Cinque risposte
1) Come premessa una prima considerazione di scenario. La scuola è oggi l’unica catena di produzione di tipo tayloristico ancora in funzione. Avanzamento standardizzato (per gradi di istruzione), procedure standardizzate (ordini e programmi), lavoratori altissimamente qualificati ma con mono-specializzazione (classi di concorso/abilitazione).
Quando un “pezzo” è difettoso, anche solo per una parte, esce dalla linea e viene ricostruito completamente (l’alunno ripete l’anno intero). Alta attenzione alla programmazione della produzione (POF), ma scarsa o nulla attenzione alla valutazione del raggiungimento degli obiettivi né alle aspettative degli utenti a valle del processo produttivo: una classe verso la successiva; il primo ciclo è rivolto al secondo; il primo grado al secondo; il secondo grado all’università, o al mercato del lavoro e alla società nel complesso. Ambienti e tempi di lavoro standardizzati e immutati da secoli (classi, aule, corridoi, campanelle, calendari scolastici, ecc. ecc).
2) Per poter guardare avanti ed essere lungimiranti dobbiamo porci davanti a una lavagna vuota, pulita (di ardesia, Valleda o LIM), priva di cornice, che ci permetta di disegnare liberamente l’ipotesi di riordino senza condizionamenti, né di lobby, né di corporazioni.
Ora provo a riempire la lavagna…
È pulita e non ci sono cornici. I confini della parete su cui è appesa sono dati dalla Carta dell’ONU, dalla Costituzione italiana e dal Quadro europeo delle qualifiche.
Assumiamo che:
1. Il sapere non è più “portato” dagli insegnati ma sta già nell’etere (internet, televisione, radio, social network, …). È a disposizione di tutti. Nell’etere troviamo e mettiamo il sapere di ieri, di oggi e anche di domani. Tutto il sapere: quello buono e quello cattivo. È a disposizione del bambino di pochi anni, degli adulti e degli anziani. Lo può raggiungere l’adolescente di New York, di Benjin o del Mali. Tutto il sapere!
2. Questo sapere è “aperto”: tutti possono accedere e contribuire ad arricchirlo.
3. Il sapere che è nell’etere: è fluido, disordinato, disaggregato, temporaneo, non sempre affidabile e sicuro, a volte fuorviante e pericoloso.
4. L’insegnante non è più un trasmettitore di conoscenza ma diventa un mediatore tra questo sapere e il giovane che ne usufruisce in maniera libera e autonoma; insegna ad usarlo al meglio: a cercarlo, a selezionarlo, a interpretarlo, a produrlo.
5. Il sapere viene percepito ed usato così com’è: cioè la conoscenza è già interdisciplinare ed è una forzatura segmentarlo i discipline distinte. La disciplina non rappresenta più l’elemento su cui è basata l’organizzazione del lavoro nella scuola.
6. La classe in cui i giovani vengono attualmente inseriti non rappresenta più l’unità organizzativa dell’insegnamento, perché i giovani non hanno più una omogenea preparazione per fascia d’età, ma può essere omogenea per tema o per argomento.
7. Di conseguenza l’aula non può essere più il principale luogo dove i ragazzi apprendono per gruppi omogenei, ma l’edilizia scolastica deve prevedere spazi per gruppi numerosi in contemporanea e luoghi dove poter lavorare per piccoli gruppi.
8. L’organizzazione del lavoro non può essere più cadenzata dal suono della campanella che regola la vita di tutta la comunità scolastica.
9. La cattedra, il libro di testo (costoso e pesante) non c’è più: la programmazione didattica si organizza per obiettivi e competenze misurabili. In questo contesto più destrutturato la figura del capo di istituto assume un ruolo di maggiore responsabilità rispetto ai risultati, che saranno gli unici ad essere giudicati dalla società.
In questo senso, pur nella rigidità attuale, si è fatto un passo avanti.Chi pensa, come molti oppositori della Buona scuola, di proporre un riordino di sistema riproponendo questa catena di montaggio è fuori dalla storia.
3) e 4) Il processo di autonomia delle scuole non è andato avanti come doveva essere e come è scritto nella legislazione dal 2000; anzi il Ministero, in questo ultimi 3 lustri, ha prodotto più atti amministrativi che mai, fino a dettare perfino istruzioni sull’abbigliamento scolastico degli allievi (il grembiule!…). Un provvedimento che ha monopolizzato i media per mesi più dei tagli ai bilanci delle scuole, più dei contratti non siglati, più del sostegno ridotto, più dei laboratori obsoleti.
Il capo dell’istituzione scolastica, da funzionario direttivo, cioè dotato di ampi poteri di supremazia gerarchica e di autonomia esecutiva delle direttive generali dell’Amministrazione centrale è diventato, dal 2000, dirigente, cioè quella figura che, operando sul grado gerarchico più elevato, è preposto alla direzione dell’intera organizzazione scolastica che gli è stata assegnata, esplicando tale attività con ampi poteri discrezionali, pur nel quadro delle direttive e delle norme ministeriali. Questo in teoria. Solo ora si sta, finalmente, attuando quel riconoscimento di ruolo senza il quale non è possibile organizzare responsabilmente tutte le risorse disponibili (umane, strutturali, tecnologiche e finanziarie), poche o tante che siano, e rispondere dei risultati.
5) Da quanto ho esposto, si vede come si disarticoli il modello che fin qui ha organizzato i luoghi e le modalità dell’apprendimento; si modifichi profondamente la preparazione professionale degli insegnanti e la loro funzione; si rivoluzionino le relazioni con chi apprende e si modifichi radicalmente la certificazione dei percorsi d’apprendimento individuale.
L’insegnante della “catena di montaggio di stampo Tayloristico”, pur bravo, ma che non si aggiorna, che non si relaziona con gli altri, che non conosce lingue straniere, che non ha confidenza con l’informatica e col web sta stretto in questo nuovo contesto anche, per ora, solo tendenziale. L’anzianità di servizio non è più, se lo è mai stato, un fattore di incremento professionale.
Pertanto l’insegnate della Buona scuola va cercato tra quelli (certificati) che posseggono quelle competenze di cui si ha bisogno che servono per il raggiungimento degli obiettivi del POF d’istituto.
Che il POF sia triennale, annuale o quinquennale non è determinante ai fini della sua efficacia; fondamentale è la sua costruzione per obbiettivi che rispondono ad una domanda di formazione, cercata ed espressa. Obiettivi, temporalmente definiti e verificabili dagli interlocutori a valle del processo formativo: scuola media, scuola superiore, università, mondo del lavoro, ecc.
Articolo “Perché cinque domande ai dirigenti scolastici?” di G. Fiori e V. Gallina | Education 2.0
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Immagine in testata da rohantime.com
Sergio Bailetti