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ClanDESTINI (cinquantaseiesima puntata)

Pubblicato il: 20/12/2013 14:03:50 - e


Poi il Fratello maggiore della morte prese da una borsa tre sacchetti un po’ rigidi e un grande panno di velluto. “Li metto sul cofano della vostra auto così potete esaminarli con calma”, tradusse l'interprete. I due gruppi, i neri e i bianchi, si accostarono all’Alfa. Buruli distese il panno blu sul cofano e ci rovesciò sopra i diamanti grezzi, svuotando un sacchetto dopo l'altro.
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Nel piccolo porto di Chisimaio, a Sud della costa Somala, erano state completate le operazioni di carico dell’ingente numero di casse di armi leggere trasportate dalle tre navi. Una fila di camion, con i teloni mimetici, stava uscendo dai cancelli del porto per una destinazione ignota.
Le sbarre della dogana erano alzate e le guardie scomparse quando la fila si fermò e dal camion di testa scese un uomo con una lunga cicatrice sulla faccia, guardò l’orologio e impartì alcuni ordini.
Altri tre uomini gli si accostarono: uno di essi nascondeva sotto un giubbotto un involucro con un magnete. Poco dopo li raggiunse una vecchia Alfa nera con tre uomini a bordo: il Venditore bianco, il Ragioniere e un cameriere del ristorante “Chez Noautri”. Quest’ultimo aveva dovuto lasciare la Sicilia in tutta fretta perché la sua lunga attività di ricettatore di gioielli era stata scoperta.
Buruli, il Fratello maggiore della morte, accolse i tre italiani freddamente. “Siete venuti a riscuotere per un lavoro fatto a metà! Solo tre navi e non siete stati neanche capaci di tagliare la testa a un bambino”. L’interprete afrikaner s’affrettò a tradurre.
Hansen s’accostò al camion e poggiò una mano sul telone “Hai un convoglio di armi in grado di scatenare una guerra tribale, per questa volta ti devi accontentare, quanto a Didier…”
“Quanto a Didier” lo interruppe Buruli “ ci penso io, lo avete appena fatto scappare e non voglio rischiare la seconda. È un fuggitivo lontano da casa e non può che ritornare in Ruanda per nascondersi. Conto di catturarlo lungo la strada e chiudere una partita che è cominciata parecchio tempo fa”. L’interprete si asciugò il sudore con un fazzoletto immacolato.
Poi il Fratello maggiore della morte prese da una borsa tre sacchetti un po’ rigidi e un grande panno di velluto. “Li metto sul cofano della vostra auto così potete esaminarli con calma”, tradusse l’interprete.
I due gruppi, i neri e i bianchi, si accostarono all’Alfa. Buruli distese il panno blu sul cofano e ci rovesciò sopra i diamanti grezzi, svuotando un sacchetto dopo l’altro.
Hansen era l’unico rimasto vicino al camion, si guardò intorno, si chinò appena e riuscì a piazzare una microemittente all’interno del grosso parafango anteriore. Poi lentamente raggiunse gli altri.
“È arrivato il tuo momento” Cascio Ferro si rivolse al cameriere in siciliano “Ti ho detto la cifra iniziale che avevamo pattuito con il fratelluzzo della morte nera. Il valore di questi diamanti deve essere almeno pari alla metà di quella cifra, dato che gli abbiamo portato metà delle armi. Esamina poi rimettili in due soli saccchetti”.
“E bada che siano di uguale valore!” raccomandò Hansen.
Il Ragioniere guardò Buruli con aria di sfida “Per ora, dopo la verifica, prendiamo questi brutti sassetti, ma dove possiamo affondare le nostre tre carrette con i bidoni dei rifiuti tossici nelle stive? ci devi ancora dire”.
L’interprete afrikaner tradusse mentre Buruli rispondeva: “Domani mattina, i tre uomini che vedete accanto a me saliranno a bordo e vi porteranno al nostro cimitero nell’Oceano Indiano. È in mare aperto e lavorerete in tutta tranquillità. Non è troppo distante e il giorno dopo le scialuppe con i vostri marinai saranno di ritorno sulla costa somala. Io, a differenza di voi, non tradisco i patti!”
L’ex ricettatore si era incastrato in un occhio una lente da gioielliere e stava esaminando, accuratamente, i diamanti, uno dopo l’altro; tutti lo guardavano rapiti in attesa del suo responso.

