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Il diritto alla fantasia non ha colore

Pubblicato il: 28/04/2014 16:42:05 -


Nel libro “Habiba la Magica” Chiara Ingrao, narrando la storia della piccola Habiba, nata in Italia da genitori africani, affronta il nodo dell’integrazione, spesso ben attuata nella realtà sociale, e dell’incongruenza sul diritto di cittadinanza presente nella legislazione italiana.
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“L’apartheid della letteratura per l’infanzia”, titola il suo articolo l’autore e illustratore Christopher Myers (New York Times del 15 marzo 2014). Un apartheid – scrive Myers – “in cui i personaggi di colore sono confinati nelle ‘township’ di qualche libro di storia che si occupa di diritti civili e schiavitù, ma non ottengono mai il permesso di transito per attraversare i territori dell’avventura, della curiosità, dell’immaginazione…”.

Ho letto queste parole proprio nei giorni in cui usciva in libreria il mio romanzo “Habiba la Magica” (Coccole books, 2014). Ho riflettuto su quanto scrive Myers sul “senso di autostima che deriva dal potersi riconoscere in un libro, dal capire che la tua vita, e la vita delle persone come te, merita di essere raccontata”. Mi sono detta che questa per me sarebbe la gioia più grande: pensare che la mia storia, di cui per la prima volta in Italia è protagonista una bimba afro-italiana, possa servire a bimbi e bimbe come lei per riappropriarsi contemporaneamente di autostima e di un diritto inalienabile, di tutta l’infanzia di tutto il mondo: il diritto alla fantasia.

“Bimbi stranieri”, si scrive ancora sui nostri giornali, e ci s’interroga su quanti sono in Italia e su quanti si può consentire che stiano insieme, nelle classi delle nostre scuole, senza creare troppi problemi ai loro coetanei “italiani”.
La mia Habiba, come i suoi amici Rajiv, Suvadra, Mei Li, Fan Fan, Farida, e così via, non sono “stranieri”: sono nati in Italia o ci sono arrivati da piccolissimi, parlano romanesco e vivono nel quartiere popolare di Torpignattara insieme a Cesare, Jessica e Silvia, una roscetta lentigginosa amica del cuore di Habiba. Le divide una cosa sola, e non è certo il colore della pelle: è il fatto che Silvia è laziale, mentre Habiba tifa accanitamente per la Roma, “la Magica”.
Vincerà l’amicizia, naturalmente: non solo sulle differenze calcistiche, ma sulle difficoltà dei rapporti familiari, sui pericoli e sui banditi, sulle avventure da gestire e perfino sul potere della magia, che pure nella storia ha un ruolo fondamentale.
È la magia, dopo l’incontro con una strega in pensione, ad aiutare Habiba a fare i conti con le sue paure, a riconciliarsi con il mare che le ha portato via il suo papà, a varcare i confini di Torpignattara per arrivare fino al Colosseo, e oltre…

“Dopo il banchetto al Colosseo le era presa come una frenesia, di vagare fra i monumenti. Sentiva qualcosa che la chiamava, o qualcuno. Solo lassù, sulla terrazza di Castel Sant’Angelo, si era bloccata d’improvviso, senza chiedersi perché. Si era appollaiata sulla statua, proprio in mezzo alle due grandi ali spiegate.
– Eri tu? – sussurrò piano all’orecchio dell’Angelo.
– Eri tu, che mi chiamavi?
– Non riuscivo a capire chi eri. – rispose lui
– Sentivo un cuore come il mio […] Come ti chiami, bambina?
– Habiba.
– Habiba – ripeté l’Angelo sottovoce
– Habiba la magica, che conosce il segreto.
– Quale segreto, Angelo?
– Quello della danza degli storni in autunno, della fuga dei rondoni, del cinguettare dei passeri. […] Loro lo sanno, ma non sanno spiegarlo: tu sì. Tu puoi svelarmelo, finalmente. Cosa si prova a volare, Habiba? […]
Accarezzò le ali enormi.
– Non lo sai? E queste?
– Queste non servono, sono solo scolpite. Sono pesanti, come la spada che mi hanno saldato alla mano. Le statue non volano, Habiba.
Sospirò, con la sua voce antica di bronzo. Non si poteva sopportare, un sospiro così.
– E chi lo ha detto? E chi lo ha deciso? Non volano nemmeno le bambine, ma io…
– Tu sei diversa. Tu sei magica. Io non posso.
C’era qualcosa che Habiba conosceva bene, dentro a quella voce. […]
– Avevo tanta paura anch’io, all’inizio, lo sai? Poi passa. Passa presto, davvero. Devi solo lasciarti andare, e lasciar cadere quella spadona pesante […]
Allungò la mano, ad accarezzargli i capelli. Erano freddi e immobili, nonostante gli sbuffi di vento. Poi d’improvviso… SBADABAM! Le dita di bronzo si erano aperte di scatto: la spada era a terra. Piuma dopo piuma, le ali rispondevano al vento, e cominciavano a fremere”.

Mi fermo qui.
Sta a chi avrà voglia di leggere il libro, e magari di usarlo nelle classi per liberare la creatività di bimbi e bimbe di tutti i colori, interrogarsi su dove porterà quel fremito di piume, e su quanto l’esito della storia dipenda anche da noi. Da noi che ancora la consideriamo una parola astratta: lo “ius soli”, il diritto alla cittadinanza italiana di chi nasce e cresce nel nostro Paese, di cui da troppo tempo si parla e che ancora non è legge. Da noi così bloccati dalla paura dell’Altro, da inchiodare la nostra identità e la nostra meravigliosa storia a un piedistallo di marmo; da noi che abbiamo bisogno della magia di tante piccole Habiba, per gettare via le nostre arcaiche spade e ricominciare a volare.

Per approfondire si veda il sito web di Chiara Ingrao

Per organizzare presentazioni o incontri nelle scuole si può contattare l’autrice all’indirizzo: posta@chiaraingrao.it

Chiara Ingrao

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