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Italiano e stranieri. L’ennesimo paradosso del nostro Paese

Pubblicato il: 13/02/2012 19:32:34 -


Secondo le ultime normative, gli stranieri che chiedono di vivere in Italia hanno l’obbligo di attestare la conoscenza della nostra lingua. Tuttavia, il carattere di obbligatorietà non si profila per chi dovrebbe garantire le condizioni affinché tale apprendimento abbia luogo. Siamo di fronte a un altro paradosso “tipicamente italiano”. Recensione del libro “Italiano per stranieri immigrati. Da obbligo a diritto”, a cura di F. Farinelli e R. Pettenello, introduzione di C. Saraceno, 2012, Ediesse, Roma.
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Come al solito, siamo di fronte a un paradosso: anche l’Italia scopre che uno degli strumenti essenziali per l’inclusione della popolazione migrante consiste nella capacità di comunicare attraverso la lingua “ufficiale” del luogo di approdo e dipende dalla conoscenza delle norme fondamentali sulle quali si fondano (o si dovrebbero fondare) partecipazione e coesione tra cittadini.

Fin qui tutto chiaro, ma il bello viene dopo: la norma stessa e le varie circolari applicative, a partire del 2010, assumono il concetto di obbligo: questo, tuttavia, è riferito esclusivamente alla popolazione migrante, non a chi dovrebbe garantire condizioni adeguate ai processi di apprendimento della lingua del Paese di accoglienza (usiamo questo eufemismo) e di accesso a una attestazione dei risultati.

È proprio così difficile pensare che il passaggio da soggetto che offre opportunità di apprendimento di una lingua (e in Italia questi soggetti benemeriti sono, per fortuna, molti e in genere molto attivi, ma forse sottodimensionati rispetto a una domanda di regolarizzazione che è ben più ampia) a soggetto che opera un atto ufficialmente, ma anche culturalmente ben definito, quale è una attestazione formale, possa essere affidato solo a successive disposizioni burocratiche?

Eppure qualcuno lo ha pensato; o, meglio, non ha pensato, non ha avuto la fantasia necessaria per immaginare che i soggetti che facilitano gli apprendimenti non sono enti astratti, ma persone che hanno bisogno di strumenti, di materiali, di conoscenze anche didattiche indispensabili per assolvere ai nuovi compiti.

Per fortuna c’è poi sempre qualcuno che compie il passo necessario. Ma può bastare?

Va salutato indubbiamente con favore un libro che, finalmente, fa il punto su quanto accaduto dopo l’emanazione, nel maggio e giugno del 2010, dei provvedimenti governativi che hanno introdotto l’obbligo, per gli stranieri immigrati che richiedono il permesso di soggiorno, di attestare la conoscenza della lingua italiana.

I curatori, Fiorella Farinelli e Roberto Pettenello, hanno raccolto materiale preziosissimo per i diversi attori che si occupano degli immigrati, dagli operatori sociali e del terzo settore, agli insegnanti, alle associazioni di migranti, a quelle di volontariato, ai sindacati ed enti territoriali.

L’introduzione di Chiara Saraceno inquadra i problemi a partire dall’importanza della conoscenza della lingua per chi deve inserirsi in un Paese straniero. Affronta poi il problema delle norme introdotte dal governo italiano, evidenziandone la contraddittorietà, in quanto pongono un obbligo a carico degli immigrati, la conoscenza della lingua italiana, mentre non si fanno carico di creare e favorire le condizioni affinché quest’obbligo venga espletato. A tal proposito propone un confronto con quanto realizzato in Francia e Germania. In sostanza conclude che “lo Stato italiano in quanto tale, al di là delle iniziative benemerite di singoli e di gruppi, non ha mai avviato una seria e sistematica azione nel campo dell’integrazione linguistica degli immigrati”.

Fiorella Farinelli presenta lo stato dell’arte offrendo una utile analisi delle norme che regolamentano la certificazione della conoscenza della lingua italiana ai fini del permesso di soggiorno e affrontando il tema delle condizioni di fattibilità-punti critici e contraddizioni.

Utile e opportuna anche l’analisi del dibattito sorto tra i diversi attori e soggetti sul significato complessivo delle scelte che sono a monte dei provvedimenti. E tuttavia, al di là della connotazione politica dei provvedimenti, conclude sottolineando l’importanza e il valore dell’apprendimento della lingua nelle politiche per l’integrazione dei migranti. Il limite maggiore viene individuato nell’assenza di azioni efficaci e durature a favore dell’integrazione dei migranti, nonostante quanto messo in campo da diversi organismi (scuola pubblica, Enti locali, privato sociale e volontariato), “e tanto meno di un’azione coordinata e di tipo sistemico”.

Diversi sono i punti di criticità analizzati:
• il fatto che non si sia sviluppato per tempo “un sistema sufficientemente ampio e qualificato di formazione dedicata all’apprendimento della lingua italiana da parte di pubblici adulti di altra lingua” e di conseguenza “la debolezza del sistema di certificazione linguistica”, debolezza superabile a condizione che vi sia un’azione coordinata tra gli Enti certificatori e tra questi e i CTP, organismi che somministrano i test e ne attestano gli esiti;
• la necessità di sviluppare un’offerta formativa in grado di rispondere ai nuovi bisogni degli immigrati che sottoscriveranno l’“accordo di integrazione” e che si suppone possano raggiungere il numero di 100.000 soggetti tra il 2011 e il 2012;
• le caratteristiche dell’offerta sul territorio nazionale, condizionata da numerose variabili e da fattori di tipo locale che ne determinano la qualità e l’affidabilità;
• l’urgenza di strategie per il coordinamento e la collaborazione tra i diversi attori istituzionali e sociali.

In conclusione, si sottolinea come l’apprendimento dell’italiano, “chiave per la cittadinanza”, sia questione enormemente complessa “dal cui esito dipenderà molto del futuro del nostro Paese e della stessa fisionomia dello spazio europeo”.

Nei capitoli successivi vengono presentati temi utili a configurare un quadro di conoscenze ed esperienze sull’argomento. Farinelli tratta delle competenze linguistiche del livello base (A2) e delle certificazioni. Pietro Soldini esprime la posizione della CGIL sul tema dei diritti degli immigrati nel nostro Paese e sul diritto all’apprendimento della lingua italiana. Silvia Vaccaro fornisce un quadro dei contratti di lavoro e analizza come vi venga affrontato il diritto allo studio, alla formazione e all’apprendimento della lingua italiana. Diana Cesarin tratta del ruolo dei Centri territoriali permanenti (CTP) “luogo privilegiato per l’istruzione, l’integrazione sociale e il coinvolgimento culturale dei cittadini stranieri” nonché sede istituzionale a cui è affidata la somministrazione dei test. Pasquale Calaminici presenta l’esperienza del Piemonte, esemplare nella costruzione della rete dei CTP, nel livello di coordinamento tra i CTP e nella collaborazione tra la rete e le istituzioni territoriali.

Seguono esperienze e progetti: il CTP “G. Parini” di Torino; l’esperienza di Roma delle scuole di italiano per stranieri promosse dal volontariato; lo sportello della CGIL di Bergamo; “L’italiano in biblioteca” delle biblioteche di Roma; l’esperienza della Provincia di Bologna.

Infine, un prezioso allegato, curato da Danesh Kurosh, raccoglie le norme fondamentali.

Grazia Napoletano

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