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ClanDESTINI (trentatreesima puntata)

Pubblicato il: 05/01/2012 17:41:28 - e


“Quei diavoli gli hanno preso la macchina... e Didier gli ha puntato la pistola”. Prosegue il giallo a puntate di Education 2.0 ambientato nella scuola in ospedale. La storia di Didier, bambino soldato sfuggito alla guerra e alla morte.
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Don Gerlando Cascio Ferro risalì la lunga scala a chiocciola che dal bunker della strategy room portava nei bagni del casotto adiacente al campo di bocce. Premette il telecomando e una cabina da doccia ruotò su se stessa consentendogli di uscire.
Quattro suoi picciotti stavano facendo una partita e bevendo birra, quando lo videro traversare il campo da gioco si fermarono di colpo.
In lontananza il grande camper del Minicirco con la scritta CUTIDDUZZU aveva superato il varco elettronico di Contrada La Morte e si avvicinava lentamente verso la villetta. Il Ragioniere gli andò incontro di buon umore. “Hai deciso di dare uno spettacolo per noi?”
Il Chiller bianco spense il motore e scese con una borsa marrone in mano.
“Bacio le mani, ma se mi permette, io lo spettacolo di lancio dei coltelli per voi già l’ho dato…”
“Ho letto, ho letto sui giornali che hai fatto a modo tuo… non hai esploso un solo colpo, anche la balestra hai usato, come i cacciatori di una volta.” Cascio Ferro s’interruppe e guardò la borsa “e in questo carniere che preda c’è?”
“Non l’ho aperta, non è cosa che mi interessa, ho fatto solo quello che mi avete detto.”
Il Ragioniere prese la borsa e l’aprì, in uno scomparto c’era il blocco da disegno e nell’altro vari documenti. Frugò tra questi finché non trovò quello che sperava. “Ecco” lo lesse attentamente “questo è come nel mazzo di carte il jolly… me lo posso giocare quando mi pare, secondo le convenienze che possono verificarsi.”
Lesse il documento del giudice Argentino. “Questo l’aveva scritto per autorizzare la messinscena della morte del pentito. Una messinscena molto credibile… con sangue e materia cerebrale… come ho saputo.” Lo ripiegò e se lo mise in tasca.
Poi lanciò la borsa verso il campo di bocce “Bruciatela, non serve più a nessuno. E portatemi il pacchetto che sta in ingresso.”
Al Chiller bianco brillarono gli occhi, i suoi servizi stavano per essere ben pagati.
“Forse tra poco avrò ancora bisogno di te” gli disse don Gerlando “non ti allontanare troppo. Io mi dovrò muovere da qui domani o dopodomani, vado al porto di Montelusa…”
“Come vuole vossia. Di che si tratta?”
“Di un bambino soldato dell’Africa, una piccola posta che dobbiamo pagare per concludere un grande affare … avrebbe dovuto pensarci don Calogero Valaci, ma ha avuto il cuore debole… nonostante le pallottole si può dire che è morto per problemi di cuore. E ora, se chi se ne deve occupare non riesce a risolvere subito e allora toccherà a me, cioè a te!”
“Sempre al vostro comando.” Disse il Chiller bianco risalendo sul camper.
Un uomo di don Gerlando arrivò con le banconote di piccolo taglio avvolte in un giornale.
“Un contributo volontario per l’arte circense, con i rischi che corre di questi tempi” disse il Chiller bianco intascando il pacchetto.
Il motore del camper si avviò coprendo le ultime parole.

