Home » Politiche educative » Berlinguer, l’autonomia e la piramide rovesciata

Berlinguer, l’autonomia e la piramide rovesciata

Pubblicato il: 13/12/2023 03:31:47 -


Print Friendly, PDF & Email
image_pdfimage_print

L’autonomia delle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado ha comportato il rovesciamento della struttura piramidale del Ministero dell’Istruzione con la fine del centralismo amministrativo.

In quella straordinaria stagione di fine Novecento in cui Luigi Berlinguer è stato Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca si sono concluse sul piano normativo, con il suo successore Tullio De Mauro, tutte la istanze innovative che avevano segnato i due decenni precedenti. Un periodo percorso da numerose sperimentazioni in tutti i gradi di istruzione, sia a livello locale, che assistite a livello centrale dal corpo ispettivo delle direzioni generali “scolastiche” (così definite perché corrispondenti alle varie tipologie di scuole).

Per comprendere, a distanza di tempo, la prospettiva della riforma Berlinguer bisogna partire dalla considerazione che si è trattato dell’unica riforma di sistema che ha investito la scuola italiana dal dopoguerra a oggi; precedentemente, infatti, c’erano state soltanto la legge della scuola media unica alla fine degli anni ’60, e i decreti delegati a metà degli anni ’70.

Una riforma di sistema che avrebbe investito l’intero ordinamento degli studi e la struttura amministrativa ad esso funzionale: una flotta di leggi e decreti che con l’anno scolastico 2000/01 era pronta a lasciare il porto per navigare lungo il XXI secolo.

La legislatura di centro sinistra terminò a giugno del 2001 e subentrò una legislatura di centro destra che affondò immediatamente la legge n. 30 sugli ordinamenti scolastici, una legge fortemente innovativa che, tra l’altro, riduceva a sette anni la durata della scuola primaria (elementari + medie) e concentrava i suoi sforzi nella secondaria. 

La complessiva riforma del Sistema d’Istruzione e di Formazione era in tal modo saltata, ma rimaneva in piedi, con tutto il suo portato innovativo, l’autonomia scolastica, elevata a rango costituzionale con l’art. 117, come modificato dalla legge costituzionale n. 3 e successivo referendum.

E così l’anno scolastico 2000/01 con il varo dell’autonomia organizzativa, didattica e di ricerca della scuola ha segnato il consequenziale cambiamento della  sua struttura centralizzata: un vero e proprio rovesciamento della piramide che aveva governato sino ad allora la scuola italiana.

In sintesi ciò ha segnato il decentramento di molteplici funzioni gestionali dal centro alle scuole, portando a compimento la suddivisione tra indirizzo politico, proprio del Ministro, e attività gestionale degli uffici decentrati e delle scuole.

Un rovesciamento che è andato sì maturando nel tempo – all’inizio alle direzioni ministeriali e ai provveditorati agli studi spettava l’intera gestione del personale della scuola (ruoli nazionali) dal reclutamento al pensionamento – ma che ha trovato nella normativa della riforma Berlinguer le possibilità realizzative legate all’autonomia scolastica.

Proviamo ad elencarle:

  • la personalità giuridica (prima limitata ai soli istituti tecnici, professionali e agli istituti d’arte) di tutte le istituzioni scolastiche
  • la dirigenza scolastica
  • la riforma dell’amministrazione centrale
  • la riforma dell’amministrazione periferica.

Per quanto attiene ai primi due punti – scuole e personale –  va detto, anzitutto, che la riforma ha saputo individuare nella personalità giuridica una condizione strutturale per il processo di devoluzione alle scuole delle funzioni dell’amministrazione scolastica in materia gestionale, e per la realizzazione di una migliore flessibilità dell’organizzazione delle prestazioni professionale del personale docente. La personalità giuridica, con l’elemento caratterizzante della responsabilità patrimoniale, realizza l’attitudine delle scuole a costituirsi come centro autonomo di imputazione di situazioni giuridiche ed economiche e ha esteso il campo delle funzioni e delle responsabilità prima attribuite ai capi d’istituto, ai quali è stata conferita la qualifica dirigenziale contestualmente alla nuova configurazione.

La rete scolastica dell’epoca era estremamente parcellizzata (circa 14000 istituti su tutto il territorio) e si rendeva necessaria una sua razionalizzazione, non soltanto per motivi di spesa pubblica, con aggregazioni omogenee; nacquero in quel periodo gli istituti comprensivi, che riunivano in una stessa istituzione scolastica la scuola dell’infanzia, la scuola elementare e la scuola media. Tale razionalizzazione rappresentava una condizione di fattibilità del processo innovativo.

Per quanto riguarda i due successivi punti della riforma dell’amministrazione centrale e periferica è stato necessario mutare l’assetto centrale in strutture dipartimentali con prevalenti funzioni di indirizzo per lo sviluppo dell’istruzione e per i servizi nel territorio, mentre, a livello periferico, sono stati costituiti gli Uffici Scolastici Regionali, anche per rendere più operante la connessione con il sistema formativo dell’Ente Regione.

Gli Uffici Scolastici Regionali, operanti dall’inizio del 2001 come Direzioni Generali comprese in un Dipartimento ministeriale, hanno dimostrato di saper corrispondere, con le loro articolazioni provinciali (Uffici Scolastici Provinciali), alle esigenze espresse dall’autonomia scolastica in tema di gestione del personale, i cui ruoli docenti nel frattempo erano diventati tutti provinciali, e regionale quello dei dirigenti scolastici. Contemporanea alla loro nascita è stata la soppressione dei Provveditorati agli Studi, la cui autorità era gerarchicamente sovraordinata rispetto a quella dei Direttori didattici e dei Presidi, e delle Sovrintendenze (su base regionale) ridotte ormai a svolgere soltanto a sporadici compiti di organizzazione concorsuale.

Il processo di riforma dell’autonomia scolastica ha, dunque, anche contribuito a definire strutture più evolute per un sistema d’istruzione moderno e unitario.

Certa pubblicistica che, in questi anni, ha considerato Luigi Berlinguer come il Ministro delle riforma perdute (o meglio soppresse) non si è accorta della traccia profonda lasciata dalle sue riforme realizzate.  

Giuseppe Fiori

682 recommended

Rispondi

0 notes
2168 views
bookmark icon

Rispondi