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Prassi educativa e neuroscienze: ambienti di apprendimento per lo sviluppo umano

Pubblicato il: 23/09/2011 17:44:19 -


I recenti sviluppi delle neuroscienze sembrano confermare diversi elementi di una didattica socio-costruttivista che vede nell’interazione sociale e nella costruzione attiva dei significati da parte dei bambini il suo fulcro principale. Un ambiente di apprendimento equilibrato dovrebbe incuriosire e sollecitare continuamente la mente dei bambini senza farli mai sentire minacciati o insicuri.
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PRIMA PARTE – INTRODUZIONE

Diverse ricerche del settore delle neuroscienze, che indagano in che modo la mente di un bambino cresce e si sviluppa, tendono a confermare i principi di un approccio socio-costruttivista all’educazione, così come enunciati dalle linee guida del National Association for the Education of Young Children statunitense sulla base del pensiero di diversi autori (Dewey, 1969; Piaget, 1967; Vygotskij, 1966). L’idea centrale della teoria socio-costruttivista è che i bambini apprendano su base sociale, costruendo attivamente comprensione e significati attraverso l’interazione attiva e dinamica con l’ambiente fisico, sociale ed emotivo con coi vengono a contatto.

Per trasformarsi in pratiche didattiche efficaci, gli studi sul modo di apprendere del nostro cervello devono trovare una loro interfaccia applicativa nei modi di organizzare e dare forma all’ambiente di apprendimento, che diviene quindi il vero mediatore istituzionale tra la dimensione contestuale e il mondo interno del bambino. Dato che i bambini trascorrono molto tempo a scuola sin dalla prima infanzia, molte delle indicazioni fornite di questo testo trovano la loro principale applicazione proprio nel contesto scolastico.

Scopo di questo articolo, basato su una rassegna di studi pubblicata alcuni anni fa (Rushton & Larkin, 2001), è quello di evidenziare alcuni principi dell’apprendimento socio-costruttivista collegandoli ad altrettanti principi emersi negli ultimi anni dal campo della ricerca neuro scientifica.

In questa prima parte presentiamo alcuni principi generali, mentre in un secondo articolo verranno illustrati aspetti più specifici per l’organizzazione dell’ambiente di apprendimento.

Seguendo la struttura del citato articolo di Rushton & Larkin (2001), di seguito verranno riassunti e aggiornati alcuni dei Principi Significativi per lo Sviluppo (PSS) indicati dagli autori, che trovano pari significatività tanto nelle neuroscienze che nella pratica didattica.

PRINCIPI DI CARATTERE GENERALE

PSS 1: I diversi sistemi dello sviluppo umano – fisico, sociale, emotivo e cognitivo – operano in modo strettamente connesso da loro. Ogni forma di sviluppo che si realizza in uno di questi domini influenza ed è influenzato da quanto avviene negli altri.

Si possono citare numerosi esempi di come questo principio di carattere olistico si realizzi nella vita di ciascuno di noi. Per esempio, nei bambini più piccoli, acquisire strumenti per la mobilità personale – gattonare, lanciarsi per brevi spazi barcollando da un mobile all’altro, e infine camminare e correre – accresce le loro possibilità di esplorare e comprendere sempre di più il mondo circostante. Diversi studi (Kostelnik, Soderman, & Whiren, 1993; Sroufe, Cooper, DeHart, & Bronfenbrenner, 1992) provano come tale potenzialità, a sua volta, influisca sui processi cognitivi veri e propri, che si strutturano mano a mano che il bambino inizia a dare senso e a comprenderne le leggi dell’ambiente nella misura in cui gli viene consentito di interagire con esso.

Nei bambini in età prescolare tale principio olistico risulta particolarmente evidente nel momento in cui essi iniziano a imparare a leggere e scrivere (Adams, 1990; Graves, 1983; Weaver, Stephens, & Vance, 1990). Quando un bambino inizia a esplorare le forme delle lettere e i suoni a esse associate è praticamente impossibile separare i processi di lettura da quelli di scrittura. Ciascuna di queste azioni, infatti, richiama subito l’altra. D’altra parte lettura e scrittura coinvolgono, simultaneamente, due sensi diversi, quello della vista e quello dell’udito e una ampia serie di funzioni cerebrali (uditive, visive ma anche specifiche del linguaggio), che il nostro cervello attiva e coordina continuamente.

Oggi sappiamo che ciascuna area del cervello è composta da complessi reti di neuroni e fasci nervosi che collegano diverse aree tra di loro. Quando uno stimolo sensoriale viene avvertito attraverso uno dei cinque sensi esso raggiunge direttamente il talamo, una struttura presente al di sotto della corteccia cerebrale. Il talamo opera come una sorta di centralino del cervello e il suo compito è indirizzare i segnali ricevuti verso i diversi lobi cerebrali deputati alla loro corretta percezione e interpretazione. I diversi lobi però, pur svolgendo operazioni molto specifiche (per esempio, processare informazioni visive, sviluppare o articolare un linguaggio, svolgere operazioni in memoria, ragionare ecc.) lavorano sempre assieme e in modo coordinato. Ciascun lobo interagisce strettamente con gli altri. Non funziona mai come un organo del tutto autonomo, ma opera sempre come elemento di una unità interconnessa e interdipendente (Levi-Montalcini, 2009).

