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La didattica a distanza nell’Istituto Statale Italiano I.M.I. di Istanbul: tre questionari per una valutazione

Pubblicato il: 24/06/2020 03:24:39 -


Lo scolaro. Io non riguarderò a fatiche di alcuna sorta; ma vorrei pur anche godere alcun poco di libertà, e rallentare alquanto lo spirito ne’ bei dì delle feste de la state. W. Goethe, Faust
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Il 13 marzo 2020, un giovedì, il Ministero dell’Educazione turco  ha annunciato, cogliendo tutti di sorpresa – a distanza di pochissimi giorni dalla notizia che si sarebbero dovute sospendere le sole attività extracurricolari – la sospensione della didattica in presenza a partire da lunedì 17 marzo.

La nostra è una delle otto scuole statali italiane all’estero, esiste dal 1888 e ha un ruolo importante nel rappresentare l’Italia, la sua cultura e la sua lingua. In Turchia l’istruzione privata è superiore a quella pubblica in quanto a standard di qualità, e le scuole private straniere sono preferite a quelle turche[1]. C’era dunque, oltre agli interessi degli studenti, uno status da difendere, una prova di reattività e di efficienza che non dovevamo fallire.

Presi alla sprovvista, abbiamo dovuto decidere il giorno successivo, in quello che sarebbe stato l’ultimo Collegio dell’anno in presenza, quando iniziare, cosa fare, come comunicarlo a tutti gli interessati.  Era evidente che quello principale era un problema di coordinamento e di comunicazione. Il rischio del fai-da-te ci esponeva al caos organizzativo, che si sarebbe sommato allo spaesamento che da lì a poco le famiglie avrebbero dovuto affrontare. Il Collegio ha dovuto decidere, in meno di due ore, come impostare la Didattica a Distanza (d’ora in poi DaD), con quali strategie didattiche, organizzative e comunicative, e gli strumenti tecnologici per farlo.

Benché per tutte le altre scuole turche il MEB avesse stabilito che la settimana seguente sarebbe stata di vacanza – un anticipo della pausa infraquadrimestrale programmata in aprile – la nostra scuola ha deciso di iniziare fin dal lunedì successivo. Un atto di responsabilità – e di correttezza, in quanto la nostra pausa era stata già utilizzata in anticipo per le vacanze natalizie – che ci esponeva a un debutto avventuroso. Da parte mia, credo che sia stata una scelta coraggiosa e vincente, perché la prima settimana è servita a molti per imparare, in pochi giorni, quello che non avevano mai sperimentato in anni di docenza.

Una decisione fondamentale riguardava il tempo da dedicare alla DaD e, all’interno del tempo previsto, a quale tipo di attività e con quali canali. Per la seconda e la terza questione, ecco lo stralcio della delibera, una scelta volutamente aperta, per mettere tutti in grado di iniziare:

«I docenti possono intraprendere le seguenti azioni:

  1. Inviare indicazioni per lo studio individuale tramite posta elettronica;
  2. Inviare materiali tramite posta elettronica;
  3. Assegnare elaborati e compiti (scritti o orali);
  4. Usare piattaforme didattiche (Google Classroom, Edmodo, ecc.);
  5. Utilizzare materiali digitali messi a disposizione dalle case editrici, eventualmente acquistando le licenze);
  6. Usare repertori audiovisivi in rete (RaiScuola, YouTube, ecc.);
  7. Caricare lezioni video su portali e piattaforme (YouTube, Facebook, ecc.);
  8. Collegarsi con la classe o con gruppi (meeting e sportello didattico).

La questione più delicata da affrontare tuttavia, riguardava il tempo scuola. Ero reduce da letture frettolose e frammentarie[2], per lo più interventi sui social nei primi tempi della DaD in Italia (iniziata già dal 5 marzo), ma più di tutti mi aveva convinto l’articolo di Benedetto Vertecchi pubblicato il 7 marzo su Academia.edu Se la scuola è chiusa…, due sole pagine in cui l’autore mette in guardia dalla tentazione di estendere alla DaD, per analogia, «i modelli didattici interiorizzati attraverso l’abitudine». Meglio approfittare dell’emergenza per far svolgere agli studenti attività in grado di «sviluppare e consolidare le abilità attraverso le quali lo studio conferisce autonomia di pensiero e di azione»: accrescere il vocabolario, migliorare la comprensione dei testi scritti, le capacità di lettura e scrittura (anche manuale), fruire di oggetti culturali come poesie, canzoni, monumenti, opere d’arte, strumenti per le attività artigiane (!).

Ho dovuto improvvisare una proposta che fosse capace di contemperare le differenti attese di studenti, genitori e insegnanti, e già nell’accomiatare gli studenti nel discorso di chiusura organizzato all’improvviso nel cortile della scuola ho preso l’iniziativa di affermare «non vi terremo quaranta ore alla settimana davanti al pc»[3].

Il risultato è stato un compromesso: dimezzare le ore in calendario, riducendo del 50% l’impegno degli studenti con ciascun insegnante. Non necessariamente poi ciascuna ora corrisponde a un meeting online, come si è visto sopra.

Per continuare a leggere l’articolo completo clicca qui

 

_____________________________

[1] La scelta della scuola secondaria di secondo grado avviene in base ad un test high-stakes (LGS, Liseye Geçis S?nav?, Esame di accesso al liceo) che gli studenti devono affrontare al termine dell’ottavo anno, corrispondente all’ultimo della nostra scuola media. Le recenti edizioni dell’esame hanno assegnato 500 punti in una batteria di item a scelta multipla comprendente varie discipline. Le scuole private straniere di Istanbul (una americana, una tedesca, una austriaca, sei francesi e due italiane – la nostra e il liceo paritario delle Suore d’Ivrea G. Galilei) reclutano i propri studenti nelle fasce di punteggio più alte. Nel 2019 la nostra scuola ha iscritto 84 studenti, e la posizione dello studente con il punteggio corrispondente alla mediana (435 punti su 500) si collocava nel sesto percentile superiore, vale a dire tra i primi 60.000 su un milione (che rappresenta all’incirca la coorte annuale di studenti che si iscrivono al liceo in Turchia). Il Robert College, americano, il liceo più prestigioso della Turchia, nel 2019 ha iscritto il suo ‘peggiore’ studente (489 punti su 500) prelevandolo dalla fascia corrispondente allo 0,37 percentile superiore, cioè comunque tra i primi quattromila studenti su un milione.

Cfr. https://www.puanlar.net/yabanci-ozel-liselerin-taban-puanlari-yuzdelik-dilimleri/

 

[2] Va detto che due anni prima la scuola aveva ospitato un incontro di formazione sulla flipped classroom, tenuto dal prof. Maglioni, uno dei fondatori di Flipnet (https://flipnet.it/cose-la-classe-capovolta/).

[3] L’orario settimanale nei licei stranieri turchi è di 40 lezioni di 40 minuti, nel nostro liceo la lezione dura 50 minuti.

Massimo Di Segni Dirigente Scolastico Istituto Statale Italiano di Istanbul

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