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ClanDESTINI (quarantaduesima puntata)

Pubblicato il: 25/10/2012 12:54:36 - e


“Se questo è l’inferno, quella laggiù - Cola indicò il peschereccio dove stava Hansen - è la nave di un satanasso”.
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Il comandante guardò il secondo “Cosa dicevi l’altro giorno, che dobbiamo rispettare la legge del mare?”.
“La legge del mare… – Cola guardò gli altri due nella cabina senza vederli – la legge del mare, sì… quella sì, la rispettavo sempre quella..”.
“E don Lando?” chiese la vedetta. Cola arretrò come colpito da una botta. Rimase per un minuto senza parlare, poi esplose.“Chi se ne fotte di don Gerlando!”.
“Ma non c’è posto…” balbettò la vedetta.
Il comandante sorrise e si rimise gli occhiali scuri. “Bene!” Voltò le spalle ai due marinai e sintonizzò la radio sulla frequenza della flottiglia dei pescherecci, poi guardò Cola e urlò con tutto il fiato che aveva: “Uomini in mare! A tutta la flotta: ci sono uomini in mare da salvare. È il capitano che vi parla e questo è un ordine. Scaricate immediatamente in mare le casse che sono sui ponti e provvedete, in ogni modo, al salvataggio di questi naufraghi. Lo scarico in mare è autorizzato, il peschereccio dove mi trovo provvederà subito dopo questa comunicazione. Ripeto: scaricate le casse con le armi e fate salire a bordo i clandestini. Calate in mare le biscagline… buttate i salvagente!”.
In quel momento il suo cellulare satellitare cominciò a squillare.
“Qui è l’inferno” esordì l’ uomo mascherato dopo aver visto il numero.
“Lo so, fa quello che devi e che puoi – il Generale s’interruppe – ma l’ordine rimane uno solo: devi stargli dietro! Qualunque cosa succede, tu devi stargli dietro”.

“Avviciniamoci e srotoliamo le pescaggine, questo voleva dire, le scalette di corda e legno, insomma.. passate la voce, così sono gli ordini” stavano dicendo i marinai del peschereccio.
“Si buttano a mare dai barconi per raggiungerci!”.
“Salviamo prima loro, poi andiamo a prendere le donne e i bambini sui barconi”.
“Le casse delle armi! – urlò Cola – Giù le casse, buttatele a mare”.
“Il primo pensiero va alla vita dei naufraghi in difficoltà” dichiarò l’uomo mascherato.
Cola e la vedetta diedero l’esempio tagliando le corde con le accette e gettando in mare le prime casse. Qualcuna si aprì sbattendo contro la chiglia e rivelò i kalashnikov che conteneva. Andarono a fondo in un attimo.
Solo un’altra cassa piena di pistole si aprì e andò a fondo.
La vedetta ci aveva preso gusto.“Avanti. Veloci verso quelle barche”.
Cola era infuriato.“Dopo penseremo a dove metterli! Tanto don Gerlando ci ammazza lo stesso! Avvertite gli altri, dobbiamo far prima del vento!”.
L’uomo mascherato si prodigava ma era preoccupato. Le cattive condizioni meteorologiche mettevano a durissima prova le operazioni di salvataggio.
Un barcone di dodici metri con almeno duecento immigrati si avvicinò pericolosamente alla nave. Ma Cola, appena scaricata in acqua l’ultima cassa, si stava sbracciando per far loro segno di salire.
Il barcone accostò il più possibile; quelle scalette di corda e di legno, il cui ultimo gradino in genere arrivava appena a sfiorare l’acqua ed era sbattuto ora dalla tempesta, potevano rappresentare la salvezza o, per i più deboli, la fine della speranza.
La maggior parte degli uomini e delle donne del barcone, comunque, si gettarono in acqua. Qualcuno si afferrava alle casse delle armi per guadagnare una zattera temporanea.
“Gettate anche tutti i cordami e le sartie che abbiamo dopo averli assicurati – urlava Cola – non ne dobbiamo perdere nessuno!”.
La prua del barcone sbatté contro la nave sfasciandosi fragorosamente, ma lungo le fiancate, uno dopo l’altro, i naufraghi salivano stremati.
“Neanche uno!” urlava Cola. Poi vide una madre bambina con un neonato in braccio ancora sul barcone per metà affondato, si calò con una corda e arrivò fino al pelo dell’acqua.
Guardò in alto verso la vedetta: “Tirami un salvagente a ciambella con il cordino, fai presto”.
La ciambella cadde in acqua sotto i piedi di Cola, che si gettò su di essa. Raggiunto il barcone infilò dentro il salvagente la madre col bambino che sembravano annodati tra di loro.
“Tiro su?” gli gridò la vedetta.
“No, li porto su io su una pescaggina, tu pensa solo a tenere la corda tesa”.
Dopo poco il barcone, con un ultimo schianto, affondò lentamente.
Il rumore delle grida si fece assordante, superava l’urlo del vento e il clamore della tempesta. In acqua, sotto la nave, erano ancora in molti aggrappati a pezzi di legno e alle casse delle armi che galleggiavano, ma i più erano in salvo sul ponte della nave totalmente sgombrato. Distesa sul ponte, con il vestito di cotone colorato fradicio, la madre bambina guardava Cola e piangeva.

