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Europarlamentari per un giorno

Pubblicato il: 10/06/2014 12:55:41 -


Quali vantaggi didattici e formativi si possono ricavare dalla partecipazione alla simulazione di una seduta del Parlamento Europeo? Un percorso organizzato dal Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università di Genova, in collaborazione con le scuole superiori della città.
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Il 14 maggio ho accompagnato un gruppo di studenti del terzo anno dell’istituto commerciale di Genova all’Università.
In mano i ragazzi spiegazzavano una proposta di risoluzione per promuovere il consumo responsabile dell’acqua e prevenire i numerosi conflitti a essa collegati. Era il frutto di un lavoro iniziato trattando di consumi, per l’appunto, nella maniera più tradizionale possibile: reddito e consumi, beni inferiori, grafici… niente che lasciasse intravedere la vita reale. Avevamo proseguito con un wiki, in cui gli studenti – a coppie – avevano analizzato i diversi aspetti del consumo di acqua in Italia e nel mondo: si tratta di un lavoro che suscita più di un sospetto in noi insegnanti, riducendosi spesso a un taglia e incolla meccanico.
A questo punto però si era inserito il progetto Hopeurope del Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università di Genova[1] che ci proponeva un percorso di conoscenza dell’UE, culminante nella simulazione di una seduta dell’Europarlamento, in cui gli studenti avrebbero svolto il ruolo di europarlamentari; divisi in gruppi politici, i ragazzi dovevano presentare, discutere e votare delle risoluzioni.

Benché le ricerche dei miei alunni contenessero già tutti gli elementi necessari a formulare una risoluzione, la trasformazione non è stata semplice: le frasi lette e copiate andavano collocate in una delle tre parti che compongono questo tipo di documenti:
1) il “Visto” che si riferisce prevalentemente a norme già in vigore;
2) il “Considerando” che descrive ed evidenzia i caratteri salienti di un fenomeno;
3) la volontà politica del PE.
I wiki andavano dunque analizzati a fondo e ne doveva essere messa in luce la natura logica: l’ho trovato un compito assai stimolante che riprenderò nei prossimi anni, aldilà della concreta possibilità di partecipare a simulazioni di assemblee parlamentari.
Inoltre esprimere una volontà (“il PE invita la Commissione a realizzare una campagna di sensibilizzazione…”), sia pure non personale, ma riferita a un’istituzione abbastanza lontana e sconosciuta, mobilita le energie personali, come ho avuto modo di constatare nei giorni successivi, quando i ragazzi mi informavano del tempo, ridotto, passato sotto la doccia o del fatto che avevano chiuso il rubinetto, mentre si lavavano i denti.

La simulazione ha avuto, in effetti, un impatto fortissimo sulla classe.
Ciò è dovuto soprattutto alla partecipazione degli studenti universitari di Scienze Politiche, che hanno inglobato i ragazzi delle superiori nei gruppi politici (noi siamo andati con i Verdi dato l’argomento della risoluzione) e hanno animato la riunione con grande entusiasmo. Gli studenti universitari – come hanno notato con stupore e fascinazione i miei – credevano nel loro ruolo, erano battaglieri nel sostenere le loro posizioni, appassionati nel difendere e attaccare, instancabili nel cercare alleanze con gruppi similari o vizi nelle argomentazioni degli avversari. Nessuno cercava la pausa, l’uscita per bere un caffè: la riunione è durata tre ore per noi, per loro è andata avanti protraendosi nel pomeriggio.
Senza che questi ragazzi avessero l’intenzione o il compito di insegnare qualcosa, hanno di fatto trasmesso la passione per la politica, virtù che in questi tempi non è facile da reperire.
Non è da sottovalutare, infine, l’importanza di assumere un ruolo attivo: un’alunna della mia classe ha letto e presentato la nostra risoluzione, trovandosi anche nella necessità di rispondere alle obiezioni dei gruppi avversari. Parlare in pubblico, davanti a un centinaio di persone sconosciute e certo più informate e disinvolte di te, non è facile neanche con un testo scritto: la voce risuona sottile e la mano che regge il foglio tende a tremare; d’altra parte parlare in pubblico è un’arte che i cittadini di una democrazia devono imparare.
Sono quindi soddisfatta del voto di una delle ragazze presenti: “Magari la prossima volta parliamo tutti”, da cui si arguisce che lei spera che ci sia una prossima volta e si augura di poter partecipare da protagonista.
Mi unisco a lei, invitando l’Università a riprendere questo bel lavoro e le numerose assemblee di rappresentanti che abbiamo in Italia (dai Municipi in su) a far spazio ai rappresentanti di domani.

Note:
[1] Il progetto Hopeurope è stato coordinato dalla prof.ssa Daniela Preda, referenti dott. Giorgio Grimaudi, Guido Levi e Lara Piccardo.

Chiara Saracco

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