ClanDESTINI (diciassettesima puntata)
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“Don Calogero perse tempo mulinando le mani, guardò Didier e guardò Totuccio, poi alzò le spalle, sollevò il cane e fece girare il tamburo. Intanto il fiammifero si stava lentamente consumando. Finalmente il clown prese la mira.”
Il giallo a puntate di Education 2.0 ambientato nella scuola in ospedale. La storia di Didier, bambino soldato sfuggito alla guerra e alla morte.
Quel clown con un girasole in mano e un enorme revolver arancione nell’altra entrò nell’Ospedale e percorse tutto il lungo corridoio del Pronto Soccorso. Poi salì una rampa di scale con le sue scarpe smisurate e si trovò immediatamente insieme ai volontari che portavano bandierine colorate e fiori di carta.
“Dove l’hai rimediato quel pistolone?” gli chiese uno di loro “Pare vero, non fosse così sproporzionato.”
Don Calogero Valaci indossava una grande giacca sformata e aveva la bocca enorme dipinta di rosso, guardò la sua Smith & Wesson 500 e fece una smorfia.
Aveva dovuto mascherare la perfetta cromatura del tamburo e della lunga canna d’acciaio con uno spray dal colore poco dignitoso per l’importanza della pistola più grande del mondo.
Si fece largo sventolando il revolver mentre tutti si scostavano ridendo con le mani alzate.
Salì ancora un piano di scale e dal fondo del corridoio vide le due donne venirgli incontro.
Il trucco da clown Augusto accentuava e sfigurava occhi e sopracciglia e la parrucca gli ricadeva sul volto coprendolo anche se solo in parte di una cascata di riccioli color carota. Un enorme paio di occhiali dalle lenti azzurre contribuiva a rendere l’uomo irriconoscibile.
La maestra Tina gli diede imbarazzata la mano e cominciò a parlare dei preparativi che aveva fatto in previsione dell’incontro.“Vede, dottore, ho anche comprato tanta carta crespa, di tutti i colori. La carta crespa è l’ideale per ricreare l’atmosfera del circo, non crede? La tenda da circo l’abbiamo fatta appendendo la carta crespa colorata al soffitto, ora l’allunghiamo dal centro verso gli angoli e i lati della stanza e la lasciamo penzolare dal muro. Appendiamo anche quei poster di animali sulle pareti all’altezza degli occhi dei bambini, mettiamo quei tre Hula-Hoop che abbiamo sul pavimento per fare le piste di esibizione del circo, e tagliamo due grandi scatole di cartone come se fossero delle gabbie dipingendole con colori vivaci.”
“Può andar bene, certo, anche se così, per dirla tutta, mi nascondete troppo l’ambiente ospedaliero… Noi comunque presentiamo un numero autosufficiente, non abbiamo bisogno del vostro aiuto.”
Linda osservò il clown che, dietro il trucco pareva tutt’altro che comico, ed anzi piuttosto seccato. “Sa, dottore, avevo pensato che non venisse già truccato. Siccome qualche bambino può essere impressionato dai clown, volevamo presentarglieli in modo cauto e tranquillo… e chiederle di truccarsi a vista, come prima ho già fatto io…”
“Con tutta la fatica che ho fatto a prepararmi? Ma non se ne parla neanche! Devo presentarmi così per creare un rapporto più sereno e significativo con loro, attraverso l’uso dell’immaginazione e del gioco.”
“Avevamo pensato anche di chiederle di togliersi almeno la parrucca e il naso per dimostrare ai piccoli ospiti che questa ‘strana creatura’ è una persona come tutte le altre.”
“È proprio contro la logica della presentazione! Dovete solo lasciarci fare quello che facciamo a Catania! Non dovete scordare che Hunter Patch Adams iniziò a formulare una teoria sulla clownterapia partendo dall’esperienza negativa che ha avuto in ospedale quando era ancora un adolescente.”
“Però l’aspettavamo un po’ più tardi… non abbiamo finito tutti i preparativi.”
