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Un movimento, una rete per una “slow-school”

Pubblicato il: 11/06/2010 08:27:24 -


I segnali sono chiari: sta nascendo una rete spontanea di genitori e insegnanti che chiedono a gran voce, per i loro figli e le loro figlie di rallentare, vogliono una “scuola più lenta”, una educazione “slow”, che rispetti i tempi dell’infanzia. Mi è parso naturale definire questo movimento, nato soprattutto dalla sensibilità materna, “mamme per la lentezza”.
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Ricevo settimanalmente mail di maestre e mamme che raccontano le loro esperienze, le loro preoccupazioni, la loro gioia nell’inseguire i ritmi della lumaca. Mi giunge una e-mail firmata “una mamma preoccupata”. “La maestra di matematica mi dice così: ‘Suo figlio è lento, è una lentezza mentale…’ non so come approcciarmi a questo problema non so come risolverlo, ho fatto una visita dallo psicologo e mi ha detto che il bimbo è normale e io non so come aiutarlo, scusatemi se ho fatto questo sfogo, ma leggendo su internet dell’elogio alla lentezza ho voluto lasciare questo messaggio. Se potete indicarmi il modo per aiutarlo, è un bimbo intelligente, ama la natura gli animali, non interagisce molto con gli altri in classe perché spesso è distratto o semplicemente assente, forse vaga con la mente, poi se preso con durezza fa, e le fa bene le cose spiegate, però ovviamente fa fatica perché si perde nelle sue fantasie. Non so… come spiegare, vorrei solo che avesse modo di esprimersi anche nello studio”. E prosegue: “Giusto per informarla meglio sulla situazione dato che lei è un esperto e mi può dire di più riguardo al metodo con cui mio figlio viene istruito, questa mattina ho chiesto alla maestra perché al bambino gli è stata tolta la verifica senza averla potuta terminare e lei mi ha detto perché era finito il tempo, cioè 20 minuti, e fa la seconda elementare ed è pure (magari un altro errore) anticipatario… le ho chiesto se può evitare di mortificare il bambino sottoponendolo a queste verifiche col tempo e magari evitare di dare a tutti un voto tranne lui dicendogli: ‘Niente’… cioè nessun voto. E mio figlio, a casa, mi ha chiesto: ‘Mamma, cosa è meglio, niente o male?’. Io gli ho detto che era meglio un male per aver fatto 2 risposte su 8 che un niente considerando che qualche risposta l’aveva data…”.

MAMME PER LA LENTEZZA

Un’altra mamma mi scrive e racconta del libro “La pedagogia della lumaca”: “Ne ho acquistato 4 copie, una da regalare a me, le altre le ho regalate a tre mamme con cui adoro confrontarmi… Ieri ho letto il capitolo sull’uso/abuso di fotocopie… diciamo che mi sto proprio gustando questa passeggiata. Questo libro è arrivato al momento giusto, come tutti gli incontri del resto. Per certi versi trovo riscontri a bisogni che sentivo dentro, per altri versi mi sto ripensando. Penso comunque, e questo mio pensiero è l’oggetto del ‘contendere’ con le altre mamme, che per ‘cambiare il mondo’ bisogna prima di tutto tendere noi al ‘diverso’, alla bellezza, al riappropriarci della nostra essenzialità. Altrimenti finiamo per vivere una vita non nostra, con ritmi non nostri, inseguendo miraggi abilmente precostituiti e costruiti da altri. Le altre mamme, se da un lato riconoscono la bellezza di una vita da lumaca, dall’altro ritengono fondamentale ‘adeguarsi’ alle richieste della nostra società per non finire come ‘a-sociali’ e dunque come emarginati. Ho due bambini, di 10 e 7 anni, insieme a loro ho scoperto e sto scoprendo il senso di una vita che mi scivolava addosso e che adesso invece vivo. Lentamente”.

