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Obiettivo 2020: il 90% degli studenti con il diploma

Pubblicato il: 22/12/2014 17:50:05 -


Quali possono essere le strategie per contrastare la dispersione scolastica? le azioni concrete da mettere in campo.
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Finalmente, nel nostro Paese, sul terreno delle strategie d’intervento per contrastare il fenomeno della dispersione scolastica qualcosa di concreto si sta muovendo. Dal 2012 sono tre gli interventi governativi che meritano di essere evidenziati:
1) il primo riguarda lo stanziamento di quindici milioni di euro investiti per l’anno scolastico 2014/15, con il Decreto legislativo n. 104 del 2013 rivolto alle reti di scuole per finanziare progetti finalizzati a contrastare la dispersione scolastica. Da questi progetti ora ci attendiamo che gli Uffici Scolastici Regionali attuino un attento monitoraggio per verificare l’impatto che hanno avuto nel ridurre la dispersione;
2) il secondo elemento da evidenziare è lo spazio significativo che nel documento della “Buona Scuola” viene dato alla problematica della lotta alla dispersione, assunta come un obiettivo prioritario dell’azione del Governo;
3) il terzo intervento, in ordine di tempo, riguarda l’indagine conoscitiva, sul fenomeno della dispersione, predisposto dalla VII Commissione Cultura e Istruzione del Parlamento, presentata ufficialmente alla fine del mese di novembre.
Questi tre passaggi sono importanti, dimostrano che si vuole affrontare concretamente la questione della dispersione scolastica.

Si è finalmente preso atto che se vogliamo far crescere il Paese, da un punto di vista sia sociale che economico e culturale, è necessario azzerare, come ci chiede l’Europa, l’abbandono scolastico che riguarda il 17% dei giovani (i cosiddetti early school leavers compresi nell’età che va dai 14 ai 24 anni); giovani in possesso della sola licenza media, non inseriti nel sistema d’istruzione e formazione, né occupati in attività lavorative.

Se si osserva, però, più attentamente non solo l’abbandono, ma il fenomeno della dispersione nel primo biennio della secondaria di secondo grado (nell’età compresa tra i 14 e i 16 anni), intesa come bocciature, ripetenze, numero di assenze nell’arco dell’anno e frequenza irregolare, la percentuale arriva in molte realtà del Paese oltre il 30%. Tale dispersione riguarda soprattutto le fasce più deboli socialmente e culturalmente, in particolare il tasso più alto si registra tra gli alunni stranieri immigrati, non solo di prima generazione, ma anche di seconda generazione. Se a questo dato aggiungiamo che il numero dei diplomati regolari nell’arco dei cinque anni della secondaria superiore è mediamente del 65%, si può capire che il fenomeno richiede una seria strategia di intervento.

Ora che il quadro diagnostico è chiaro e i dati sono evidenti è fondamentale concentrare l’attenzione su cosa fare e soprattutto su quali risorse mettere in campo. I tempi che abbiamo di fronte da qui al 2020, per abbattere l’abbandono di sette punti percentuale come ci chiede la UE, sono brevi: si tratta di soli 60 mesi.
Ci si chiede allora dov’è prioritario intervenire?
E con quali proposte? Dai dati risulta evidente che l’area dove si deve intervenire prioritariamente è il segmento che va dagli 11-12 anni ai 16 anni. Il focus va messo in questa fascia che segna il passaggio dalla pre-adolescenza all’adolescenza. L’obiettivo è quello di azzerare, nel primo biennio, entro i 16 anni, la dispersione, rendendo effettivo l’innalzamento dell’obbligo d’istruzione e garantendo così che oltre il 90% si diplomi entro i 19 anni.

Questo è un obiettivo credibile?
È credibile se si assume, come emerge dall’indagine parlamentare, la dispersione come un fenomeno complesso che va affrontato, da un lato, con una strategia non fatta da interventi “mordi e fuggi” ma basata su un approccio sistemico, coordinato e incentrato su precise priorità; e dall’altro lato richiede una serie di interventi di politica scolastica, attuabili per via amministrativa, per rimuovere alcuni ostacoli strutturali. Il problema della dispersione, non si risolve se non prendiamo atto che una larga parte di essa è prodotta dallo stesso sistema scolastico.

Su quali aspetti agire?
Per prima cosa è necessario tradurre concretamente l’obbligo d’istruzione a 16 anni, in un obbligo al successo formativo di tutti gli studenti, rendendo effettivo il passaggio dalla secondaria di primo grado al primo biennio della secondaria. In che modo? Sono tre gli interventi:
a) abolendo l’esame di licenza media, in prima istanza in forma sperimentale, portando la terminalità dell’obbligo di istruzione a 16 anni con un’autentica certificazione delle competenze;
b) spostare la fase orientativa nel primo biennio della secondaria dando la possibilità allo studente di passare da un indirizzo all’altro senza penalizzazioni;
c) puntare su un riallineamento delle discipline dell’area generale dell’istruzione, riferiti allo zoccolo dei saperi di base, del primo biennio che sia realmente equivalente sul piano dell’acquisizione delle competenze di cittadinanza.
Questi interventi, come si può osservare, sono tutti praticabili per via amministrativa però non sono sufficienti se non si fa crescere nella scuola e negli insegnanti una cultura pedagogica-professionale rivolta al successo formativo.
In questa cultura pedagogica riferita all’obbligo scolastico va eliminato dal lessico il verbo “bocciare”. Nella scuola pubblica di Stato, come indicato dalla Costituzione, si devono mettere in campo tutte le strategie per eliminare gli ostacoli che impediscono agli studenti di raggiungere il successo formativo.

Non si può però chiedere agli insegnanti un cambiamento così radicale senza investire in una seria e qualificata politica sulla formazione.
Per questo è necessario investire sulla formazione che deve essere intesa come ricerca didattica, incentrata sull’acquisizione di competenze di progettazione didattica e di metodologie attive che puntino a rendere lo studente attivo e partecipe del proprio apprendimento; serve, per abbattere la dispersione, una professionalità dei docenti attenta alla qualità degli ambienti di apprendimento, capace di valorizzare tutte le competenze sia formali sia non formali e informali acquisite fuori dalla scuola.

La sfida di abbattere la dispersione scolastica si potrà vincere dando centralità alla scuola e se si riuscirà a valorizzare, nella funzione degli insegnanti, oltre che la dimensione didattico-trasmissiva la dimensione sociale finalizzata alla promozione al successo formativo dello studente.

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Immagine in testata di Scuola di vita/Corriere della sera

Walter Moro

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