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L’unico, autentico liceo del Made in Italy

Pubblicato il: 28/06/2023 06:08:12 -


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C’è una certa discussione che si è sviluppata sul Liceo del Made in Italy e, sempre più assorbito dall’operare nella scuola piuttosto che dal parlare della scuola, cerco, con queste poche e ginestrali righe, di esprimere il mio punto di vista.  

Il Liceo del Made in Italy, in realtà, in Italia già c’era. Fatto in Italia, e specificità assoluta della creatività e dello spirito italiano e mediterraneo, questo era il liceo classico. Cosa avremmo avuto di meglio da esportare nel mondo (il Made in Italy implica questo brutto concetto dell’esportazione) rispetto agli studi classici? Il latino, il greco e la filosofia. Un unicum, quest’ultimo insegnamento, della scuola superiore italiana al mondo.

Il governo Meloni, invece, ha pensato bene di fare l’ennesima operazione mediatica sulla scuola e aprire un’ulteriore porta alla completa omologazione dei saperi. Lontana in realtà dal sovranismo e, invece, in linea con l’imperante populismo didattico che sta travolgendo la scuola italiana.

Sennonché il problema è che tutto questo avviene anche a sinistra.

Non mi rifarò a Gentile. Non è politicamente corretto, per uno (apolide) di sinistra come il sottoscritto, dire di continuare a pensare – con Gentile – che «scuola è lì dove una mente che insegna e una che apprende si uniscono in una mente che conosce».

Oggi a sinistra imperversa un certo donmilanismo metropolitano che, sfigurando la stessa eccezionalità etica e didattica dell’opera di Don Milani, è la cifra pedagogica delle conventicole, così le chiamava Castellitto nel film di Paolo Virzì Caterina va in città, dentro cui si vede gente e si fanno cose per la scuola. In realtà, si fanno cose più per se stessi, nella lusinga di genitori dimissionari, committenze di case editrici, subiti acquisti di cattedre universitarie e rendite di posizione nelle stesse scuole, fra le «magnifiche e progressive» delle facoltà di una pedagogia senza paideia. Così che, insieme al liceo classico, ci sono, boccheggianti, di fronte alle facoltà delle cosiddette scienze della formazione, le facoltà di filosofia. Per cui cifra culturale complessiva per cui ci si consenta di mutuare, fra l’inglese e l’italiano, il titolo di una vecchia hit degli anni Ottanta: Magistero Killed Filosofia Star.

Dimenticato e bandito più di quanto non lo siano i vecchi Buggles, Gentile non si può citare, dunque. Ma la conventicola del donmilanismo metropolitano mal tollererebbe anche Gramsci. Lì dove – nei Quadreni dal carcere – questo giovane sardo con il morbo di Pott e senza nemmeno un PDP scriveva: «Occorre persuadere molta gente che anche lo studio è un mestiere, e molto faticoso, con un suo speciale tirocinio, oltre che intellettuale, anche muscolare-nervoso: è un processo di adattamento, è un abito acquisito con lo sforzo, la noia e anche la sofferenza». Quali studi, fra le avversità familiari di ordine economico, abbia fatto Gramsci come un mestiere, lo si ricordi. Quelli dell’unico e autentico liceo del Made in Italy, gli studi della licenza ginnasiale e del liceo classico.

Liceo classico ormai, (allo stesso modo dei più importanti asset di Stato della produzione materiale), in dismissione. Salvo attendere che il Presidente del Consiglio possa assicurarsi che duri per mandarci, probabilmente e giustamente, la sua prole. Noi vi diciamo cos’è la famiglia tradizionale, ma poi fatela voi! Così pure avverrà con il liceo del Made in Italy. Noi, fra un calice e l’altro dei rampolli dell’altissima borghesia di Vinitaly, vi diciamo qual è il liceo del futuro, ma poi andateci voi. Questo è il vero classismo!

Un discorso che in fondo vale anche per i pedagogisti vaticinanti della conventicola del donmilanismo metropolitano. Questa gente, nel pratico, s’intende più di quanto, a parole, non si detesti. Lo si guardi, ancora una volta, nel benemerito Caterina va in città di Virzì.

E allora, per chiudere sul Liceo del Made in Italy, lo diremo con le parole della Meloni, il «legame profondo che esiste tra la nostra cultura e la nostra identità» per una coltura dei terreni dello spirito (sempre più abbandonati) è con lo studio del greco, del latino e della filosofia. Uno studio rispetto a cui «occorre persuadere molta gente [a partire dai propri figli e da se stessi] che anche lo studio è un mestiere, e molto faticoso, con un suo speciale tirocinio, oltre che intellettuale, anche muscolare-nervoso: è un processo di adattamento, è un abito acquisito con lo sforzo, la noia e anche la sofferenza». Il resto, fra Made in Italy e Trade in Italy, è populismo didattico per una scuola da bere.

Giuseppe Cappello Docente di filosofia e storia al Liceo Augusto Righi di Roma, Mario Fierli della redazione di Education2.0

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