“L’ospedale ci deve essere!” il clown lanciava le parole con supponenza “Fa parte del gioco. E, d’altra parte, il Clown Dottore, non deve essere una persona come tutte le altre, guardatemi! È un personaggio fuori posto che, proprio per questo, sfruttando certe competenze da circo, umorismo, trucchi da giocoliere, improvvisazione teatrale, giochi di prestigio, oggetti comici come le forbici, lo stetoscopio gigante, i martelli di gommapiuma, prova a cambiare il segno delle emozioni negative delle persone che vivono un disagio sanitario. Devo esser quel personaggio fantastico che è il clown per effettuare la comicoterapia passiva, che sarebbe far ridere, o attiva che sarebbe stimolare la produzione comico/umoristica da parte dei bambini.”
Le due insegnanti annuirono poco convinte ma, per forza di cose, remissive. Sembrava un medico che avesse letto di fresco un articolo su una terapia nuova, tanto per mostrarsi informato di fronte ai parenti del malato.
Nella grande corsia regnava sovrana la confusione con i tre volontari che stavano distribuendo bandierine e fiori di carta. I primi cuscini avevano cominciato a volare da un letto all’altro, quando il clown s’affacciò nella corsia partirono gli applausi e Linda e Tina si fecero da parte.
Si guardò in giro cercando, per prima cosa, suo figlio… era parecchio che non lo vedeva.
“Facciamo subito un gioco” esordì don Calogero “io dirò dei nomi, come a scuola, e chi c’è deve rispondere: presente.”
“E se non c’è il nome che chiami?” Gli chiese un bambino che si era fatto avanti.
“Allora risponderete tutti: ASSENTE!” Posò il girasole e il revolver su una sedia e iniziò “Mario”
“Assente”
“Filippo”
“Assente”
“Guglielmo”
“Presente”
“Totuccio”
“Presente” L’esile risposta proveniva da uno dei letti più lontani.
Don Calogero fece un passo in avanti. “Puoi venire più vicino?”
Totuccio si alzò faticosamente dal letto e si avvicinò al clown guardandolo fisso.
Era lui o non era lui?
Un volontario gli mise in mano una bandierina, strizzandogli l’occhio.
“Andrea”
“Presente”
Don Calogero aveva visto che nel letto vicino a suo figlio c’era il clandestino che cercava, da cancellare prima di subito, come gli aveva ordinato il Ragioniere.
“E tu, laggiù, con la pelle scura, come ti chiami?”
“Didier. E non ho la pelle scura, sono proprio nero!”
Tutti risero.
“Anch’io” disse Kamal “ma meno di lui.”
“Anch’io” proruppe Totuccio cercando di guardare la faccia del clown dietro il trucco “ma meno di loro!”
Tutti risero di nuovo.
“Ora facciamo un esercizio pericoloso: l’esercizio del tiratore infallibile.” Il clown s’infilò una mano nella tasca e, dalla grande giacca, tirò fuori una lunga scatola di fiammiferi da caminetto.
Si guardò intorno e chiamò il volontario che aveva dato la bandierina a Totuccio. “Tu, che sei rimasto a mani vuote, tira fuori un fiammifero e vai laggiù.”
Linda si avvicinò a Tina sorridendo “È un classico di Augusto, questo gioco… però, non credevo, è bravo il dottore.”
Il volontario, con una smorfia di buffa preoccupazione, si era diretto vicino al letto dov’era steso Didier, che stava con tutte e due le mani sotto le coperte.
“Tu terrai un fiammifero acceso in mano, io da quaggiù” don Calogero prese il revolver dalla sedia “sparo un colpo e spacco in due il fiammifero.”
“E io non corro rischi?” Chiese il volontario tremando esageratamente.
Il clown storse la bocca e finse di ridere. “No, perché sono un tiratore infallibile.”
Il volontario accese il lungo fiammifero e allungò il braccio in direzione di Didier.
Don Calogero soppesò il revolver, girò la canna verso di sé e si rivolse a Totuccio. “Non mi ricordo se ho messo i proiettili.”
Totuccio sorrideva contento “Guarda dentro il tamburo, che tiratore infallibile sei?”
Don Calogero perse tempo mulinando le mani, guardò Didier e guardò Totuccio, poi alzò le spalle, sollevò il cane e fece girare il tamburo. Intanto il fiammifero si stava lentamente consumando. Finalmente il clown prese la mira, ma poi chiuse tutti e due gli occhi.
“Non ci vedi!” “Apri gli occhi!” Urla e strilli riempirono la corsia. Finché ci fu uno strillo più forte: era il volontario che si era scottato le dita.
“Non mi freghi più,” disse mentre si allontanava “scegliti un altro volontario.”
