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Esame di maturità: come modificarlo?

Pubblicato il: 11/07/2016 16:45:25 -


A margine delle notizie che si rincorrono sui media (riforma degli Esami di Stato SI/NO), alcune integrazioni a due interventi di Andrea Gavosto.
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In due interventi Andrea Gavosto, direttore della Fondazione Giovanni Agnelli, tratta il problema delle prove di esame nel nostro sistema scolastico, formulando al riguardo precise proposte. Queste appaiono molto ben argomentate e a mio parere sostanzialmente condivisibili; limitandomi al livello dell’esame finale del 2° ciclo (“maturità”), il tema trattato in entrambi i contributi, desidero qui fare alcune integrazioni che mi sembrano opportune.

Occorre, anzitutto, definire un preciso raccordo con l’accesso ai Corsi di Laurea. Non si può rassegnarsi all’assoluta separatezza tra il settore secondario e quello universitario, tale da far sì che (come avviene attualmente) prepararsi alle prove di ammissione costituisca una attività totalmente disconnessa dalla conclusione degli studi secondari; valutazioni specifiche su singole aree disciplinari, in sede di maturità, dovrebbero invece “orientare” lo studente nelle sue scelte e garantire, per la scelta accademica poi compiuta dall’interessato, quella adeguatezza della preparazione di base che oggi si pretende di verificare con i test (selettivi dove c’è il numero chiuso, ma obbligatori – almeno in via di principio – anche altrove). Tali valutazioni specifiche devono essere omogenee e perciò credibili; proprio a tal fine, è giusto prevedere per le prove una natura “nazionale” (nella formulazione dei testi e nelle procedure di correzione).

La presenza di valutazioni differenziate sulle diverse aree disciplinari non significa che debba mancare nelle prove di maturità un rilevante spazio per gli elementi di cultura generale (anche “civica”) non indirizzati a un particolare successivo percorso di studi universitari; al riguardo, va anzi osservato che, paradossalmente, la giusta esigenza di una verifica di tale cultura generale è oggi prevista proprio nell’ambito delle prove di accesso, che dovrebbero essere quelle tese a registrare la preparazione specifica!

Occorre anche rispondere alla seguente obiezione, che spesso viene fatta all’ipotesi di prove nazionali: poiché non ci sono più – viene detto – programmi ministeriali rigidi, e spetta invece alle scuole definire i propri progetti formativi (certo, atti a raggiungere gli obiettivi previsti dalle indicazioni nazionali), solo esse sarebbero in grado di formulare adeguate prove di verifica. Per superare l’obiezione, va previsto che le prove, anche se nazionali, non siano tutte obbligatorie e identiche per tutti gli studenti, ma presentino un ampio ventaglio di scelte opzionali: una scuola, ad es., può aver sviluppato maggiormente lo studio del Novecento e un’altra più  quello del mondo antico, e gli studenti devono trovare prove adatte per l’una o per l’altra situazione.

Bene ha fatto Gavosto a rilanciare il tema dell’esame finale degli studi secondari, anche se le modalità di esso sono state modificate più volte, nel corso degli ultimi decenni; ciò è avvenuto, infatti, senza gli adeguati raccordi con quanto, nello stesso periodo, veniva modificato sia nel sistema accademico, sia in termini di autonomia scolastica. Per essere positivo, un nuovo intervento normativo deve perciò destinare attenzione prioritaria proprio a tali raccordi.

Per approfondire:

A. Gavosto, L’Esame, un mito da superare: servono prove uguali per tutti con risultati leggibili e oggettivi

A. Gavosto, Perché cambiare l’esame di maturità

Giunio Luzzatto

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