza nella sua “Logica del giallo”) siano messi in atto.
Ma, forse, l’analisi più intrigante si potrebbe fare sui luoghi delle narrazioni, sulle città che questi libri ci presentano programmaticamente.
Le città, dove si vive il rapporto con lo spazio; dove avvengono gli incontri e gli scontri; dove si compiono le passeggiate distensive, il cammino frettoloso, l’inseguimento crudele.
Certo. Vi sono gli interni delle case, degli uffici, dei ristoranti, dei bar. Ma, sono interni situati in uno spazio che li abbraccia tutti e li fa vivere in quel modo e solo in quel modo.
Contemporaneamente, però, dobbiamo tener presente che la storia narrata è una storia di finzione; costruita dall’autore e ricostruita dall’immaginario del lettore. Perciò, ad esempio, la Milano del racconto non è la Milano reale, con quelle determinate piazze e quelle determinate strade, ma è una Milano immaginata, che è interpretazione e simbolo di quella reale.
Abbiamo detto che ben tre volumi sono ambientati a Roma. La città è sempre la stessa? O piuttosto è solo la base per tre distinte città dell’invenzione?
Fermiamoci qui. Con un’ultima osservazione.
Consideriamo anche il genere per gli investigatori, che rappresentano il centro dell’indagine. Ebbene, su 20 presenze una sola è femminile. C’è, quindi, una predominanza maschile che lega gli autori (85%), gli investigatori (95%) e i lettori de “Il Sole” (67%, secondo una statistica dello stesso quotidiano).
Noi donne dobbiamo sentircene offese e gridare al maschilismo?

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Margherita Di Fazio

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