Formazione ATA: il laboratorio scolastico professionale (2)
Abbiamo in altra parte detto che il laboratorio scolastico professionale costituisce un elemento di novità nell’ambito di tutte le iniziative formative destinate al personale ATA. Con questo istituto trova concreta attuazione un percorso di riflessione iniziato dal 2001 che considera imprescindibile la vicinanza tra la formazione che “accompagna” lo svolgimento della vita professionale del lavoratore e la vita lavorativa stessa. IL LSP si propone quindi come momento di continuità tra la formazione e il lavoro in cui il corsista è chiamato, personalmente e in modo diretto, a verificare se, e in quale misura, esista una rispondenza dei contenuti della formazione con la reale situazione del suo ambito lavorativo. Al tempo stesso è punto di partenza di ulteriori riflessioni.
In chiave formativa può avere sicuramente un connotato fortemente propositivo con cui si può:
• dimostrare, nel connubio lavoro-formazione, la praticabilità della formazione “on-demand” disponibile nel luogo e nel momento più opportuno;
• fornire un senso di valore della formazione continua pensando che parte delle risorse formative messe a disposizione durante i corsi rimangono nella disponibilità dei corsisti (è come se si individuasse la figura del “corsista per sempre”. Questa locuzione è servita per descrivere, nell’ambito della progettazione del percorso formativo per i dirigenti scolastici “Istituzione scolastica e gestione del contenzioso”, quei dirigenti che dopo aver svolto le attività formative previste dal progetto, rimangono accreditati in piattaforma allo scopo di fruire degli aggiornamenti dei materiali, delle discussioni, e delle banche dati giurisprudenziali e normative);
• offrire una reale chiave di lettura alla definizione “formazione in servizio” mediante l’integrazione della stessa formazione durante la prassi lavorativa.
È spunto propositivo anche per l’organizzazione del lavoro. La prima associazione del laboratorio scolastico professionale non poteva che avvenire con le attività previste per l’attribuzione delle posizioni economiche relative alla valorizzazione professionale. L’incremento di professionalità associato alle “ulteriori e più complesse mansioni” (secondo l’espressione descrittiva utilizzata dall’art. 7 comma 3 del CCNL per il secondo biennio 2004-2005 che per primo ha introdotto l’istituto) non è gestibile solo con una mera attribuzione dell’incarico da parte del DSGA ma, affinché sia tale da assicurare la massima efficacia possibile, deve essere occasione di una riflessione professionale e collaborativa di tutti gli attori protagonisti della scena lavorativa.
L’istituto delle posizioni valorizzate, infatti, deve essere visto e utilizzato come strumento per vivere l’attuale situazione delle scuole italiane. Queste sono al centro di un intenso processo di trasformazione che, dal punto di vista lavorativo-funzionale, coinvolge i rapporti di lavoro non solo per gli aspetti giuridico-formali, ma anche per quelli psicologico-organizzativi.
Infatti il lavoratore ATA della scuola è chiamato a mutare gradualmente il proprio ruolo: è un soggetto che perde progressivamente i panni di un operatore che svolge operazioni parcellizzabili e ripetitive per acquisire gradualmente una nuova fisionomia assimilabile a quella di un “decisore” o “solutore di problemi” connessi con il proprio ambito professionale.
In questa fisionomia è determinante una forte “componente soggettiva” caratterizzata da consapevolezza, discrezionalità e responsabilità nell’assunzione di comportamenti adeguati (questo aspetto si registra in tutti gli atteggiamenti dell’attività lavorativa. Ad esempio, in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro è l’elemento caratterizzante del concetto di “sicurezza partecipata”). In questo gioco la formazione (arricchita dallo spazio rappresentato dal LSP) non deve limitarsi alla trasmissione di conoscenze, ma persegue anche l’assunzione di valori e di disposizioni mentali attraverso un programma inserito in una strategia organizzativa che, senza nascondere le situazioni di problematicità, deve essere mirata al cambiamento e al miglioramento.
L’ultima riflessione è di carattere generale e di prospettiva. Il concetto di “laboratorio scolastico professionale” opportunamente rivisitato, valorizzato e contestualizzato può rappresentare lo scenario in cui possono essere sperimentati nuovi modi di intendere l’organizzazione del lavoro in cui l’attività formativa (intesa in modo continuo, congiunto e collaborativo) non è più avulsa dalla pratica professionale, ma diventa momento imprescindibile di questo. IL LSP, come spazio di innovazione, dovrà avvalersi anche di tecniche e metodi specifici avendo cura di non disperdere gli spazi e le opportunità di crescita individuale (sacrificate come spesso accade sull’altare degli obiettivi dei risparmi di spesa), perseguendo invece il loro potenziamento e rendendole progressivamente compatibili, se non perfettamente omogeneizzabili, con l’attività lavorativa stessa.
Tonino Proietti