***

“Natis li ha tirati fuori da quel campo di concentramento!” disse Linda orgogliosa.
“Già e quei diavoli mentre stava per riportarli qui da noi gli hanno preso la macchina… ha detto che Didier gli ha puntato la pistola…”
“Non avrebbe sparato…” disse Linda a bassa voce. “Lui ha avuto paura di passare qualche guaio se non li lasciava andare.”
“Sono ragazzini ma sono diventati già adulti con tutto quello che hanno passato… Speriamo che vada tutto bene, sono preoccupatissima per Didier, davvero lo vogliono ammazzare! Per questo non si fida di nessuno” disse Tina.
“E noi che non ci credevamo! Ricordo ancora quando ero andata proprio da Natis ed abbiamo concluso che era un mitomane! Avrei voluto vedere la sua faccia quando s’è visto puntare la pistola! Considera che Natis soffre pure di colite!”
Tina fece una smorfia “Come potevamo credergli? Anche Gemito pensava che dicesse balle, solo suor Annunciazione era incerta. Non diciamo niente ad Hansen, tanto il suo interesse per la vicenda era legato al pentimento del padre di Totuccio… ed è andata come è andata”.
“Sono adulti ma sono anche ragazzini da mandare a scuola, hai detto bene! Guarda che ho trovato nel computer usato da Didier e Kamal” Linda aveva stampato un foglio “hanno fatto una poesia rivedendo, riscrivendo, una canzone di Adam, un bambino di 12 anni del Darfur, altra terra di guerra e di bambini soldato…”
“Ma guarda! Hanno seguito l’esempio di Totuccio, che ha scritto la sua lettera dove parla del padre mafioso prendendo spunto da altre che aveva trovato su internet!” poi Tina scosse la testa “Anche Totuccio non si è fidato a parlare col maggiore.”
“Non so se perché si sente davvero molto amico con quei due oppure perché l’omertà ce l’ha nel sangue… Questa poesia com’è?”
“Splendida, lo sai che anche per copiare bisogna esser bravi… quei bambini, da noi, hanno trovato la loro scuola! L’hanno presa dal blog di ‘Pensieri Parole’, lo conosci?”
“Sì, qualche volta lo guardo. Fammi vedere.”
“Il ragazzino che l’ha fatta, Adam, aveva cantato una canzone, poi era stata sbobinata da una volontaria di Medici Senza Frontiere durante un incontro di educazione alla salute. Adam aveva chiesto di poter cantare e, dopo aver finito la sua canzone, si era seduto con la testa tra le gambe, senza curarsi degli applausi.”
“E noi che c’eravamo impazzite a spiegare che cos’era una poesia italiana! M’ero aiutata con Gianni Rodari… e invece hanno trovato una poesia africana!”
“È sempre merito della scuola di Montelusa e tuo! Hai svegliato la loro curiosità” Linda prese il foglio e lesse.

Per amore di nostra madre,
studiamo
Per amore di nostro padre,
studiamo
Per amore di nostra sorella,
studiamo
Per amore di nostro fratello,
studiamo

Anche se le nostre case sono state bruciate
per questo dobbiamo studiare
Anche se abbiamo bruciato noi le case degli altri
per questo dobbiamo studiare

I nostri villaggi sono ormai vuoti
anche per questo dobbiamo studiare
Tanti altri villaggi sono ormai vuoti
anche per questo dobbiamo studiare
per poter chiedere aiuto
anche per questo dobbiamo studiare

Per amore di Tina,
studiamo
Per amore di Linda,
studiamo.
Per amore di suor Annunciazione,
studiamo

Dobbiamo far sentire la nostra voce
per poter imparare
Dobbiamo far sentire la nostra voce
Per amore del Ruanda,
per amore del Sahara Wi,
studiamo

Anche se la nostra scuola è distrutta,
studiamo su questa isola chiamata Sicilia
Preghiamo che
i proiettili diventino gessetti e colori e penne
Per avere l’aiuto dell’Uomo Mascherato
studiamo

Per amore del Ruanda,
studiamo
Per amore del Sahara Wi,
studiamo

Tina piangeva senza pudore ed anche Linda aveva gli occhi umidi.

