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Aspetti rivoluzionari degli insegnamenti di Emma Castelnuovo

Pubblicato il: 20/06/2014 15:16:23 -


Biografia di Emma Castelnuovo e ricordi sul suo metodo rivoluzionario d’insegnare.
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Inizio a parlare di Emma Castelnuovo cercando d’individuare e riassumere quelle che penso siano alcune caratteristiche generali importanti del suo modo d’intendere la matematica e il suo insegnamento.
– Emma non si limitava a insegnare. L’ambiente nel quale è vissuta, la sua cultura, il suo carisma, la sua grande esperienza condotta con lo spirito della ricercatrice…, e quel suo modo di concludere gli argomenti che considera importanti: con piccoli silenzi, guardando in alto con una lieve inspirazione, serrando impercettibilmente le labbra e accennando un minimo assenso con il capo, interessa e convince anzi, ammalia e seduce;
– Emma è un’artista che non improvvisa, ma anzi dedica moltissima attenzione alla traduzione della sua arte nella sua professione;
– Emma Castelnuovo sa bene che le parole sono spesso vaghe e che, nel suo caso, costituiscono un’astrazione di quanto è racchiuso in tutto il suo insegnamento. Quindi, coerentemente alle sue idee sull’astrazione, preferisce far comprendere al suo interlocutore le sue posizioni, associando gli esempi alle considerazioni generali;
– in particolare Emma prepara con grande cura le sue lezioni, definendo tutti gli aspetti del suo insegnamento attraverso lo studio e mediante un confronto intenso con le idee di tutti quelli che ritiene abbiano delle posizioni didattiche soprattutto simili, ma anche opposte, alle sue;
– in questo modo Emma può riassume in sé, in modo più o meno cosciente, il pensiero di alcuni grandi matematici e pedagogisti che si sono occupati molto intensamente di didattica della matematica;
– in particolare, sebbene Emma nel parlare di chi ha influenzato in modo maggiore le sue idee faccia riferimento a Clairaut, alla scuola attiva di Maria Montessori e Decroly, a Comenius e a Piaget, e poi anche a Pestalozzi, a Libois, che ha studiato anche a Roma con Guido e Federico, Atiyah, a Campedelli che è stato assistente di Guido, a Pellerey, Lina Mancini, Proia, Liliana Ragusa Gilli, Ugo Pampallona, Lucio Lombardo Radice e ad altri, ritengo che le persone che hanno influenzato maggiormente Emma, ripeto più o meno direttamente e inconsciamente, siano altre. La sua didattica, il suo comportamento, le sue preferenze in particolare per la geometria, il linguaggio molto corretto ma semplice, amichevole, stringato e comprensibile, il suo modo di studiare e di organizzare il confronto con gli amici e con altri autori, di interessare, di appagare e a volte, stupire e divertire, penso siano collegabili principalmente a Guido Castelnuovo, Federico Enriques e “poi” a Bruno de Finetti.
Poiché quest’ultima affermazione, che ritengo possa aumentare molto l’importanza degli insegnamenti di Emma, è però diversa da quanto troviamo negli articoli sull’argomento, tento subito di argomentarla brevemente.

Nelle ultime numerose interviste e filmati di Emma, presenti in gran numero anche su internet, organizzate dalla Treccani e da molti autori, che sembrano essersi occupati in alcuni casi della Castelnuovo soltanto all’aumentare della sua fama, Emma fa riferimento alle ide di Clairaut, un matematico francese del 1700, espresse nel suo volumetto “Les éléments de géométrie. Lo stesso nome è presente in alcuni suoi articoli. Ma nel suo libro “Didattica della matematica”, che penso sia il lavoro dove Emma ha cercato di precisare maggiormente il suo pensiero, vengono ripresi soltanto due esempi da questo matematico francese: disegnare in scala un terreno e dividere “un cubo in 6 piramidi uguali aventi per base una faccia del cubo e per vertice il centro del cubo”. Ben poca cosa rispetto alla quasi completa identità con le vedute e il comportamento, torno a ripetere, di Guido Castelnuovo, Federico Enriques e Bruno de Finetti (in particolare di de Finetti Emma mi ha parlato spesso, mentre non mi ha comunicato nulla di Clairaut).

Di alcuni collegamenti fra questi autori parlerò più diffusamente in un altro articolo, e poiché le mie parole sono poca cosa, riporto anche il pensiero di altri grandi artisti e scienziati che mi sono venuti in mente pensando ad Emma. Spero così di invogliare alla lettura più completa degli origi-nali.
La segnalazione del loro nome molto noto e del loro modo di intendere la matematica e la didattica, distribuito in modo pervasivo in tutte le loro opere, può forse scusare la mancanza di alcuni dettagli nei riferimenti bibliografici, che, in alcuni casi derivano da altri riferimenti poco precisi.
Spero che gli accostamenti che farò non vengano considerati esagerati. L’insegnamento è la professione più difficile che esista, e le eccellenze assolute presenti in ogni campo debbono essere apprezzate allo stesso modo.

