Tempo di ripensamenti
Oggi, in una stagione in cui sono aumentate le richieste della società verso la scuola di “rendere conto” dei propri risultati e del corretto uso delle risorse impegnate, non è facile dimostrare che il notevole sforzo organizzativo e finanziario messo in atto per assicurare a tutti i bambini italiani da 6 a 10 anni l’insegnamento della lingua inglese abbia prodotto effetti significativi. Mancano indagini e monitoraggi rigorosi.
Anche se l’insegnamento dell’inglese continua a essere molto richiesto (e quindi apprezzato?) dai genitori, non sappiamo con sicurezza se questo precoce incontro con una lingua straniera lasci un segno importante nei nostri ragazzi, se promuova prime abilità e competenze linguistico-comunicative e, soprattutto, se stimoli in loro la voglia di andare avanti, di approfondire e affinare la conoscenza e la pratica delle lingue. Sarà per questo motivo che oggi la figura del docente specialista di lingua inglese è a rischio di estinzione. Leggendo il nuovo regolamento per la scuola primaria “riformata” (e le tabelle sugli esuberi) si conferma il superamento – in un triennio – della figura dello specialista esterno. Saranno i maestri “normali” ad occuparsi di questo insegnamento nelle loro classi, previa una “stringata” attività di aggiornamento e di formazione, le cui caratteristiche non sono state ancora delineate. Si afferma l’obbligo per tutti i maestri di conoscere (e insegnare) la lingua inglese, e si prefigura un programma triennale di formazione che li possa abilitare all’insegnamento, magari con la guida e il tutorato dei colleghi più esperti (o dei docenti di scuola media).
È in gioco il futuro della scuola elementare. È evidente percepire i rischi di un forte impoverimento della qualità della scuola elementare. Lo stesso Ministero se ne rende conto e nella vulgata della riforma per i genitori (racchiusa in una brochure diffusa in quantità nelle scuole del nostro paese) si è affrettato a precisare che il “maestro unico di riferimento” potrà essere affiancato da insegnanti specialisti, tra i quali appaiono quelli di religione, di inglese, di musica, di tecnologia ecc.
Rimane dunque aperta una duplica opzione: l’insegnante di classe si specializza anche nella lingua inglese e la insegna nella propria classe (si guadagna in unitarietà della proposta, ma si perde in qualità), oppure si mantiene (ad esaurimento e temporaneamente?) la figura di un docente ad hoc, che insegna solo inglese in più classi (si guadagna in competenza, si perde in continuità). Ma è un dilemma che possiamo riferire all’intera scuola elementare: è meglio salvaguardare il team docente di classe, con una (blanda) specializzazione dei docenti in alcune aree disciplinari (linguistico-espressiva, matematico-scientifica, storico-antropologica)? Oppure è più opportuno concentrare gli insegnamenti di base (quelli sopra citati) in un’unica figura di riferimento, da affiancare però con figure docenti effettivamente specializzate (in lingue comunitarie, in tecnologia, in musica ecc.)?
Se non fossimo attanagliati dall’esigenza di ridurre comunque gli organici del personale della scuola (evento che mette a rischio sia la prima che la seconda ipotesi), potremmo aprire una discussione serena circa il migliore modello organizzativo necessario in una scuola elementare moderna, adeguata alle esigenze dei bambini di oggi, capace di migliorare ulteriormente i propri risultati. Magari affidando alle scuole stesse una ricerca sul rapporto tra indicazioni curricolari, soluzioni organizzative, apprendimenti conseguiti. Procedendo in piena autonomia, ma con paletti rigorosi, nell’ottica di un organico funzionale di docenti da utilizzare con una certa libertà (art. 5 del Dpr 275/99) per far fronte a diverse esigenze.
Quali sono le opportunità di formazione? Intanto, i nuovi regolamenti rendono obbligatoria la formazione sulla lingua inglese per i docenti in servizio nella scuola elementare. Impresa improba, abbiamo già notato. Meglio sarebbe stato rendere obbligatoria tale competenza per tutti i docenti che intendono insegnare nella scuola primaria e che vengono via via immessi nei ruoli. Magari rafforzando gli insegnamenti di lingua inglese nel curricolo formativo (universitario e non) dei maestri elementari. Nell’attesa che questa decisione sia assunta si è chiesto ai neo docenti assunti di frequentare corsi di metodologia e di didattica dell’inglese, nell’ambito delle attività di formazione per l’anno di prova. Sarà poi necessario far loro frequentare i corsi di apprendimento della lingua, per garantire almeno quel livello B1 di competenza, che tuttavia l’Europa considera appena sufficiente. Servono da 380 a 40 ore, a seconda della distanza in cui si colloca ogni docente nel proprio percorso verso l’agognato livello B1*. Un onere gravoso sia in termini finanziari che umani. Percorsi troppo rapidi e tardivi, impegni faticosi da ritagliare nell’orario di lavoro, futuro incerto, gratificazioni quasi assenti. Non è facile appassionarsi a una nuova disciplina, in queste condizioni.
Forse è tempo di pensare in grande: periodi sabbatici per un aggiornamento vero e intensivo, stage all’estero, tutoraggio in itinere, ricerca didattica sulle metodologie, certificazione chiara dei progressi negli apprendimenti. Forse in questo modo anche le consistenti riduzioni di risorse preannunciate per la scuola elementare potrebbero essere viste da un’altra angolatura: utilizzare l’esubero che si crea con la riduzione delle compresenze e dei tempi scolastici (ma su questo i genitori si sono espressi in termini contrari) per riorganizzare la didattica e riqualificare il personale docente (che resta): per formarlo più a fondo, pagarlo meglio, riconoscere meriti e impegni. Per ridare dignità e autorevolezza a una figura – la maestra elementare – che in questi mesi è stata sottoposta a una indebita pressione politica e mediatica.
* Sulla base del Piano di formazione sulla lingua inglese per insegnanti elementari (Nota 1445 del luglio 2005) si era quantificata una scaletta in progressione per raggiungere gradualmente il livello B1, simulando il tempo di formazione necessario:
• da principiante a livello A1: 100 ore di formazione
• da livello A1 a livello A2: 100 ore di formazione
• da livello A2 a livello A2 plus: 100 ore di formazione
• da livello A2 plus a livello B1: 80 ore di formazione (di cui 40 di metodologia e didattica).
La simulazione (non ufficiale) è tratta da: G. Cerini, L. Gianferrari (a cura di), Do you speak English? La formazione degli insegnanti elementari nella lingua inglese, in “Notizie della scuola”, n. 4, 16-31 ottobre 2005, Tecnodid, Napoli.
Giancarlo Cerini