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Anything is possible. La scuola e i bambini con autismo

Pubblicato il: 08/04/2015 11:58:00 - , e


Per realizzare l’inclusione per tutti, non sono gli alunni a doversi adattare alla scuola, bensì è la scuola che deve adattarsi agli alunni, in base al loro funzionamento, con spazi e attività accuratamente programmati.
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Ogni alunno è diverso e questo vale anche per i bambini con disturbo dello spettro autistico. L’autismo riguarda il modo di comunicare e relazionarsi con le persone. Alcuni alunni con ASD riescono a seguire un percorso scolastico regolare, ma molti altri hanno disabilità intellettive, o assenza di linguaggio, e avranno bisogno di essere supportati da insegnanti appositamente formati. Per occuparsi di loro, quindi, la scuola ha bisogno di attrezzarsi. Così come per gli alunni a sviluppo tipico si predispone l’alfabetiere, la linea dei numeri, i cartelloni, e tutti gli strumenti utili a facilitare l’apprendimento del leggere, dello scrivere e del far di conto, per gli alunni con autismo bisognerà predisporre ambienti strutturati e chiari, spazi adibiti a specifiche attività, aule di riposo, di lavoro autonomo e individuale con l’insegnante, laboratori permanenti dove si lavora in coppia e in piccoli gruppi con i compagni, spazi in cui superare le crisi di auto ed etero aggressività. Bisognerà poi prevedere azioni che aiutino l’orientamento, etichettando luoghi, oggetti, cassetti, mobili, contenitori, usando immagini, foto e sequenze per rendere più chiari i concetti di “Dove”, “Cosa”, ”Come”, “Con Chi”, “Quando”.

La scuola, infine, dovrà progettare determinate attività in modo da favorire l’incremento delle autonomie personali. Ad esempio, una sequenza di immagini può guidare l’alunno a portare avanti un compito che prevede più passaggi. Noi insegnanti siamo le persone più adatte a osservare e a predisporre un ambiente facilitante. Ogni occasione di vita scolastica quotidiana deve diventare un momento per favorire la comunicazione intenzionale, promuovere la capacità di operare scelte e di intervenire sul contesto. Gli insegnanti devono conoscere il funzionamento del loro alunno autistico, che può presentare un’ipersensibilità o un’iposensibilità a suoni, sensazioni tattili, sapori, odori, luci o colori, e per il quale può bastare un cambiamento impercettibile per noi, non autistici, per disorientarsi e manifestare comportamenti problema, che comunque hanno sempre un significato comunicativo.

Gli interventi più funzionali sono di tipo educativo/comportamentale in ambiente strutturato adattato alle difficoltà specifiche dell’autismo. Niente può essere lasciato al caso, la programmazione deve essere minuziosa, basandosi sull’individualità di quel determinato alunno e sulle sue abilità acquisite ed emergenti.
Si devono prevedere inserimenti dosati nelle classi, graduati e programmati dagli insegnanti che individuano e strutturano i momenti per l’accoglienza del bambino, in modo da prevenire il più possibile la comparsa di crisi aggressive dovute alla frustrazione e all’incapacità di tollerare tempi di lavoro troppo prolungati e di non capire le richieste che gli vengono rivolte. Attraverso l’incontro con i compagni a sviluppo tipico, che saranno preparati allo scopo, il bambino con autismo sviluppa le abilità sociali che, di fatto, non ha. I compagni diventano una risorsa preziosa, quando sono preparati all’incontro con la diversità, alla comprensione delle stereotipie e delle ecolalie prodotte, alla scoperta delle potenzialità dei compagni autistici, che diventano amici speciali e desiderati. Così gli alunni a sviluppo tipico diventano collaboratori utili ed efficaci nella gestione delle attività di inclusione.

Nell’Istituto comprensivo Gandhi, dove lavoro, è attivo il progetto “Una Scuola per tutti”, condiviso con il Comune e la Asl di Prato, che si occupa dell’accoglienza di alunni nello spettro autistico e con disabilità intellettiva severa. Il principio guida di questo progetto è quello della scuola per tutti ma secondo ciascuno, e dell’uguaglianza nel rispetto delle diversità. L’obiettivo principale è l’inclusione. Gli alunni partecipano indistintamente alle attività della scuola primaria e secondaria di primo grado coinvolte nel progetto, secondo le loro reali possibilità. Negli anni abbiamo verificato personalmente che, un team formato da specializzati docenti, docenti curricolari e operatori formati sull’autismo e sul trattamento dei comportamenti-problema lavora meglio, evitando situazioni di burn out e superando il binomio “alunno certificato-insegnante di sostegno”.

Il nostro progetto funziona perché si è creato un gruppo stabile di insegnanti di ruolo specializzati e formati sull’autismo, che garantiscono la continuità e la stabilità delle metodologie da trasmettere ai colleghi precari che si alternano ogni anno sulle cattedre. È la scuola che si deve adattare all’alunno autistico e non viceversa; adottando queste tipologie d’intervento può portare un miglioramento sostanziale nella vita di tutti gli alunni autistici e delle loro famiglie. Sulla porta della nostra scuola ho attaccato un cartello con scritto: “Anything is possible”. La prima cosa che si deve fare è credere in una scuola inclusiva e di tutti, anche di questi alunni veramente speciali.

Link:

Istituto comprensivo Gandhi di Prato

Centro Territoriale di Supporto (Prato)

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Immagine in testata dell‘Istituto comprensivo Santa Chiara (Brindisi)

Stefania Vannucchi, Elisa Di Campi e Roberta Facondini

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