***

La Panda verde penicillina procedeva a strappi, Kamal cambiava continuamente le marce.
“Che cosa guidavi nel tuo paese?” gli chiese Didier.
“Un furgoncino, ma questa è più facile, fammi solo abituare… il problema è che ci dobbiamo muovere solo di notte se no qualcuno ci ferma.”
“Ci pensi?” disse sorridendo Didier “Clandestini, senza permesso di soggiorno, evasi dal Centro, senza porto d’armi e senza patente! Certo questo paese è strano parecchio a viverci!”
L’auto sobbalzò su un dosso.
“Il vero problema è come trovare Contrada La Morte!” disse Didier.
Kamal avvistò una strada di campagna costeggiata da un alto canneto “Nascondiamoci là, aspettando che faccia scuro. Nel bagagliaio c’è una cartina dell’isola e ho trovato anche un binocolo, potrebbero esserci d’aiuto.”
Guardarono nel cruscotto, c’erano solo le carte dell’auto e uno straccio, nel portacenere qualche moneta e un gettone che Kamal si mise in tasca. Per un po’ rimasero in silenzio, era la prima pausa che si potevano permettere da qualche giorno, poi uscirono dalla Panda con il binocolo e la carta. Da lì si vedeva il mare con le prime ombre della sera.
Sempre camminando dietro al canneto arrivarono su un dosso sabbioso, Didier puntò il binocolo “Se non è proprio in tempesta ci manca poco, quelle onde alte e scure mettono paura.”
“Fammi vedere” Kamal non aveva mai guardato dentro un binocolo; rimase a lungo ipnotizzato “È una scena meravigliosa!”
“Se non ci sei dentro.”
“Come quei pescherecci laggiù.” Kamal stese un braccio con il dito puntato.
Didier non riusciva a scorgere nulla sulla linea dell’orizzonte, così si riprese il binocolo “Sono sei, mi sembra… chissà dove sono dirette.”
“Alla peggio potranno trovare un porto in questa costa, ce ne sarà certamente qualcuno dopo quel grande promontorio a sinistra.”
“L’ho notata anch’io prima quella punta di lancia contro il mare” disse Didier “vediamo sulla carta che nome ha, così capiremo più esattamente dove siamo e soprattutto dove dobbiamo andare.”
I due ragazzini tornarono alla macchina e stesero la carta sul cofano: la Sicilia intera era sotto i loro occhi. Cominciarono a esplorare la costa a sud-est dell’isola, dove avevano capito di trovarsi.
“La punta di lancia” lesse Kamal “si chiama Capo Passero.”
“Guarda questa linea sulla carta” Didier indicò una linea tracciata a matita “parte dal porto di Montelusa, costeggia Malta e punta verso il canale di Suez. Fortuna ci hanno fatto studiare un po’ di geografia.”
“E poi la cartina finisce” Kamal girò la carta “è certamente una rotta, il porto d’approdo però è fuori dalla carta.” Notò uno scarabocchio sotto Malta, alla fine della carta e lesse “02 01 N 045 20 E, che significherà?”
“Non lo so ma mi ricorda qualcosa sempre di geografia… come in quella buffa lezione, alla scuola ospedale, quando sullo schermo del PC Linda e Tina capovolsero la Sicilia in modo da farla somigliare all’Africa. E allora” continuò Didier “Capo Passero potrebbe essere il nostro Capo Guardafui, alla fine del Golfo di Aden e noi, in questo punto, saremmo in Somalia, più o meno all’altezza dell’Equatore.”
I due bambini si guardarono e poi conclusero “Già, però le maestre saprebbero dirci cosa significa quella scritta…”
“Ci vorrebbe un telefonino per chiamarle, anzi prima” riflettè Didier “ci vorrebbe un elenco per cercare il numero dell’Ospedale di Montelusa. Cerchiamo su questa carta un posto abitato e là, in un bar, potremo telefonare.”
Kamal scrutò di nuovo la carta, poi si mise la mano in tasca, tirò fuori il gettone e lo posò sulla città di Gela “Qui possiamo telefonare… ma perché ti vuoi allontanare da Contrada La Morte?”
“Non è vero, guarda” Didier tracciò col dito una linea “è quasi di strada, prima andiamo a telefonare e a mangiare qualcosa a Gela e poi tiriamo su, viaggiando di notte, verso Contrada La Morte, che sta qualche chilometro prima di questa montagna, Ed na.”
“Etna, è un vulcano… ok” Kamal s’interruppe “ma tu hai qualcosa in testa che non mi dici.”
“Niente di preciso, mi è venuto in mente che quelle potrebbero essere proprio le coordinate di qualche posto in Somalia.”

(continua)

(La storia di ClanDESTINI è frutto della fantasia degli autori: qualsiasi riferimento con la realtà, fatti, luoghi e persone vive o scomparse, è puramente casuale).

TUTTE LE PUNTATE PRECEDENTI



IL CALENDARIO 2012
Di Lidia Maria Giannini, studentessa. Dono per tutti i lettori e le lettrici di Education 2.0.








Calcerano e Fiori: il viaggio di Didier, un video riassunto che svela scenari inediti sulla storia di Clandestini

È in libreria “Teoria e pratica del giallo“, la nuova fatica di Luigi Calcerano e Giuseppe Fiori per le stampe di Edizioni Conoscenza.

Qui le modalità per l’acquisto del libro.

L’intervista agli autori, Il giallo d’appendice


La video presentazione di Luigi Calcerano e Giuseppe Fiori, Un giallo prezioso: ClanDESTINI


Luigi Calcerano e Giuseppe Fiori, narratori e saggisti, vivono e lavorano a Roma. Hanno scritto insieme numerosi romanzi polizieschi. Per ulteriori informazioni si possono consultare:
http://it.wikipedia.org/wiki/Luigi_Calcerano

http://it.wikipedia.org/wiki/Giuseppe_Fiori_(narratore)

http://www.luigicalcerano.com

http://www.giuseppefiori.com

Calcerano e Fiori

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