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DDL 2594 sul sostegno, luci e ombre

Pubblicato il: 06/06/2011 12:39:00 -


Sostegno in mano ai privati: chi saranno? come verranno selezionati? saranno garantiti i diritti sanciti dalla Costituzione, dalla legge italiana e dalle convenzioni internazionali? Le risposte sollevano numerosi dubbi. L’analisi di Lorenza Vettor.
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Il ddl 2594, d’iniziativa dei senatori Bevilacqua e Gentile e recante “Disposizioni per favorire il sostegno di alunni con disabilità” pone più interrogativi che soluzioni, presentando non poche lacune. La prima di esse attiene ai provvedimenti citati in Premessa: non si fa cenno né alla Convenzione ONU sui Diritti delle persone con disabilità, sottoscritta a New York il 13 dicembre 2006 e ratificata dall’Italia con legge 03-03-2009, n. 18 il cui articolo 24 detta principi importantissimi proprio in tema di “Istruzione”, né ad altri atti emanati sia prima sia dopo la fondamentale legge 104/92 (l’art. 22 legge 30-03-1971, n. 118, che con riguardo ai mutilati ed invalidi civili frequentanti la scuola dell’obbligo o i corsi di addestramento professionale finanziati dallo Stato, prevede provvedimenti per assicurarne l’effettiva frequenza, il Documento elaborato dalla Commissione Falcucci nel 1974 e pubblicato nel 1975 che rappresenta una vera pietra miliare e che, per le osservazioni e le proposte operative formulate, è attualissimo ancora oggi, gli artt. 2 e 7 della legge 04-08-1977, n. 517 che definitivamente consentono la frequenza, auspicando l’integrazione, degli alunni “handicappati” nella scuola comune, la “Classificazione internazionale del funzionamento, della disabilità e della salute”, OMS 2001, l’Intesa Stato-Regioni del 30-03-2008 e le Linee guida emanate dal MIUR nel 2009).

Sono appunto tutte queste disposizioni – ma anche molte altre, come subito dirò – a dirci che:
1) È lo Stato che deve farsi carico di assicurare anche agli alunni disabili una adeguata istruzione: il come è però materia rientrante nelle scelte di politica scolastica devolute al legislatore (cfr. art. 33, comma 2, Cost.), beninteso nel rispetto di tutte le normative emanate fino a oggi;
2) L’istruzione deve essere come per tutti gli altri “gratuita” almeno fino al compimento del relativo obbligo (si legga anche l’art. 34, comma 2, Cost.);
3) Proprio per questo – ma anche stante il dettato degli artt. 3 lett. B) e 5 della Convenzione ONU “Eguaglianza e non discriminazione” – si può a mio avviso dedurre che nessun onere di contribuzione per le attività di sostegno e in genere di supporto all’istruzione dei loro figli può essere addossato alle famiglie degli alunni con disabilità (sul punto, rinvio altresì all’art. 3, comma 1, Cost.).

Ma le lacune più evidenti e anche più importanti sono altre. Anzitutto, il ddl afferma, sempre in Premessa che poiché “l’inclusione degli alunni con disabilità deve ormai collocarsi nella nuova logica dell’autonomia scolastica” e che “per superare le carenze e le disfunzioni dovute al difficile coordinamento dei diversi servizi di enti locali e ASL che debbono sostenere gli interventi scolastici, va facendosi strada l’idea che siano le istituzioni scolastiche autonome a dover coordinare l’insieme dei diversi servizi”. E qui alcune riflessioni vanno fatte. Da un punto di vista strettamente educativo, credo che l’attribuzione alle scuole autonome e quindi – anche se il ddl non ne fa cenno – alle specifiche figure professionali di riferimento in esse operanti, del coordinamento dei “diversi servizi” predisposti a sostegno dell’integrazione degli alunni con disabilità sia doverosa: non ritengo infatti che né le ASL né gli EE.LL. posseggano tutte le competenze all’uopo necessarie (si potrebbe dire molto sulle conseguenze che l’eccessiva sanitarizzazione comporta sul sistema di integrazione scolastica; l’argomento è tuttavia troppo vasto per essere trattato in questa sede).

Ma il fatto che – come precisa il comma 2 dell’unico articolo di cui il ddl si compone – “L’attuazione delle disposizioni di cui al comma 1 non deve comportare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica” pone le scuole che vogliano definire “progetti, con la collaborazione di privati, per il sostegno di alunni con disabilità” in grave difficoltà, non disponendo esse in moltissimi casi delle necessarie risorse economiche. Se infatti è vero che l’autonomia attribuita dalla legge consente loro di fissare forme e modalità per reperire dette risorse, è pur vero che la politica scolastica del Governo sembra invece andare nella direzione opposta (è noto infatti che la quota del Pil che lo Stato italiano riserva all’istruzione è inferiore alla media europea). Ecco quindi un primo punto critico che i redattori del ddl non soltanto non tengono minimamente in considerazione, ma sul quale non propongono nemmeno adeguate soluzioni. L’inciso del comma 2 sembra anzi voler delegare del tutto ad altri, senza ulteriori controlli, la prestazione di un servizio finora riservato in via più o meno esclusiva allo Stato e quindi a chi da esso è istituzionalmente deputato a occuparsene. Senza contare poi che è dovere di quest’ultimo garantire i livelli essenziali delle prestazioni concernenti il servizio di istruzione (e perciò anche di integrazione degli alunni con disabilità) stante il disposto ex art. 117, comma 1, lett. N) Cost.

Un secondo aspetto che il ddl neanche sfiora è quello di dettare dei criteri di massima che le scuole dovrebbero osservare nella scelta del “privato”, al fine di assicurare la piena fruizione del diritto (e dunque del relativo servizio) di istruzione da parte degli alunni disabili. E ancora: non si precisa, nemmeno esemplificando, chi dovrebbero essere questi soggetti privati, quali caratteristiche e/o qualità strutturali e di funzionamento dovrebbero possedere, quali competenze/esperienze gli operatori “sul campo” dovrebbero avere… (tenuto conto del fatto che tali soggetti potrebbero collaborare anche ai fini dell’elaborazione e dell’attuazione di importantissimi documenti come i Piani educativi individualizzati), quali garanzie di serietà, adeguatezza e idoneità del servizio dovrebbero fornire (la previsione della “stipula di apposite polizze assicurative a carico dei soggetti privati per la copertura dei rischi correlati all’impiego di personale o di consulenti privati esterni alla scuola” non pare essere ad avviso di chi scrive sufficiente in tal senso).

Se davvero il Governo vuole proseguire su questa strada, le garanzie che esso dovrebbe dare affinché siano assicurate – come auspica lo stesso provvedimento – tempestività, efficienza ed efficacia dell’azione educativa dovrebbero essere ben altre.

Lorenza Vettor

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