Il Fratello maggiore della morte fece un cenno all’uomo col giubbotto che si mosse lentamente verso il retro dell’Alfa nera. Si chinò, mentre tutti erano attenti all’esame dei diamanti e sistemò il magnete sotto il serbatoio, controllò il congegno e digitò un numero di cinque cifre. Era lo stesso artificiere che aveva inserito, tempo addietro, la bomba nel computer portatile esploso nella sede di Radio Kigali.
“Quindi porti il tuo carico in Ruanda?” chiese Hansen a Buruli.
“Direi che non ti deve interessare quello che farò con i tuoi giocattoli, venditore bianco, ti deve interessare invece di farmi avere l’altra metà del carico”.
Hansen guardò Cascio Ferro, scuotendo la testa “Ci sono stati intoppi di vario tipo e il tuo Didier è stato il principale di questi intoppi”.
“Ora le nostre altre tre navi con i bidoni tossici” proseguì Cascio Ferro “sono bloccate in un porto siciliano e le casse con le armi sono state scaricate in mare dagli equipaggi per far salire a bordo, immaginatevi, naufraghi africani che stavano affogando al largo delle nostre coste”.
“Che storia penosa”, ghignò Buruli rivolto al suo interprete, che poi s’affrettò a tradurre il resto della frase “ma è ancora più penoso per voi che lui abbia avuto solo la metà del carico di armi!”

Dopo che l’ultimo diamante grezzo, il più grande, fu esaminato l’uomo si tolse la lente dall’occhio e fece un cenno d’assenso rivolto a Cascio Ferro.
Il Ragioniere, però, storse le labbra “È un affare magro, in cui noi abbiamo avuto più costi, date le armi perse, che ricavi… questo da parte tua, Buruli, deve essere considerato se vogliamo continuare a fare affari insieme”.
La lunga cicatrice sul volto del Fratello maggiore della morte si contrasse e, rivolto all’interprete precisò sorridendo “Non sono d’accordo: è il rischio d’impresa, come dite voi ragionieri, questi sacchetti che vi lascio sono di pelle di rinoceronte e sono l’unica cosa che posso aggiungere ai miei diamanti”, poi il suo volto si rabbuiò “E ora ognuno per la sua strada, non credo che ci incontreremo tanto presto”.

Gli uomini ritornarono verso i camion mentre l’auto degli italiani entrava nell’area portuale. In breve furono lontani gli uni dagli altri.
“Chiama il nostro uomo sulla nave” disse Buruli a chi aveva messo la bomba “e digli di tenersi pronto”.

* * *

Hansen era intento a fissare il suo Iphone.
“Cosa guardi?” gli chiese Cascio Ferro.
“Ho piazzato un congegno miniaturizzato della dotazione standard dei Servizi sul primo dei camion, così con il GPS potremo localizzarli ovunque andranno”.
“E che ce ne frega? Io con quello non voglio più averci a che fare. Puzza. Che minchia, non ha rispetto e puzza”.
“Tu non ci avrai a che fare. Ma al Servizio può essere utile sapere che gioco vuole giocare… non ti dimenticare con chi lavori! Devo proporre una storia credibile sul mio viaggio in Somalia e sui traffici d’armi in questa area geografica. Fammi scendere che devo fare una cosa personale”.
“Hai da pisciare? Aspetta. Non mi è piaciuto davvero quel negro. Mi mette agitazione, dobbiamo tenerlo d’occhio. Il fratello maggiore della morte!”

Hansen poteva aspettare e aspettò. In quel momento sul display apparve un puntino rosso intermittente su una piantina stradale.
“Ecco il segnale radio ha ripreso, il satellite li sta seguendo: la fila dei camion è diretta a Ovest verso il confine con il Kenia che, da qui, dista pochi chilometri. Probabilmente lo attraverseranno e punteranno sulla regione del Lago Vittoria”.
“Perché vanno laggiù?”
“Perché il lago Vittoria è come un mare, le cui coste toccano tre grandi paesi, il Kenia, l’Uganda e la Tanzania… ma a poca distanza, a Ovest del lago, ci sono due altri piccoli paesi: il Ruanda e il Burundi. È probabilmente da quelle coste che vorrà raggiungere il Ruanda”.
“Un mare in mezzo all’Africa” esclamò l’esperto di diamanti,” io l’ho visto una volta e non l’ho più dimenticato. Magari potessi tornarci, c’è speranza don Gerlando?”
Il Ragioniere non rispose, guardava Hansen e gli dava fastidio anche lui, con le sue arie da comandante. Non pensava potesse durare ancora molto a lungo la loro alleanza “È arrivato il momento di dividerci la torta. Poi ognuno per conto suo”.
Hansen annuì “Tu una fetta l’hai già presa dall’industriale che ha pagato i biglietti di sola andata per i bidoni di rifiuti tossici…”.
“Sì, per fortuna, mi tengo l’anticipo che mi ha dato per l’operazione. Perché quando vedrà tornare indietro gli altri bidoni, insieme a un ordine di cattura, non sarà affatto contento”. I tre risero.
“Allora uno a testa, mi faccio bastare il mio sacchetto di diamanti”. Tagliò corto Hansen che non poteva più aspettare “Scendo e mi libero, chiamo anche il Generale, è troppo tempo che non mi faccio vivo. Debbo fornirgli una versione credibile per il mio viaggio”.
Il Ragioniere grugnì “Scommetto che l’hai già preparata”.

