Organico potenziato, risorse per innovare o intollerabile finzione?
Se la Legge 107 sembrava approdata sul binario sbagliato dello scontro frontale con il mondo della scuola, il recente accordo sulla mobilità apre concrete possibilità di riattivare un processo condiviso.
La discussione dell’organico potenziato, introdotta da un recente articolo di Luigi Berlinguer, conduce direttamente al cuore della legge 107/2015, una legge nata per promuovere la buona scuola.
Le nuove risorse messe in campo (organico potenziato, stabilizzazione e valorizzazione del personale) possono rimettere in moto l’autonomia scolastica come premessa per l’avvio di un progetto riformatore più ampio che aggredisca i limiti strutturali del sistema formativo italiano. Da questo punto di vista la sorte dell’organico potenziato, introdotto dalla legge 107/2015 rappresenta uno snodo decisivo per capire la direzione di una riforma che presenta non poche incoerenze tra le finalità costituzionali dichiarate nei primi commi (introdotte, non dimentichiamolo, sotto l’effetto di un potente movimento) e i commi successivi.
L’introduzione di un organico dell’autonomia scolastica, rafforzato da una quota di risorse professionali aggiuntive a quelle necessarie al mera erogazione di ore di lezione frontali, rappresenta indubbiamente uno dei punti di forza della nuova legge. Attraverso il piano assunzioni la legge attribuisce a ogni istituzione scolatica un numero di posti aggiuntivi (circa sei per scuola) finalizzati ad attività di potenziamento, sostegno, organizzazione, progettazione e coordinamento (organico potenziato).
Così costituito il nuovo organico (organico dell’autonomia) assume le caratteristiche di quell’organico funzionale al piano dell’offerta formativa da sempre atteso per dare fiato alle opportunità introdotte dall’autonomia scolastica e dal suo regolamento (Dpr 275/1999). La nuova norma collega le esigenze organizzative e progettuali a una pianificazione a cadenza triennale (PTOF) assumendo correttamente una esigenza di stabilità necessaria al raggiungimento degli obiettivi programmati.
La connessione progettuale tra organico dell’autonomia e piano triennale dell’offerta formativa è rafforzata dall’inserimento nel piano dell’indicazione del fabbisogno di posti per il potenziamento dell’offerta formativa, oltre a quelli comuni e di sostegno, necessari al raggiungimento degli obiettivi indicati.
Certo l’ampio catalogo degli obiettivi, elencati al comma 7 senza individuazione di priorità, non aiuta le scuole nella progettazione, mentre i primi tre commi della legge indicano le finalità cui la progettazione deve indirizzarsi: contrastare le diseguaglianze socio-culturali e territoriali, prevenire e recuperare la dispersione scolastica, individualizzare i processi di apprendimento, realizzare una scuola che interagisca con il territorio e il mondo del lavoro.
Non si tratta di attuare qualche attività educativa in più per utilizzare gli insegnanti aggiuntivi assegnati con l’organico potenziato, ma di progettare l’utilizzo dell’organico dell’autonomia, inteso nel suo insieme, per cambiare il modello di organizzazione didattica e professionale della scuola. Di qui la prima condizione perché questo possa accadere: la pari dignità professionale di tutti gli insegnanti dell’organico dell’autonomia, senza alcuna differenza nei diritti e nei doveri tra insegnanti titolari di posto comune, di sostegno o potenziato. La legge su questo punto è chiara, altrettanto conseguenti dovranno essere le regolamentazioni successive e le modalità gestionali e organizzative interne alla scuola. Si tratta di considerare l’organico dell’autonomia come una dotazione di risorse in cui il monte ore di attività degli insegnanti è superiore al monte ore di attività degli studenti e che, pertanto, permette non solo la realizzazione di attività didattiche aggiuntive oppure lo svolgimento di incarichi specifici (tutor, coordinatori, …) ma anche e, forse, soprattutto, attività in cui la contemporaneità dell’azione docente è necessaria per superare la didattica trasmissiva attraverso la formazione di gruppi di apprendimento diversi dalla classe, lo sviluppo della didattica laboratoriale, etc.
Un’altra condizione per un utilizzo qualificato dell’organico potenziato riguarda la certezza di poter utilizzare stabilmente gli insegnanti per attività diverse dalla tradizionale lezione frontale, programmate dal piano dell’offerta formativa. Il dubbio è legittimo, perché i commi 85 e 95 della legge 107 introducono fondati elementi di dubbio. L’ambiguità di questi due commi lascia troppa discrezionalità ai dirigenti scolastici e getta nell’incertezza la realizzazione di nuovi modelli di organizzazione didattica, impossibili se ricorrentemente interrotti dalla necessità di coprire le supplenze brevi e dall’impossibilità di sostituire gli insegnanti dell’organico potenziato.
È dunque indispensabile che il MIUR chiarisca quanto prima queste incertezze – già oggi trionfa la confusione – e garantisca la stabilità degli insegnanti operanti su progetti e attività programmate, altrimenti tutto l’impianto di arricchimento dell’organico dell’autonomia rischia di rivelarsi un’intollerabile finzione. Chiarire positivamente è possibile perché la stessa legge 107 indica una finalizzazione prioritaria delle risorse dell’organico potenziato funzionali alle esigenze didattiche, organizzative e progettuali pianificate dalle scuole. Ne consegue che eventuali utilizzazioni dell’organico potenziato ai fini della copertura delle supplenze possono avere esclusivamente carattere residuale e devono essere programmate e organizzate garantendo stabilità e certezza alla progettazione didattica.
Un utilizzo dell’organico potenziato qualitativo e coerente con le finalità della legge, oltre alla chiarezza normativa, esige anche la piena valorizzazione delle funzioni della contrattazione e degli organi collegiali.
A questo proposito i sindacati della scuola hanno predisposto linee guida per suggerire agli organi collegiali e alla contrattazione di scuola tutti i passaggi relativi alla programmazione delle attività. Si delinea una dialettica virtuosa tra funzioni degli organi collegiali e contrattazione che coniughi l’autonomia progettuale del collegio docenti con i diritti del personale. Compete al collegio docenti la definizione delle modalità di utilizzazione dell’organico potenziato per raggiungere gli obiettivi indicati nei piani dell’offerta formativa e di miglioramento. Il contratto di scuola, invece, regola modalità e limiti dell’utilizzazione flessibile del personale. Le due funzioni non devono sovrapporsi, ma interagire dialetticamente per evitare gli effetti distorsivi di collegi docenti che mettono al primo posto la difesa degli interessi del personale invece dei diritti di apprendimento degli alunni, oppure di contrattazioni di scuola che invadono il campo dell’autonomia tecnico- professionale degli insegnanti.
Il pieno riconoscimento dell’autonomia tecnico-professionale dei docenti e degli spazi della contrattazione sindacale rappresentano una condizione essenziale per ricondurre sul binario giusto il processo di cambiamento avviato. Da esse dipende, infatti, il consenso delle persone che devono farsi carico dei processi di cambiamento, senza il quale nessuna riforma, come dovrebbe essere noto, può essere positivamente attuata.
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Fabrizio Dacrema