PICCOLI MA CHIARI ESEMPI

Mi scrive Sandra Rompianesi (sandra.r@tele2.it) della sua esperienza di pedagogista e maestra. “Si tratta di inventare un ritmo nuovo, lento. Un nostro modo di essere che preveda la sosta, che crei spazio alla solitudine buona, una solitudine che permette di stare bene con se stessi anche non facendo niente. Quando ho ripreso a lavorare con i bambini della scuola materna li ho trovati veramente ‘centrifugati’ dalla vita, come del resto anche i loro genitori, ‘fuori di loro’… iperattivi… incapaci di ascoltare… impermeabilizzati all’esperienza… dipendenti dalla tv… (ovviamente esagero un po’). Quello che era il mio percorso personale mi diceva che poteva essere una cosa buona anche per questi piccoli: camminare sulla pista della lentezza, rallentare per assaporare. Come concretizzare queste idee? Ho tentato alcune esperienze (piccole cose) che ho proposto ai bambini e che sono diventate irrinunciabili per gli effetti benefici che hanno su di noi e su di loro. In queste esperienze, credo che il ritmo sia molto importante, perché ti permette insieme alla costanza nel tempo di vivere la familiarità e più un’esperienza è familiare e più ci stai bene dentro.
1. il silenzio buono: ogni giorno con i bambini riuniti ci gustiamo alcuni minuti di silenzio “buono, buono”.
2. la sosta: almeno una volta alla settimana il gruppo dei bambini si dedica a questa esperienza di fermata: raccogliamo le voci in un’anfora e in silenzio, tolte le scarpe, raggiungiamo uno spazio della scuola libero; penombra, musica lenta e dolce (può esserci un aroma nell’aria, arancio, limone, vaniglia ecc., alcune candele) rallentiamo i movimenti fino a fermarci ad ascoltare lungamente il nostro corpo; sfioriamo lievemente le varie parti del corpo per appropriarci di esse… a volte usiamo anche materiali naturali (piccoli percorsi sensoriali, ad esempio con lenticchie, fagioli, piccole foglie).
3. le parole dolci: settimanalmente nel cerchio ricerchiamo parole dolci da dire alle persone care, amici, parenti, animali, elementi naturali.
4. bolla di sapone e sfera di cristallo: all’inizio della settimana e alla fine mettiamo in una grande bolla di sapone (immaginaria) tutte le lacrime, le sgridate, le tristezze, le delusioni… Questa viene poi spinta fuori dalla finestra. Nella sfera di cristallo mettiamo i baci, le coccole, le carezze, e viene messa in tasca e custodita.
5. attività inutili: ascoltare la pioggia, ascoltare il vento, raccogliere sassi, riempire e svuotare le tasche di un monello, costruire istallazioni con materiale naturale all’aperto, lanciare palline di terra e semi con la fionda, costruire acchiappa tutto da posizionare all’aperto, tessere o disfare le tele, sgranare legumi, intagliare bucce di agrumi.
6. la poesia: sempre più spesso uso la poesia dei grandi poeti come momento particolarmente intenso e lento dove vedo i bambini trasfigurati dai versi che ripetono, dove imparano a sussurrare”.

A PEDAGOGIA DOS CARACÓIS

Ho voluto conoscere Rubem Alves, con cui condivido da anni l’esperienza di scrivere in una rivista di intercultura, senza però averlo mai conosciuto. Mi reco a casa sua, a circa 100 chilometri da San Paolo, in Brasile. Gli porto un po’ di mie pubblicazioni e lui mi fa dono delle sue. Scopriamo in quel momento che anche lui ha appena pubblicato (fresco di poche settimane) un libro (in portoghese) con stesso titolo del mio: “A pedagogia dos caracóis”. Si era ispirato al titolo dell’articolo uscito su CEM Mondialità nel 2003 con cui, per la prima volta, ho affrontato il problema.

ELOGIO DELLA EDUCAZIONE LENTA

Intanto in Spagna, il maestro catalano Joan Domènech Francesc (joandf@pangea.org) ha pubblicato un libro dal titolo “Elogio de la educación lenta”. Un testo che nasce dalla sua pratica di maestro, dalla sua esperienza didattica. Joan definisce i 15 principi per una educazione lenta e poi snocciola 50 idee per “decelerare” il tempo. Esempi concreti, suggerimenti offerti alle scuole e alle famiglie. Joan rilancia più volte il suggerimento di Maurice Holt “è ora di cominciare il movimento della scuola lenta”. Le idee, le sensibilità viaggiano al di là delle distanze: è un lento movimento per una educazione e una scuola.

Per approfondire:
La pedagogia della lumaca è su Facebook

Gianfranco Zavalloni

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