Il dirigente e il futuro della scuola pubblica
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Questo saggio restituisce senso politico e sociale alla scuola italiana e alla sua storia, intesa come il risultato di una società che in un processo a velocità non costante ha definito e definisce, grazie a istanze pratiche e ideali, i suoi valori culturali. La recensione di “Il dirigente e il futuro della scuola pubblica”, Anicia 2011, di Alberto Alberti.
Alberto Alberti, in apertura del suo saggio, non nasconde le difficoltà, le esitazioni di chi ha deciso di diventare dirigente, ma anche l’intraprendenza, la volontà positiva di “mettersi in gioco” e non ultima la consapevolezza di partecipare a un impegno collettivo “che travalica il particolare e il contingente… e punta in alto, verso il bene pubblico”. Se “la scuola è una lotta”, le sfide sono fuori e dentro di essa. La complessità di questo mondo richiede responsabilità nel governare e creatività nel cambiare. Le politiche in campo educativo/formativo hanno un respiro ampio, sicuramente europeo e gli strumenti per intraprenderle devono essere nuovi. È necessario essere aggiornati su quello che avviene al di là dei nostri confini, conoscere i programmi di azione europei, ma conquistare anche una visione comunitaria della cultura in un mondo globalizzato.
Se la premessa è avvincente, l’articolazione dei capitoli, le finestre che vi si aprono, non riducono l’attenzione, ma risaltano per la coesione e lo sviluppo di un discorso che si muove con equilibrio tra passato e futuro; il presente è transitorio, ancor più nella scuola e le leggi attuali sembrano illuminarsi di sole tracce e presagi. Dalla scuola di Gentile alla scuola dei Decreti delegati del ‘74, dalla funzione direttiva a quella dirigenziale dei capi d’istituto, da un sistema di government verticistico a uno di governance orizzontale emergono nuove figure di leadership, analizzate alla luce del cambiamento che l’autonomia ha promosso. Non mancano acute osservazioni sugli scivolamenti legislativi del privato nel pubblico “Ma, veramente, privato è bello?”. La scuola non essendo assimilabile del tutto a un’impresa non può che declinare i criteri di efficienza ed efficacia come fini e non come mezzi.
La forma scuola dell’autonomia non si è riusciti ancora a trovarla, sostiene Alberti, e la legislazione non basta; il processo riformatore dovrebbe puntare sul passaggio da una gestione e da una didattica attenta alle procedure a una finalizzata al risultato. Al paradigma tradizionale della “conformità alla prassi consolidata” si auspica prevalga il paradigma della progettazione e della ricerca. L’interazione con l’ambiente, la costituzione di reti, il principio della partecipazione, l’ascolto di tutti i soggetti attivi del territorio sono ulteriori tasselli che contribuiscono a definire questo processo di cambiamento. E, se è soprattutto una visione che va cambiata, l’autore ci offre un suo sguardo su illuminanti e indispensabili studi pedagogici da seguire, proponendo una sintesi culturale alfa mediale (la cultura dell’alfabeto, della stampa e la cultura dei media) che superi la frammentazione innaturale del sapere che divide l’esperienza cognitiva dell’essere umano in tanti compartimenti separati.
Questo saggio restituisce senso politico e sociale alla scuola italiana e alla sua storia, intesa come il risultato di una società che in un processo a velocità non costante ha definito e definisce, grazie a istanze pratiche e ideali, i suoi valori culturali.
Stefania Zambardino