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Formazione obbligatoria? Parliamone

Pubblicato il: 27/05/2014 14:28:40 -


La formazione per gli insegnanti può essere obbligatoria? Le norme attualmente vigenti in merito contengono alcune lacune su cui è opportuno riflettere.
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Mettere in relazione il carattere di obbligatorietà della formazione – come recita l’art. 16 [1] della legge “Misure urgenti in materia di istruzione, università e ricerca” – con il tradizionale intendimento dell’organizzazione del lavoro del personale della scuola, basato sul testo del CCNL, significa alimentare una fonte di accesa discussione.

Ciò non deve però essere occasione d’impedimento per una riflessione condivisa, affinché possa individuarsi un’applicazione possibile (o meglio sostenibile) delle ragioni e delle idee che sono alla base della definizione di una disposizione normativa.

Il mantenimento di posizioni d’interpretazioni basate su un criterio “dogmatico”, a mio avviso, impedisce alle parti di attivare un percorso condiviso utile anche alla creazione di un nuovo sistema di relazioni sindacali, che solo in parte potrebbe essere interessato dalla stagione del rinnovo contrattuale, praticabile anche in questa fase di “fermo”.

È necessaria l’introduzione di elementi di flessibilità nel ragionamento interpretativo che potrà partire dalla ponderazione di due ordini di concetti. Il primo è connesso ai meccanismi propri della logica interpretativa, mentre il secondo si fonda su una riflessione basata su un criterio di effettività di matrice giuslavoristica.

Il primo ordine della riflessione riguarda i seguenti punti, di seguito sinteticamente rappresentati:
• la legge non ha bisogno di motivazioni;
• al momento del perfezionamento il testo normativo si distacca dal suo autore;
• la volontà del legislatore viene, per lo più, richiamata solo quando ci si intende discostare da una mera interpretazione letterale;
• le norme (e quindi la riconducibilità di una certa fattispecie in determinato campo di applicazione) sono il frutto di un’attività d’interpretazione della proposizione normativa. Il criterio scelto dall’interprete potrà evidenziare le soluzioni di antinomie, il ripianamento di lacune, l’elaborazione di norme inespresse, la concretizzazione e la ponderazione di principi.

La prima riflessione riguarda la costruzione di una cornice di significati riconducibili all’elemento “obbligatorio” rapportato all’espressione “attività di formazione e aggiornamento”.
La linea di ragionamento inizia con l’annotazione dell’obbligatorietà della formazione riferita direttamente ai contesti, oltre a quelli previsti da legge ordinaria, restituiti come voci di un elenco integrabile:
1. procedura di tipo concorsuale;
2. sistema di aggiornamento professionale.
Ambedue i contesti sono iscritti in un proprio sistema normativo di cui l’obbligo formativo è parte.
Nel primo caso la formazione si evidenzia come elemento del processo andando, spesso, a ricoprire il ruolo di uno dei presupposti necessari all’avanzamento della procedura.
Nel secondo caso costituisce un elemento fondante su cui poggia il mantenimento di un sistema professionale riconosciuto. L’avvocato, il medico, l’ingegnere (ma anche l’allenatore di basket nella sua specificità) sono obbligati a conseguire un predeterminato numero di crediti formativi entro un predeterminato arco di tempo.
Quest’ultimo caso è quello che potrebbe riferirsi alle ragioni che hanno mosso il legislatore a definire un tal obbligo nell’art. 16. Quest’assimilazione però evidenzia un punto di complessità. L’obbligo formativo per una professione riconosciuta è regolato dal proprio ordinamento specifico. Nel caso del personale della scuola manca il collegamento tra la norma particolare e una o più norme di contesto. Seguendo questo filo interpretativo saremmo in presenza di una “lacuna tecnica”.

Un’altra linea di ragionamento potrebbe riguardare le modalità in cui viene concretizzato tale obbligo. Senza tener conto di quanto detto poco prima, l’art. 16 stanzia 10 milioni di euro per una serie d’iniziative. Le ripartizioni delle somme, declinate secondo i singoli progetti formativi, riguardano un numero limitato di destinatari. Questa breve osservazione porta alla luce un’ulteriore lacuna tecnica che riguarda la mancanza di una regola applicativa per individuare il destinatario nella platea dei potenziali corsisti.

