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Tre domande sulla professione docente

Pubblicato il: 24/06/2009 15:43:08 -


Merito, bilancio delle competenze, formazione in servizio, sviluppo di carriera: per la professione docente l’intreccio delle questioni è complesso e controverso. Proviamo a rispondere, con proposte concrete, a tre interrogativi. Si può istituzionalizzare un periodico bilancio delle competenze? Quali sono i migliori strumenti per tale bilancio (esami che non finiscono mai, questionari, colloqui ispettivi, autocertificazioni)? Chi gestisce il bilancio, in sostanza chi valuta?
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Lavorando s’impara: l’esperienza è un “capitale professionale” che si forma nel tempo e si innesta sulla formazione iniziale. Vale per ogni mestiere, compreso quello dell’insegnante, complesso per la variata natura delle competenze richieste (didattica, organizzazione, programmazione, progettazione, ricerca e sperimentazione, valutazione, utilizzazione delle risorse, informazione, cooperazione, gestione delle relazioni). Ogni tipo di competenza si intreccia con soggetti diversi richiedendo capacità e prestazioni specifiche. Tanto per fare un esempio, la competenza “relazione” non è la stessa in riferimento agli studenti (relazione didattica, relazione affettiva), ai genitori (relazione informativa, relazione cooperativa), ai colleghi (relazione d’équipe), alle istituzioni (relazione informativa in entrata e in uscita, cooperazione, progettazione). Tanto ginepraio di competenze in nessun modo può essere assicurato da una formazione iniziale per quanto qualitativa possa essere e per quanto possa comprendere esperienze di tirocinio sul campo. Diventa dunque saliente la formazione in servizio ed è qui che si intreccia un bilancio delle competenze per riconoscere e certificare una valorizzazione dei meriti.

Ciò premesso, tre interrogativi diventano cruciali e proviamo a fornire qualche risposta, se non altro allo scopo di aprire il dibattito.

Si può istituzionalizzare un bilancio delle competenze, possibilmente periodico? È indispensabile: un bilancio ha intrinseco un rendiconto e, se è in gioco un merito professionale da riconoscere in una carriera di funzione pubblica, serve una forma istituzionale di valutazione. Un concorso, un esame? Per titoli, per prove? Francamente di burocrazia nella professione docente ne avremmo abbastanza. Quindi metto in campo un’idea per istituzionalizzare un bilancio delle competenze in stretta correlazione con una forma concreta di incremento delle competenze. Dico di un anno/semestre sabbatico da dedicarsi alla formazione in servizio, con l’obbligo, accade ciò per i ricercatori universitari, di una pubblicazione da far circolare nella comunità scientifica educativa, valutata nel contesto di un complessivo bilancio delle competenze.

Quali sono i migliori strumenti per formulare detto bilancio (esami che non finiscono mai, questionari, colloqui ispettivi, autocertificazioni)? L’interrogativo è spinoso, io stessa ho insegnato nel fastidio di valutazioni cui altri professionisti non sono sottoposti e, una volta raggiunta una cattedra di ruolo, nel malessere di una solitudine professionale in cui potevo fare e non fare, senza alcun riconoscimento e fors’anche con qualche dinamica con i colleghi. Non entro qui nel merito delle forme di reclutamento iniziale, dico del dopo. Potrebbe servire un libretto professionale, qualcosa più di un curricolo di titoli, su cui auto/certificare la carriera, le funzioni svolte, i corsi di aggiornamento seguiti, le pubblicazioni tra cui quella periodica di cui sopra, ma anche le iniziative programmate e organizzate nella scuola (accoglienza, recupero), se avessimo coraggio le valutazioni di studenti e genitori (come accade in Europa) e i risultati ottenuti in termine di progressi di apprendimento degli alunni. Gira e rigira, è palese un intreccio tra bilancio di competenze, merito, formazione in servizio; altrettanto evidente è la necessità di un protagonismo diretto dell’insegnante nella costruzione della professione in un “piano personalizzato di miglioramento”. Al che la domanda cruciale: miglioramento di che? Fino a oggi il cosiddetto aggiornamento professionale si è preferibilmente piegato in termini disciplinari, importanti ma non determinanti quanto la conoscenza delle più efficaci e aggiornate didattiche (applicate ovviamente ai contenuti specifici). E in tempi di autonomia è decisiva la conoscenza degli spazi normativi in cui l’insegnamento e soprattutto l’organizzazione della scuola possono muoversi, rispettando i vincoli, ma anche e soprattutto concretizzando le opportunità. Il maggior merito professionale delle donne e degli uomini di scuola sta qui: produrre ricerca, sperimentazione, nuova organizzazione, nuova didattica, mai succubi – oggi accade troppo spesso – di una cosiddetta circolare che dica il da farsi.

Chi gestisce il bilancio delle competenze, in sostanza chi valuta? Un buon bilancio di competenze non è percorribile in un’astrazione nazionale, è necessario confrontarsi con le situazioni specifiche, le tipologie d’utenza e i problemi reali, l’organizzazione scolastica regionale e provinciale, i livelli di autonomia che nelle diverse reti territoriali le istituzioni scolastiche hanno saputo maturare. Dunque, il miglior bilancio delle competenze professionali docenti può essere riferito alla singola istituzione autonoma, in relazione stretta al Piano dell’offerta formativa? Non direi, questa è una misura troppo stretta, troppo familiare e casalinga, troppo soggetta alle dinamiche interne che in una scuola necessariamente si instaurano. Non a caso emerge una certa diffidenza rispetto a un ruolo di certificazione del merito assegnato al dirigente scolastico. Dunque, chi valuta? L’idea potrebbe essere quella di una Comunità scientifica territoriale, deputata a organizzare la formazione in servizio e a convalidare il libretto professionale.

Tiziana Segantini

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