Il nuovo Esame di Stato – di A. M. Allega
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Un’esperienza al Professionale.
Alla domanda: “come hai vissuto l’apertura della busta?”, i ragazzi hanno risposto:
“Ci sono dei pro e dei contro”, “Male, per la casualità del contenuto della busta”.
Un 20% per la prima risposta e un 80% per la seconda.
Nel primo caso, il pro è consistito nel rilevare la sorpresa come un punto di forza, cioè, ‘interessante mettersi alla prova’. Poi abbiamo scoperto che chi si esprimeva in questo modo era chi aveva avuto un corso di studi povero, molto povero. Il contro, invece, è dovuto al fatto che non avevano avuto la possibilità di prepararsi sul tema in anticipo. Per cui, anche chi si sarebbe potuto presentare in modo più convincente sul tema (ricordiamo, scelto a caso), si è trovato in difficoltà (e ricordiamo pure che nel precedente Esame era il candidato a scegliere il tema della sua tesina). Nel secondo caso, la casualità dei contenuti delle buste ha generato disagio e tensioni, semplicemente per il fatto che poteva trattarsi di temi non esattamente vicini alla propria preparazione.
La Commissione non ha avuto difficoltà a definire i contenuti delle buste perché nei documenti di classe erano stati indicati i ‘nodi tematici’ trattati dal Consiglio di Classe nel corso degli studi.
Ora, alcune riflessioni sui risultati e sulla condizione del professionale.
Entrambi le classi hanno avuto l’82% dei ragazzi tra il 60 e il 79, il 14% dei ragazzi con una valutazione da 80 a 90, due ragazzi con 100 centesimi. Un livellamento verso il basso. Nessun caso estremo da bocciatura. Nella maggior parte dei casi si è constatata una dissociazione tra la preparazione disciplinare e quella pratica (si pratica, non professionale). La capacità operativa e le abilità professionali, attraverso una buona organizzazione dell’alternanza scuola lavoro, sono state costruite su una concezione della preparazione ‘non interdisciplinare’, ma decisamente orientata piuttosto alla “qualifica” che a un vero e proprio diploma. Un buon livello di preparazione ‘pratica’, ma una carente consapevolezza dell’importanza delle discipline ‘teoriche’ nella crescita dei propri livelli tecnico professionali. Il livellamento verso il basso è stato principalmente un livellamento del diploma sulla qualifica professionale. Per dirla in termini ‘antichi’, oserei sostenere che la preparazione dei ragazzi è stata principalmente la preparazione ad un “mestiere” piuttosto che a un diploma, cioè ad una professione.
Non meraviglia questo calo. La società non offre molto ai nostri ragazzi e la scuola tradizionale, nella quale le discipline continuano ad essere considerate come compartimenti stagni e gestite da professionisti che non si parlano, crea molte difficoltà ad una crescita professionale medio-alta. I ragazzi hanno dato la loro possibile massima prestazione, provenendo da condizioni socio-economiche molto difficili.
Esattamente questo è alla base delle criticità rilevate all’Esame di Stato di nuova concezione. Non si può chiedere a chi non ha mai fatto attività interdisciplinari di parlare dei legami della sua disciplina con tutte le altre. Vale per i ragazzi, vale per i docenti, vale per i dirigenti. La stessa difficoltà è stata certificata dai ragazzi, nonostante molti di loro fossero consapevoli dei vantaggi di un mondo nel quale le discipline si potessero parlare. Alcuni studenti hanno chiaramente manifestato il bisogno di questa nuova modalità con le correlazioni e il senso dei loro collegamenti ma hanno anche sottolineato che sarebbe opportuno farne oggetto di tutti gli anni di studio, riprogettando il curricolo. Tema di grande difficoltà per la forma mentis docente e dirigente.
E come hanno reagito i ragazzi (e i docenti) al fatto compiuto? Ebbene, una volta si diceva, “attacca l’asino dove vuole il padrone”. Gli studenti hanno organizzato una loro ufficiosa tesina “nascosta” e hanno collegato il contenuto della busta alla loro tesina ‘nascosta’. La constatazione peggiore è stata quella di osservare che in questo modo, gli studenti, e di conseguenza i docenti, hanno tendenzialmente riprodotto il vecchio Esame di Stato, con colloqui separati e quasi indipendenti per ogni singola disciplina. Non sempre è andata così, ma la tendenza è stata continua, nonostante la busta fosse un filo rosso da seguire.
Il caso più emblematico è quello di Cittadinanza e Costituzione. Invenzione dell’ultimo minuto per l’Esame di Stato. A parte le poche e rare scuole che hanno assurto a finalità educativa della scuola le attività sulla Legalità e la Costituzione, le altre hanno riciclato attività sporadiche in attività strategiche. I ragazzi sono stati molto onesti, come detta la schiettezza della loro età. C’è chi, invece, ovviamente tra i docenti sinceri, impegnati, ma spesso ingenui, ha ritenuto opportuno sostenere che nel corso dell’anno non è stato svolto nessun progetto specifico ma che comunque attività collaterali e pertinenti fossero le assemblee di classe (i vecchi collettivi). In questo senso tutte le scuole fanno da sempre attività su Cittadinanza e Costituzione. Insomma, si assiste a improvvisazioni molto creative con la ricerca di legami molto deboli, quasi inesistenti. Esattamente come chi, nel passato con la 107, ha considerato l’alternanza scuola lavoro come l’adozione di un monumento o, oggi con le PCTO, i Percorsi per le Competenze Trasversali e per l’Orientamento una efficace (!!!) alternativa alla collaborazione aziendale. Con una chiara nota polemica, vorrei far notare che il 50% degli studenti s’iscrive ai Licei (nel Lazio il 70%, con un primato tutto speciale) e che la quasi totalità di questi studenti dopo il Liceo (e vale a maggior ragione per i Tecnici e oi Professionali) cerca lavoro. Infatti, la quasi totalità dei diplomati non completa l’università che, per l’appunto, è conclusa da solamente l’11% dei diplomati. E, ricordiamolo, la nostra Repubblica democratica è fondata sul “lavoro”, del quale i ragazzi non conoscono il “valore”.
Arturo Marcello Allega