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Mitologia o realtà? Il PTOF nella terra di mezzo fra visione e prassi

Pubblicato il: 09/02/2016 16:59:43 -


In questi giorni le scuole hanno redatto il loro PTOF, nel quale hanno dovuto fare i conti con l'orario anche in funzione dell'organico potenziato. Come sarà possibile conciliare la visione della legge 107 e la pratica quotidiana?
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Ogni anno, quando nelle lezioni di geografia di seconda media affronto con i miei alunni lo studio della penisola scandinava, salta subito agli occhi l’altissima posizione che i paesi nordici occupano nella classifica stilata in base all’indice ISU. È l’occasione per parlare del welfare e di quali sono le considerazioni che i governanti devono fare per migliorare la qualità della vita dei cittadini.

Inevitabilmente si finisce per parlare del sistema scolastico finlandese, reputato uno dei migliori al mondo. Assegno quindi una ricerca per gruppi sulle scuole in Finlandia, che deve essere corredata da immagini e video da mostrare poi in classe. Il momento dell’esposizione dei lavori è sempre pieno di accesi dibattiti, lamentele e confronti che ci vedono perdenti e in cui io cerco di arginare il disfattismo portando gli esempi delle tante cose positive del sistema educativo italiano, l’inclusione prima di tutto. Parlo anche dei tanti progetti portati avanti con successo nel nostro Istituto Comprensivo, delle sperimentazioni delle avanguardie educative.

E, mentre l’invidia per le belle aule scandinave luminose, confortevoli, organizzate come laboratori a seconda delle attività da svolgere e iperconnesse, lascia il posto ad un timido barlume di speranza che quasi fa dimenticare i nostri banchi mezzi rotti e le infiltrazioni d’acqua nel muro, ecco arrivare LA domanda: “Ma perché là le scuole sono tutte così e si fa sempre lezione in quel modo e qua ci stanno solo i progetti e qualche sperimentazione? Perché le classi non sono tutte 2.0, capovolte o senza zaino?”

Già. Perché?

La visione d’insieme della legge 107 sembra andare verso quel modello, ma nella pratica quotidiana sono ancora tante le contraddizioni che rallentano il processo. È solo pigrizia e resistenza al cambiamento? O ci sono nodi oggettivamente difficili da sciogliere? E, soprattutto, perché non ci sono mai indicazioni chiare su come raggiungere gli obiettivi richiesti? Come tutte le scuole italiane, anche l’Istituto Comprensivo nel quale insegno ha infine redatto e inviato il Piano Triennale dell’offerta formativa 2016-2019. Il Collegio dei Docenti, che secondo la nuova legge elabora il piano, aveva incaricato una commissione che si è occupata della stesura a partire dall’atto di indirizzo stabilito dal Dirigente Scolastico.

Facendo parte della commissione, mi sembra che il risultato sia positivo ma non rivoluzionario.

La legge 107 prevede tre modalità di organizzazione modulari e flessibili riferibili al tempo scuola e alla relativa programmazione. Il nostro orario è rimasto quello tradizionale disciplinare, cui si aggiungeranno i progetti svolti dai colleghi del potenziamento, secondo un criterio di rotazione per gruppi di alunni di classi parallele. Cosa cambierà a partire dal prossimo anno soprattutto nelle scuole come la mia, che non hanno mai abbandonato l’orario disciplinare settimanale, come peraltro previsto dal contratto degli insegnanti?

Nella nostra intenzione, questi progetti sono mirati a migliorare le competenze linguistiche e logico-matematiche degli alunni. Ma che succederà se dall’ambito territoriale arriveranno insegnanti di altre discipline? E se qualche collega si assenta, chi svolgerà “il programma” e chi “i progetti”?

Forse siamo stati poco fantasiosi. E in effetti mi interesserebbe molto confrontarmi con docenti e dirigenti di scuole secondarie di primo grado che hanno adottato una “programmazione plurisettimanale e flessibile dell’orario complessivo del curricolo e di quello destinato alle singole discipline, anche mediante l’articolazione del gruppo della classe”, per sapere come si sono organizzati.

Ora, non posso credere che chi ha redatto la legge della Buona Scuola non sappia che il contratto nazionale prevede 18 ore di insegnamento disciplinare. E, al tempo stesso, non è pensabile che gli insegnanti ignorino i dati delle rilevazioni Ocse-Pisa e l’esigenza, condivisa dai sistemi di istruzione europei, di una didattica più centrata sulle competenze.

Allora bisogna mettere le carte in tavola al più presto. La riforma della scuola deve essere chiara: non possiamo sempre tirare a indovinare quello che la legge vorrebbe da noi. Dalle varie sperimentazioni in atto da anni deve derivare una rendicontazione e, se i risultati sono significativi in termini di miglioramento dei risultati nell’apprendimento, sarebbe utile indicare una via chiara da seguire. Se dalle analisi emerge che l’obiettivo è ancora migliorare il processo di apprendimento e se negli ultimi anni sono state portate avanti sperimentazioni soddisfacenti, è ora di invitare con maggior decisione tutte le scuole ad adottare questi modelli, fornendo protocolli da seguire e formazione per gli insegnanti.

Questa via è in conflitto con alcuni punti del contratto collettivo nazionale degli insegnanti? Bisogna discutere in modo costruttivo con i sindacati e trovare una soluzione.

Altrimenti l’autonomia rischia di essere uno strumento gattopardesco e, di scandinavo, ci rimane solo l’immagine di una fantasiosa pseudodivinità, una specie di Thor, che circola in Rete da qualche settimana e che così si presenta: “Sono PTOF, figlio di MIUR, della terra di RAV… La mia missione è di sconfiggere il terribile POF, che non vuole cedere al PIANO DI MIGLIORAMENTO, ma per farlo devo prima attraversare le inesplorate terre degli AMBITI TERRITORIALI dove vivono gli ORGANICI POTENZIATI….”

immagine in testata

Eleonora Giordani

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