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La selezione c’è ancora e inizia alla scuola media

Pubblicato il: 10/06/2011 14:22:00 -


Può ancora funzionare con gli adolescenti di oggi questa scuola media, con le sue classi e cattedre, i suoi orari e curricolo ampio? Perché non riesce a motivare allo studio? Perché perde per strada i più deboli?
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È passata eccessivamente sotto silenzio l’indagine sulle “ragioni del ritardo scolastico degli studenti di scuola media” condotta dalla Fondazione Agnelli e dal Dipartimento di Sanità Pubblica e Microbiologia dell’Università di Torino. I dati trattati sono stati desunti dall’indagine HBSC, un progetto che, sotto il patrocinio dell’OMS, ha coinvolto 43 Paesi. Per l’Italia i dati implementati riguardano il 2001-2, il 2005-6, il 2009-10 con un campione di 44.490 studenti di classe prima e terza media.

I risultati mettono in evidenza che uno studente con percorso irregolare è in media: maschio, con un background socioeconomico e culturale svantaggiato e spesso straniero. In particolare il capitale culturale familiare gioca un ruolo fondamentale: “chi ha genitori con al massimo la licenza media ha possibilità tripla di essere in ritardo in prima e quadrupla in terza media”.

Drammatica la condizione dei ragazzi “stranieri”; persino i ragazzi di seconda generazione (nati cioè in Italia) hanno 3,5 volte in più la possibilità di perdere uno o più anni. I ragazzi di prima generazione hanno in media 18 probabilità in più di essere in ritardo in prima e 19 in terza media.

Pertanto l’integrazione assicura l’accesso ma non è in grado di assicurare il successo formativo di questi ragazzi. E le dinamiche del fallimento sono tutte nell’organizzazione didattica che non riesce a trovare i percorsi flessibili per raggiungere esiti postivi, malgrado il fatto che i ragazzi stranieri siano molto più motivati dei compagni italiani alla frequenza scolastica e alle attese per il futuro.

L’indagine chiarisce inoltre alcuni fattori di rischio che lasciano riflettere: chi consuma alcool almeno una volta al mese ha una probabilità del 50% in più di accumulare ritardi; la probabilità è di 4 volte superiore per chi fuma regolarmente; un fattore di rischio sembra anche il tempo speso ai videogame. Si tratta, come si vede, di fenomeni legati agli stili di vita dei giovani sui quali evidentemente la scuola media non riesce a incidere. Insomma i ragazzi sono cambiati sotto i nostri occhi ma noi non lo vediamo o ne scorgiamo solo alcuni effetti (alcool, fumo ecc).

Il fenomeno della selezione si presenta sostanzialmente omogeneo su tutto il territorio nazionale a conferma che la crisi è di sistema e non è legata particolarmente ai contesti territoriali. Balza invece agli occhi l’attenuazione in alcune regioni meridionali (Campania, Puglia, Basilicata, Calabria) della selezione.

In sintesi, conclude la ricerca, è nella scuola media che inizia ad accentuarsi la selettività del sistema scolastico. Selettività, non dimentichiamolo, che nella ricerca è identificata con la bocciatura la cui valenza, se esiste, non è mai messa in discussione. È solo registrata. Ma la selezione, lo sappiamo benissimo, non si ferma alla bocciatura e va ben oltre per poi andare a determinare quel drammatico fenomeno della dispersione nel biennio del ciclo superiore che tocca il 25% dei nostri ragazzi. Come è solo registrato il progressivo crescere del divario tra gruppi sociali diversi.

La ricerca conclude con due note molto pesanti:
• l’attuale scuola media non adempie alla sua funzione istituzionale di garantire pari opportunità di apprendimento per tutti
• il “fallimento” investe direttamente l’organizzazione e le pratiche didattiche

Come si vede una analisi impietosa e fredda di ciò che sta accadendo sotto i nostri occhi. Molto ci sarebbe da riflettere su quel “fallimento” organizzativo e didattico appena accennato che indubbiamente ha una relazione netta con i tagli operati in questi anni ma non si identifica solo con i tagli. La domanda è: può ancora funzionare con gli adolescenti di oggi questa scuola media, con le sue classi e cattedre, i suoi orari e curricolo ampio? Perché non riesce a motivare allo studio? Perché perde per strada i più deboli?

La ricerca non risponde e non poteva rispondere a queste domande; esse però interrogano tutti: insegnanti, genitori, decisori politici, sindacati, partiti e associazioni.

Prima o poi bisognerà iniziare a dare risposte concrete.

Dario Missaglia

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