L’educazione dimenticata: il declino della scuola nel Sud Italia
Un urlo riecheggia nella classe, seguito da una risata fragorosa. Nel corridoio, il suono si infrange contro pareti avvilite, testimoni silenziose di un degrado che nessuno sembra voler affrontare. La docente stringe il bavero del suo cappotto azzurro e continua a camminare. Non accelera, non rallenta. Va avanti, come ogni giorno. Nulla la sorprende più.
Il volto della scuola nel Meridione
Le scuole delle periferie siciliane e di molte altre zone del Sud sono il terreno di una lotta quotidiana. La dispersione scolastica non è solo un numero nei report statistici, ma una realtà tangibile che si tocca con mano. Secondo il Rapporto Censis 2024, mentre il tasso nazionale di abbandono scolastico è al 10,5%, in Sicilia supera il 25%. Un dato allarmante che segna un solco profondo tra Nord e Sud. La realtà delle scuole di provincia riflette, nella maggior parte dei casi, questa crisi aggravata da condizioni economiche difficili, dall’indifferenza istituzionale e da un tessuto sociale impoverito non solo economicamente, ma anche culturalmente. Le infrastrutture scolastiche rappresentano un altro nodo cruciale: il 45% degli edifici siciliani necessita di manutenzione straordinaria. Scuole con pareti scrostate, palestre inutilizzabili, mense assenti: tutto ciò trasforma l’istruzione in un percorso ad ostacoli. Il bando regionale 2024 ha previsto fondi per migliorare gli edifici scolastici, ma saranno davvero sufficienti a ridurre il divario? In molte scuole del Sud, oltre il 30% delle aule non è adeguatamente riscaldato in inverno, mentre il 40% degli edifici non è dotato di sistemi di sicurezza idonei, aumentando il rischio per studenti e docenti.
Studenti disillusi, docenti abbandonati
Questa crisi strutturale e sociale si riflette nei ragazzi. Al termine della scuola primaria, il 24,5% degli studenti siciliani non raggiunge i livelli minimi di apprendimento in italiano. La percentuale cresce drammaticamente alle superiori, con picchi dell’80% negli istituti professionali. In matematica, la situazione è ancora più grave: quasi la metà degli studenti non possiede competenze di base. Secondo l’INVALSI 2024, oltre il 50% degli studenti del Sud ottiene risultati inferiori alla media nazionale nelle prove di comprensione del testo e risoluzione di problemi matematici, evidenziando un divario formativo significativo. Gli insegnanti, spesso lasciati soli, devono affrontare classi difficili senza strumenti adeguati. Maria, docente di lettere, racconta: “Pensavo che insegnare significasse trasmettere conoscenze. Ora mi rendo conto che dobbiamo essere psicologi, assistenti sociali, educatori, senza una preparazione specifica”. Il Ministero dell’Istruzione e del Merito, nel suo “Focus sulla dispersione scolastica”, analizza nel dettaglio il fenomeno dell’abbandono scolastico, ma non fornisce dati specifici sulla percezione che gli insegnanti hanno della propria preparazione. Allo stesso modo, il Garante dell’Infanzia, attraverso un’analisi multifattoriale, evidenzia come la dispersione scolastica sia legata a competenze inadeguate in diverse materie, sottolineando la necessità di una formazione più mirata per gli insegnanti.
Un appello al futuro
Cosa accadrebbe se, un giorno, quel cappotto azzurro non fosse più sulle spalle di un’insegnante disposta a lottare? Se nessuno volesse più entrare in quelle aule per insegnare? La scuola del Sud sta scivolando verso un punto di non ritorno. Servono investimenti concreti, sostegno agli insegnanti, attenzione alla formazione e al benessere degli studenti. Solo così si potrà evitare che l’istruzione diventi un contenitore vuoto, soffocato dal rumore dell’indifferenza. In alcune aree, la provincia italiana rappresenta un’opportunità di crescita territoriale. Laddove esiste un tessuto sociale che crede nella scuola e valorizza il lavoro degli insegnanti, è possibile costruire modelli educativi virtuosi, capaci di contrastare il declino e rilanciare il territorio attraverso un’istruzione di qualità.
Da chi dipende tutto questo? Dagli insegnanti che scelgono di restare e lottare per cambiare le cose? Oppure dalle istituzioni, che devono smettere di distogliere lo sguardo?
Esperienze virtuose sono quelle delle “Scuole Aperte”, che in alcune regioni del Sud aprono le scuole oltre l’orario scolastico per attività extracurriculari, tutoraggi e supporto educativo, dimostrando che, con un adeguato sostegno economico e il coinvolgimento della comunità locale, sia possibile contrastare la dispersione scolastica e offrire agli studenti un ambiente più stimolante e inclusivo. Alcune iniziative quali ad esempio, il progetto Scuola Viva in Campania con attività educative e ricreative pomeridiane per studenti a rischio di abbandono o in Puglia, tramite iniziative in collaborazione con enti locali, che hanno permesso di garantire spazi di apprendimento anche nei mesi estivi, e ancora in Sicilia, dove l’Ufficio Scolastico Regionale ha promosso progetti mirati a prevenire la dispersione scolastica, incentivando nei giovani le capacità comunicative e relazionali attraverso attività educative strutturate, dimostrano come, con un adeguato sostegno e il coinvolgimento della comunità locale, sia possibile ottenere risultati concreti e migliorare l’offerta formativa per contrastare l’abbandono scolastico. La necessità, tuttavia, di un monitoraggio sistematico e di una valutazione dei risultati rimane cruciale per garantire l’efficacia di tali interventi nel lungo periodo. Questo aspetto evidenzia uno dei problemi annosi della scuola italiana: la mancanza di un reale collegamento tra le iniziative proposte e i loro esiti concreti. Progetti ben finanziati e avviati con buone intenzioni spesso non vengono adeguatamente analizzati nei loro risultati, impedendo una vera comprensione dell’impatto e la possibilità di miglioramenti mirati. A questo si aggiunge la continua mobilità dei dirigenti, che rende difficile garantire continuità nei progetti educativi e la scarsa valorizzazione degli operatori scolastici. Troppo spesso, il personale scolastico si trova a svolgere molteplici funzioni senza un adeguato riconoscimento delle competenze acquisite, che contribue a un sistema che fatica a garantire qualità e stabilità.
Sebastiana Fisicaro Già dirigente tecnico. Formatrice per Invalsi e Indire. Coordinatrice Rete SOPHIA 3.0.