L’attenzione si sposta su come colmare le lacune evidenziate. Alla prima lacuna (quella del sistema complessivo) si connette il fatto che il “tema formazione” è stato fino a ora regolato da una norma contrattuale. Il blocco della stagione dei rinnovi contrattuali e, ancor di più, la riconduzione della “materia formazione” nelle prerogative datoriali escludenti il tavolo di corresponsabilizzazione con le organizzazioni sindacali (OO.SS.), porterebbe, “prima facie”, alla prosecuzione dell’unilateralità in stretta osservanza del D. Lgs. 150.
La seconda lacuna (quella riguardante l’individuazione dei criteri di attuazione delle iniziative) potrebbe rientrare negli ambiti praticabili dai tavoli decentrati di contrattazione, al momento disertati dalle OO.SS. del personale del Comparto scuola e dell’Area V.
Le letture “dogmatiche” dei fatti porterebbero all’inevitabile immobilità delle posizioni dei vari attori.

A questo punto appaiono opportune alcune considerazioni:
1. il richiamo della “obbligatorietà”, operato dalla legge 128/2013, ha provocato diffuse manifestazioni di dissenso;
2. le iniziative devono trovare la più tempestiva e condivisa attuazione;
3. le organizzazioni sindacali hanno la necessità di recuperare l’agibilità di spazi qualificati di partecipazione;
4. l’obbligo non può trovare attuazione per tutti i possibili destinatari di ogni singolo intervento formativo;
5. occorre garantire la più efficace utilizzazione delle risorse disponibili (questo potrebbe essere, tra l’altro, un’ulteriore condizione che contribuirebbe a “giustificare” l’introduzione dell’elemento di obbligatorietà, in quanto messo a garanzia dell’ingente finanziamento previsto dall’art. 16).

È lecito domandarsi quale strada sia da seguire per individuare una o più soluzioni possibili, tenendo conto che:
1. l’art. 16 attiva iniziative di formazione da ritenersi obbligatorie (come quelle degli artt. 437-440 del D. Lgs. 297/94 o dell’art. 37 del D. Lgs. 81/2008); non dice che tutta la formazione è obbligatoria;
2. quando si parla di “regolazione del sistema di formazione”, come elemento dell’ordinamento professionale, non si parla di formazione come misura di cui all’art. 5 comma 2 del D. Lgs. 165: (“… inerenti alla gestione del rapporto di lavoro…” prerogativa del “Potere di organizzazione”) quanto piuttosto di misura del primo comma dell’art. 40 (“La contrattazione collettiva determina i diritti e gli obblighi direttamente pertinenti al rapporto di lavoro …”).

Questa direzione interpretativa potrebbe aprire uno scenario nuovo la cui perseguibilità nasce dal frutto di una precisa volontà politica (mirata anche al superamento di uno stato di “impasse” e alla riduzione delle conflittualità esistenti), da una posizione di sostenibilità da parte dell’Amministrazione, da un’intenzione di recuperare lo spazio di potere contrattuale in materia di formazione (da tempo strozzato nella morsa del D. Lgs 150 e del blocco sostanziale dei rinnovi contrattuali) da parte delle OO.SS.

In questo quadro potrebbero essere sperimentati nuovi momenti di relazione sindacale, anche in assenza di un CCNL: è tale la centralità della materia, per il personale della scuola, da poterla considerare meritevole di un autonomo e strategico punto di contrattazione al più alto livello.

La comune condivisione di questo percorso potrebbe essere in grado di generare anche una temporanea soluzione decentrata a minore impatto formale (p.e. Intesa o Contratto integrativo, previo, in questo caso, un passaggio in sede di Dipartimento della Funzione pubblica circa la sua possibile sostenibilità), in modo da consentire l’avvio dei processi formativi previsti dall’art. 16, una volta condivisi i criteri e le modalità di accesso del personale alle opportunità offerte.

A questo punto, per le iniziative attivate, l’obbligo formativo potrà risultare come un elemento residuale legato alla sola frequenza dell’attività finanziata.

*
Note:
[1] Il riferimento è all’art. 16 del Decreto legge 12 settembre 2013, n. 104, (in Gazzetta Ufficiale – serie generale – n. 214 del 12 settembre 2013), coordinato con la legge di conversione 8 novembre 2013, n. 128 (nella stessa Gazzetta Ufficiale alla p. 1), recante: “Misure urgenti in materia di istruzione, università e ricerca”.

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Immagine in testata di FutUndBeidl / Flickr (licenza free to share)

Tonino Proietti

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