“Vado io” si propose Linda che si divertiva molto.
Totuccio guardò da vicino le mani del clown, poi fissò a lungo i suoi occhi. Sì era lui!
“Ti ho riconosciuto, sai, papà!” gli sussurrò con un gran sorriso sulle labbra “Lo sapevo che trovavi il modo di venire!”
Valaci era turbato. Gli dispiaceva che il suo travestimento non avesse ingannato Totuccio, questo davvero gli complicava le cose. Farlo però doveva farlo, e che minchia glielo avevano ordinato!
Sospirò e continuò nella sua parte. Glielo avrebbe spiegato, da grande magari avrebbe capito che ci sono cose che devi fare per forza.
Totuccio, felice di poter stare accanto al padre, si divertì a fare da spalla al clown e invece di un fiammifero prese il girasole dalla sedia “Prendi questo, Linda, e vediamo come se la cava.” Poi si voltò, prese un pennarello da un comodino e si mise a scrivere qualcosa sulla bandierina.
Il mafioso non era più impaziente di finire quel lavoro.
Mentre Linda si avviava vicino a Didier, don Calogero si avvicinò a Totuccio, gli mise una mano sulla testa e gli sussurrò “Come stai?”
Anche Totuccio parlò piano.“Con tutti quelli che gli voglio bene vicino a me? Sto bene! Benissimo, in culo le malattie! Sai che mi fai veramente ridere?”
Proprio buffo quel clown, ora aveva tutti gli occhi arrossati, non più per il trucco, gli venne una gran voglia di abbracciarlo. E lo abbracciò perdendo un po’ l’equilibrio, la chemioterapia lo aveva molto indebolito.
A don Calogero caddero gli occhialoni, e rimase immobile, ammutolito.
Linda aveva steso il braccio con il girasole.“Vediamo ora Augusto che cosa s’inventa. Io ho paura!” si rivolse un attimo ai suoi bambini “Sono sicura che ora spara davvero e vi farà rimanere tutti meravigliati.”
Don Calogero scosse la testa e arretrò di un passo per stare più vicino alla porta, alzò il braccio con la Smith & Wesson, prese aria con la bocca e mirò alla testa di Didier.
Il bambino soldato strinse il calcio della Glock sotto le coperte.
“Aspetta” disse Totuccio “prendimi in braccio che spariamo assieme.”
Don Calogero lo guardò inebetito, poi si chinò e con il braccio sinistro sollevò il figlio. Linda, vicino al letto, faceva tremare il girasole per fingere di aver paura. Didier, inquieto, non sorrideva.
Quando Totuccio vide il clown poggiare il dito sul grilletto, con uno scatto improvviso si protese in avanti sbilanciando il padre e infilò l’asta della bandierina nella lunga canna.
B A N G era la parola scritta sulla bandierina.
“Bang!” gridò Totuccio e anche gli altri urlarono a squarciagola “ B A N G! ”.
Il girasole cadde sul letto di Didier tra l’allegria generale.
Nessuno sentì don Calogero Valaci mormorare tra sé “In culo a tutti loro” e abbracciò il figlio.
(continua)
(La storia di ClanDESTINI è frutto della fantasia degli autori: qualsiasi riferimento con la realtà, fatti, luoghi e persone vive o scomparse, è puramente casuale).
Calcerano e Fiori: il viaggio di Didier, un video riassunto che svela scenari inediti sulla storia di Clandestini
È in libreria “Teoria e pratica del giallo“, la nuova fatica di Luigi Calcerano e Giuseppe Fiori per le stampe di Edizioni Conoscenza.
Qui le modalità per l’acquisto del libro.
Le puntate precedenti
L’intervista agli autori, Il giallo d’appendice
La video presentazione di Luigi Calcerano e Giuseppe Fiori, Un giallo prezioso: ClanDESTINI
Luigi Calcerano e Giuseppe Fiori, narratori e saggisti, vivono e lavorano a Roma. Hanno scritto insieme numerosi romanzi polizieschi. Per ulteriori informazioni si possono consultare:
http://it.wikipedia.org/wiki/Luigi_Calcerano
http://it.wikipedia.org/wiki/Giuseppe_Fiori_(narratore)
http://www.luigicalcerano.com
http://www.giuseppefiori.com
Calcerano e Fiori