* “Quando sto bene e sono di buon umore, o quando vado in giro in carrozza oppure passeggio dopo un buon pranzo, o la notte, quando non riesco a dormire, i pensieri mi si affollano alla mente con tutta la facilità che si può desiderare. Da dove arrivano, e come? Non lo so, e non ci ho niente a che fare. Quelli che mi piacciono, li tengo a mente e li canticchio a bocca chiusa (almeno altri mi hanno detto che lo faccio). Quando ho il mio tema, ecco arrivare un’altra melodia, che si concatena alla prima, in accordo con le necessità dell’intera composizione: il contrappunto, le parti di ciascuno strumento, e tutti questi frammenti melodici producono infine l’intera opera. E’ allora che la mia anima s’infiamma d’ispirazione, sempre che non accada nel frattempo qualcosa che distragga la mia attenzione. L’opera cresce: io la sviluppo concependola sempre più chiaramente, fino ad avere l’intera composizione completata in testa, per quanto sia lunga. Poi la mia mente la afferra così come fa uno sguardo con una splendida immagine o una bella ragazza. Ma non mi accade in successione, con le varie parti lavorate nei dettagli, come sarà più avanti, la mia immaginazione me la fa sentire nella sua interezza”. (W.A. Mozart, “Letters”, Hans Hersmann (Ed.), Dover,1972, p. VII)
* “A Mathematician who is not also ‘a poet’ is not a good Mathematician” (Karl Weierstrass).
* “Nutre la mente ciò che la rallegra”, (S. Agostino).
* “Gli artisti sono come i sonnambuli, percorrono ad occhi chiusi una strada fragile e sconosciuta, se li svegli di colpo e gli chiedi dove stanno andando e per quale motivo ci vanno, paiono spaesati”. (Federico Fellini, frase ripetuta da Roberto Benigni, viene ripresa in “Fate l’amore non fate la guerra”, di Michele Serra, Il Venerdì-La Repubblica, 14 ottobre, 2005 p. 29).
* “Il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre, ma nell’avere nuovi occhi”. (Marcel Proust, “Alla ricerca del tempo perduto”, 1913/27).
* “La matematica in generale e la geometria in particolare debbono la propria esistenza al nostro bisogno di conoscere qualche cosa sulla maniera di essere degli oggetti reali. La parola geometria, che significa misura del terreno, ne è la conferma”. (Albert Einstein, discorso pronunziato all’Accademia di Berlino, 1921).
* “E i suoi studi, signorina, se posso informarmene? Matematica, a quanto so. Non la stanca? Non è terribilmente faticoso per il cervello?
– Niente affatto – ella rispose – non conosco nulla di più carino, è un gioco nell’aria, per dir così, o addirittura fuori dell’aria, in regioni senza polvere, comunque”. (Thomas Mann, 2004, “Altezza reale”, Garzanti).

Emma Castelnuovo e la scuola romana di didattica della matematica

Emma Castelnuovo nasce a Roma il 12 dicembre 1913, quinta e ultima figlia di Guido Ca-stelnuovo e di Elbina Enriques (sorella del matematico Federigo Enriques).
A Roma frequenta il corso di laurea in matematica, seguendo i corsi di Federico Enriques, Guido Castelnuovo, Gaetano Scorza e Tullio Levi-Civita. Nel 1936 si laurea in matematica presso l’Università di Roma discutendo una tesi di geometria algebrica (Castelnuovo, 1936) sotto la guida di un collaboratore di Enriques.

Racconta Emma:

“Nel 1932 mi iscrivo all’università, matematica e fisica. Ero sempre andata male in matematica, ho avuto per gli otto anni di scuola secondaria un insegnamento formale e ripetitivo. Andavo invece bene in fisica, con un altro professore. Ed io mi iscrivo a matematica e fisica con l’idea di passare a fisica: e invece, dopo un anno, sono passata a matematica. Nel 1934-35 al 3° anno seguo il corso di Federico Enriques. Ho ancora i quaderni di appunti, anche se era impossibile prendere appunti. Il nostro era un continuo esercizio a vedere con la mente”. (Da Michele Emmer, “Emma Castelnuovo, la matematica nel Dna”, L’Unità, Edizione Nazionale nella sezione Cultura, 23 luglio 2008, p. 25).

Le immagini

Un modo vecchio di insegnare
Un modo “meno” vecchio di insegnare

Correlazioni
Emma Castelnuovo: come la matematica entra nella realtà della vita, di Raimondo Bolletta
La matematica è un’espressione intrinseca della bellezza, di Mauro Palma
Fusionismo olistico e software per la geometria dinamica, di Mario Barra
Emma insegna a scoprire e creare la bellezza attraverso la matematica, di Mario Barra

Mario Barra

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