Uno dei sei pescherecci non eseguì gli ordini, speronò un barcone fatiscente che si disintegrò tra le onde in mezzo alle urla disperate di chi cercava di avvinghiare qualche pezzo di trave.
Hansen aveva il solo obiettivo di uscire da quella tempesta sulla sua nave con il doppio carico. Con quella carta in mano avrebbe trovato il modo di ingannare parecchia gente, senza quella carta era perduto. Il prezzo di vite umane che quella decisione comportava non doveva essere contabilizzato. Questo ripeteva a se stesso mentre continuava a impartire ordini perentori.

“Se questo è l’inferno, quella laggiù – Cola indicò il peschereccio dove stava Hansen – è la nave di un satanasso”.
“Già”. L’uomo mascherato guardò Cola e cominciò a togliersi le bende che gli fasciavano il viso. Le srotolava lentamente e appena ebbe finito si tolse gli occhiali scuri. “Il secondo, prima o poi, diventa primo”.
“Che vuoi dire, comandante?”.
Mister Clumper fischiò per chiamare Diavolo: “Che il comando di questo peschereccio passa a te. La nuova rotta è il rientro al porto di Montelusa con i naufraghi a bordo. Dovrai impartire via radio gli ordini a tutti gli altri, tranne ad uno”.
“Al diavolo che è scappato… sperando che non si trascini dietro qualche altro incerto, due pescherecci non hanno ancora scaricato le casse… – disse Cola – ma comandante che intenzione hai?”.
Mister Clumper si era tolto anche il cappotto, due lunghe fondine nere spiccavano sulla sua calzamaglia rossa. “Sàlvati anche tu appena li hai sistemati al porto”.
Il lupo gli si era accostato e si era seduto accanto ai suoi stivali.
“Il mio costume è una muta che mi salvaguarderà dal gelo delle acque. Buona fortuna Cola, riporta a terra tutte e cinque le navi cariche di naufraghi e lascia riposare le casse con le armi sul fondo del mare”.
“Una degna sepoltura!” disse il secondo guardando l’uomo mascherato che si avvicinava, seguito da Diavolo, al parapetto del peschereccio.
“Avvisa quello laggiù” urlò Mister Clumper “ che io sto arrivando perché il nostro viaggio continuerà verso le coste somale”.

Il grande peschereccio comandato da Hansen si stava allontanando dalla scena dove le altre cinque navi operavano il salvataggio dei migranti nonostante l’impeto di quelle acque scure.
Da un oblò della sua rumorosa sala macchine due occhi stavano, fin dall’inizio, seguendo la scena.
Didier, al porto, aveva preso una decisione improvvisa, dopo aver visto Hansen salire su una delle sei navi dirette in Somalia con il doppio carico di morte. Doveva seguire quell’uomo a tutti i costi, anche se significava giocare con la morte. Era stato un bambino e soldato, dopo tutto, e ci aveva giocato spesso.
L’uomo mascherato gli aveva detto che non poteva badare a lui quando sul molo si era proposto ai aiutarlo in Africa. “Mi saresti d’impaccio – aveva detto – gli innocenti sono sempre d’impaccio a tutti… e tu, anzi, devi nasconderti bene perché il pericolo che viene da ciò che sai non è ancora finito”.
E lo aveva affidato a Kamal.
Ma poco dopo era avvenuto un fatto nuovo e imprevisto: Hansen aveva deciso, spiazzando tutti, di salire su una nave per seguire il carico di persona. E Didier non ci aveva pensato due volte, aveva abbracciato Kamal, più stretto di un fratello, e come un topo del porto si era infilato nello stesso peschereccio di Hansen. Era stato più difficile non farsi vedere che salire a bordo.
Una volta dentro aveva cercato un luogo adatto per fare tutto il viaggio nascosto e l’aveva trovato nella sala macchine.
I suoi occhi erano ancora incollati a quell’oblò quando vide stagliarsi, sul peschereccio che per primo aveva fatto salire i naufraghi, la sagoma di un uomo in piedi su un bordo… una sagoma scura, strana, con due grandi fondine sui fianchi.
Dopo un attimo gli si accostò un grande cane lupo.
Didier sorrise, quanto gli sarebbe piaciuto avere con sé un binocolo… sembrava la scena di un fumetto di suor Annunciazione.
Il tuffo dell’uomo e del cane fu perfetto, un tuffo lungo, verticale, direttamente dentro la tempesta.
Didier li vide, in acqua, nuotare con forza e avvicinarsi, disperatamente, a un gommone abbandonato dai clandestini.

(continua)

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IL CALENDARIO 2012
Di Lidia Maria Giannini, studentessa. Dono per tutti i lettori e le lettrici di Education 2.0.

L’intervista agli autori, Il giallo d’appendice


La video presentazione di Luigi Calcerano e Giuseppe Fiori, Un giallo prezioso: ClanDESTINI


Calcerano e Fiori: il viaggio di Didier, un video riassunto che svela scenari inediti sulla storia di Clandestini

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