Troppo grande per fallire, ma per quanto potrà reggere la Scuola italiana?
Leggendo “Acqua alle funi. Per una ripartenza della Scuola italiana” (2013) di Giacomo Dutto, già direttore generale del MIUR, s’invocano coraggio, ragione e azione, temi che vale la pena riprendere mentre si discute sulla “buona Scuola”.
Non basta sapere “dal di dentro” come sono andate le cose per ricostruire con precisa attenzione la situazione attuale senza cadere in inutili rimpianti per il passato; presentare una diagnosi puntuale, che indichi quelli che si potrebbero definire i punti di attacco e i rifermenti utili per rimettere a posto, non tutto, ma almeno le cose più importanti in una giusta prospettiva, richiede cultura e passione per le cose che si sono fatte e che si continuano a fare perché corrispondono a scelte sincere.
Questa è l’impressione che comunica il libro di M. Giacomo Dutto, Acqua alle funi, pubblicato lo scorso anno, ma preziosamente attuale oggi, quando la discussione sollecitata dalla consultazione sul documento del governo sulla Buona Scuola, rischia di avvitarsi ancora intorno ai soliti temi. Il richiamo al ruolo della scuola, anzi alla sua responsabilità a fare il proprio dovere di fronte alle esigenze di un Paese spesso distratto, incapace a fare i conti con problemi esplosivi, spesso più propenso a tollerare, piuttosto che ad affrontare le criticità che si presentano sotto varie forme, potrebbe apparire forse scontato, visto il ruolo di direttore generale del Miur svolto dall’autore, ma tutto il libro va più a fondo e sviluppa argomentazioni efficaci sul senso che intende attribuire a quella specifica azione pubblica, che permette al cittadino di esercitare il diritto costituzionale di apprendere, focalizza la giusta attenzione sul protagonismo di chi deve imparare e si addentra nei meandri di una macchina amministrativa, che sempre meno riesce a mantenere traguardi e obiettivi di efficacia.
A partire dal sottotitolo, “La ripartenza della scuola italiana”, il volume tenta di ricreare un orizzonte di senso entro il quale collocare proposte non effimere per la scuola, che abbiano la forza di ricostruire un pensiero robusto sulla e per la scuola, che offra un’interpretazione unitaria al di là della frammentarietà di analisi, studi, sollecitazioni e interventi, che hanno tirato e continuano a tirare per la giacchetta la nostra scuola, sballottandola in molte diverse direzioni. Qui viene allora lanciato il tema della necessità che la riflessione teorica, accademica e non, supporti la decisione politica, che altrimenti rischierebbe di rimanere invischiata in operazioni più ingegneristiche che strutturali.
Tema sicuramente molto serio, discutibile forse, ma meritevole di una discussione meditata anche alla luce delle modalità estemporanee, con cui, negli anni, l’università continua ad essere coinvolta, basti l’esempio della formazione iniziale dei docenti.
Ragione e azione, sono i due concetti chiave delle due parti di un testo che rimandano alla cifra interpretativa del coraggio, necessario per capire e necessario per agire; non si creda tuttavia che il ragionamento porti a sviluppare un sermone moralistico sui doveri. L’assunzione di un punto di vista coraggioso accompagna il lettore in un’accurata visitazione di esperienze concrete di lavoro/non lavoro nelle scuole, di attività/inattività nelle sedi dell’amministrazione e di una rassegna ragionata di fonti scientifiche in campo educativo; ogni tappa del viaggio fornisce qualche spunto per l’azione.
La conclusione richiama i sette milioni di giovani che ogni anno a settembre si presentano a scuola, immersi nel loro presente, ma pieni di aspettative e di sogni, e che forse, suo malgrado, la scuola riesce a preparare come gli alberi che l’agricoltore di Cicerone del De senectute coltiva perché “alteri saeclo prosint”.
M. Giacomo Dutto, Acqua alle funi. Per una ripartenza della scuola italiana, V&P, Milano 2013.
Vittoria Gallina