* * *

L’Alfa nera si mosse verso il porto e parcheggiò sul molo, proprio davanti a una delle tre navi.
Camminava in direzione dell’auto un marinaio congolese con un sacco sulle spalle e un cellulare all’orecchio.
Il marinaio era ancora molto lontano quando chiuse la telefonata.
Su un altro cellulare, in viaggio verso il confine con il Kenia, venne digitato un numero con cinque cifre.
La deflagrazione fu improvvisa e le fiamme avvolsero l’Alfa in un istante.
Il marinaio si bloccò e aspettò pazientemente che la violenza del falò si attenuasse.
Ormai dovevano esser morti tutti i bianchi.
Posò per terra il sacco ed estrasse un estintore, si accostò all’auto dalla parte del conducente e riempì l’abitacolo di schiumogeno. Aspettò ancora, ma c’era tempo, non sarebbe arrivato nessuno.
Quando dalla lancia non uscì più schiuma, indossò un paio di guanti di amianto e si avvicinò al guidatore carbonizzato che ripulì un po’ dalla schiuma.
Sembrava quasi non far caso alla scena sotto i suoi occhi, la bara mobile piena di schiuma e il puzzo di carne sulle braci. Solo il calore rallentava i suoi gesti e la sua ricerca.
Frugò a lungo fra i resti fumanti finché non trovò quello che cercava. Non avevano sbagliato a istruirlo, i diamanti li aveva il ricettatore ed era lui che guidava.
Si allontanò velocemente dal molo, tossendo ripetutamente, poi prese il cellulare e chiamò “Li ho trovati, Buruli, i diamanti erano intatti in mezzo alla cenere e ora sono tornati in tuo possesso. Sono un bel po’, ma non così tanti come mi avevi detto”.
“Ti ha visto qualcuno?” “Non mi pare, ma frugare nelle tasche di due cadaveri da queste parti non…”.
“Non dicevo per questo, ma se ti ha visto qualcuno, molto presto potrebbero frugare nelle tue di tasche”, il Fratello maggiore della morte s’interruppe, poi con voce gelida chiese “Come due, i cadaveri devono essere tre!?”
“A meno che il terzo non si sia liquefatto, io ne ho visti due… Dopotutto” aggiunse con un ghigno il marinaio congolese “solo i diamanti resistono a quella temperatura”.
“Allontanati subito dal porto e raggiungimi a Nairobi” gli ordinò il Fratello maggiore della morte.

(continua)

(La storia di ClanDESTINI è frutto della fantasia degli autori: qualsiasi riferimento con la realtà, fatti, luoghi e persone vive o scomparse, è puramente casuale).

TUTTE LE PUNTATE PRECEDENTI


L’intervista agli autori, Il giallo d’appendice


La video presentazione di Luigi Calcerano e Giuseppe Fiori, Un giallo prezioso: ClanDESTINI


Calcerano e Fiori: il viaggio di Didier, un video riassunto che svela scenari inediti sulla storia di Clandestini

È in libreria “Teoria e pratica del giallo“, la nuova fatica di Luigi Calcerano e Giuseppe Fiori per le stampe di Edizioni Conoscenza.

Qui le modalità per l’acquisto del libro.

Luigi Calcerano e Giuseppe Fiori, narratori e saggisti, vivono e lavorano a Roma. Hanno scritto insieme numerosi romanzi polizieschi. Per ulteriori informazioni si possono consultare:
http://it.wikipedia.org/wiki/Luigi_Calcerano

http://it.wikipedia.org/wiki/Giuseppe_Fiori_(narratore)

http://www.luigicalcerano.com

http://www.giuseppefiori.com


GLI EBOOK DI CALCERANNO E FIORI SU PINOCCHIO 2.0
http://www.descrittiva.it/calip/ebook-pinocchio2punto0.htm

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Immagine in testata di wikipedia (licenza free to share)

Calcerano e Fiori

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