Un maestro a distanza
Ne La scuola senza andare a scuola Giuseppe Caliceti racconta la Didattica a Distanza attraverso la sua esperienza quotidiana nei giorni dell'emergenza sanitaria; spiega le difficoltà dell'insegnamento, quelle dell'apprendimento, e mostra una scuola in cui le differenze ‘di classe’ sono state rese più evidenti.
Il coronavirus ha acuito le disuguaglianze esistenti in ambito lavorativo, come emerge nell’ultimo rapporto ISTAT, e ha ampliato ulteriormente, a opinione di molti, la distanza educativa per le modalità con cui è stata affrontata l’emergenza sanitaria nel settore dell’istruzione. I dati EUROSTAT hanno registrato nel 2019 che il 39,8% della popolazione italiana ha un livello d’istruzione limitato alla scuola media a fronte di una media UE pari al 24,9%: la distanza tra queste due quote denuncia un’emergenza educativa crescente e la scarsa efficacia delle iniziative dirette a contrastare l’abbandono scolastico.
Viene, allora, spontaneo proporre di ripartire dai principi costituzionali – i fondamentali della scuola italiana – che dal prossimo anno scolastico 2020/21 riprenderanno a essere studiati in tutti gli ordini di scuola con l’insegnamento di educazione civica. Così potranno essere rilette le parole dell’art. 34 : «La scuola è aperta a tutti» !
Proprio su questo «tutti» Giuseppe Caliceti, ne La scuola senza andare a scuola (ed. Manni), ha posto la sua lente nei giorni dell’emergenza sanitaria con le difficoltà che l’insegnamento e l’apprendimento a distanza hanno incontrato nella scuola primaria, evidenziando come le differenze sociali, che nell’aula fisica venivano gestite in vario modo, siano invece esplose nella DaD.
Dal primo giorno di chiusura delle scuole fino all’ultimo giorno dell’anno scolastico, Caliceti racconta, come in un diario, la sua vicenda di maestro a distanza e, attraverso la quotidianità, riflette su quello che stava accadendo in Italia: i collegi docenti, le emozioni dei bambini, le decisioni del Ministro all’Istruzione, il ruolo dei genitori…
«La scuola a distanza accentua gli aspetti classisti di cui, negli ultimi decenni, si era già ammorbata la nostra scuola pubblica. Non solo perché non arriva a tutti, si calcola siano più del 6% del totale gli studenti isolati, esclusi, non connessi. Ma perché tende a riproporre gli aspetti più regressivi, sorpassati e deleteri dell’educazione e della formazione: i compiti, l’interrogazione a tu per tu, l’insegnamento frontale. Cioè quello che serve a salvare la forma e la burocrazia (i voti, le certificazioni) di fronte alle famiglie degli utenti. Il famoso pezzo di carta. È probabile che la didattica on line, nei suoi step di ricerca più avanzati, si coniughi con una teoria pedagogica all’avanguardia. Purtroppo non accade così, oggi, in Italia. Perché accentua l’esclusione sociale e culturale. Con un ricatto molto semplice: o così, o niente».
Lo spettro che Caliceti evoca è quello di un ritorno ad una scuola prima di don Milani, in cui è concreta la preoccupazione di ciò che può accadere a quegli alunni che non hanno un computer a casa, o a quelli che vivono in un contesto familiare disagiato con più ragazzi in età scolare. Insomma la cittadinanza con i suoi diritti e i suoi doveri deve essere forzatamente declinata on line?
Ecco che La scuola senza andare a scuola non ha niente a che vedere con un instant book, ma è una riflessione approfondita sull’esperienza della didattica a distanza nella scuola primaria (è bene sottolinearlo), vissuta come didattica di emergenza, e sulle sue carenze.
Il possesso personale di uno smartphone o di altro dispositivo è la condizione indispensabile per esercitare non solo il diritto all’istruzione, ma anche gli altri diritti che la Costituzione riconosce ai cittadini della Repubblica? Perché se così fosse allora la Repubblica dovrà adoperarsi, secondo il dettato costituzionale, a rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana (art. 3).
È’ una curiosa coincidenza quella che nello stesso anno scolastico 2020/21 vedrà lo studio diffuso dei principi fondamentali della Carta e la loro pratica attuazione nel contesto scolastico che, pur essendo di autonomia didattica e organizzativa con esperienza ventennale, ha bisogno di essere attrezzato adeguatamente. Perché nel prossimo anno scolastico, a vent’anni di distanza dalla sua introduzione, l’autonomia subirà un vero e proprio stress test, di cui tutti o quasi siamo consapevoli e riproporrà, auspicabilmente in altre forme, la DaD se dovremo convivere con le emergenze.
recensione di Giuseppe Fiori