L’interconnessione non si ferma qui. Un altro aspetto, ugualmente importante, collegato all’apprendimento, riguarda le emozioni. Apprendimento, memoria ed emozioni sono strettamente correlate (Caine & Caine, 1997) e anche in termini economici i progetti che cercano di potenziare a scuola quelle che vengono definite “abilità non cognitive” risultano molto efficaci (Heckman, Stixrud & Urzua, 2006). Se è vero che non esistono forme uniche di intelligenza, ma che tale qualità umana è in realtà un costrutto multidimensionale (Gardner & Galimberti, 2005), questo significa che lo stesso ambiente di apprendimento dovrebbe condurre i bambini a indagare, pensare ed esprimere le proprie idee attraverso una varietà di codici diversi. Chi apprende ha bisogno di opportunità per espandere tutte le sue forme di intelligenza e di creare ponti e connessioni tra di esse. Chi insegna ha bisogno di ricordare che tutte queste diverse forme di funzionamento mentale esistono in modo interdipendente all’interno di un unico cervello.

Un ulteriore aspetto olistico che gli insegnanti sono chiamati ad affrontare riguarda la questione di come riuscire a riconoscere e tenere in considerazione le specifiche caratteristiche evolutive di ciascun bambino all’interno di un gruppo classe composto da 20 o 30 individui. Una delle strategie didattiche più efficaci a questo proposito deriva dalla teoria di Vygotskij sulla zona di sviluppo prossimale (Vygotskij, 1966). Essa consiste nel creare gruppi verticali mescolando bambini con età e caratteristiche diverse, creando, allo stesso tempo, ampie possibilità in interazione e scambio sociale e cognitivo (Kasten & Clarke, 1993). Se tale ambiente promuove anche fiducia, auto valutazione e dialogo, i bambini che lavorano e studiano in questo modo imparano gradualmente a connettere il dominio socio-emotivo a quello cognitivo e fisico.

PSS2 Lo sviluppo si realizza seguendo un ordine di stadi relativamente stabile, nel quale abilità competenze e conoscenze più avanzate tendono a costruirsi sulla base di altre già acquisite in passato.

PSS3 Lo sviluppo procede con ritmi diversi tra i bambini. Anche nella stessa persona i suoi differenti ambiti di funzionamento posso avere livelli e andamenti disuguali.

Un lattante impara prima a stare seduto, poi a gattonare, poi a camminare. Inizia a capire semplici comandi verbali, prima di iniziare a parlare lui stesso. In questo senso lo sviluppo umano segue un ordine sequenziale. Alcuni noti psicologi dello sviluppo (Piaget, 1967; Erikson, 1963) hanno delineato i diversi stadi dello sviluppo cognitivo, emotivo e sociale. Questi stadi, all’interno di uno sviluppo normale, sono osservabili, prevedibili e misurabili per ogni bambino.

A livello fisiologico si è scoperto che l’esperienza modifica il nostro cervello costruendo nuove connessioni neuronali o rafforzando legami precedenti (Wolfe & Brandt, 1998), tanto che il tipo di esperienze che viviamo giunge a modificare lo stesso nostro modo di pensare e la qualità del nostro pensiero (Carr, 2011). Alcune di queste connessioni sono programmate geneticamente e uguali per tutti (es. i riflessi, la respirazione ecc.), mentre altre sono costruite dall’esperienza e dalla nostra interazione con l’ambiente.

L’insieme di questi fattori e la loro complessa interazione fanno sì che l’unicità di un bambino si esprima attraverso centinaia di modi diversi (per esempio: il temperamento, il carattere, lo stile e la velocità di apprendimento, l’attenzione, la memoria e così via). Tutto questo ci porta a concludere che non esistono gruppi di bambini omogenei, proprio perché non esistono due bambini uguali tra di loro. La realizzazione di percorsi di apprendimento individualizzati diventa quindi una esigenza didattica e non più una opzione.

I tre Principi Significativi per lo Sviluppo analizzati in questa prima parte hanno carattere generale. Da essi derivano una serie di implicazioni per la prassi educativa che andremo ad analizzare nella seconda parte di questo articolo.

(continua)

Bibliografia:
• Adams M.J. “Beginning to read: thinking and learning about print”, Cambridge, Mass., MIT Press, 1990
• Caine R.N., & Caine G., “Education on the edge of possibility”, Alexandria, Va., ASCD, 1997
• Carr N.G., “Internet ci rende stupidi? Come la rete sta cambiando il nostro cervello”, Milano, Raffaello Cortina, 2011
• Dewey J., “Il mio credo pedogogico: antologia di scritti sull’educazione”, Firenze, La Nuova Italia, 1969
• Erikson E.H., “Infanzia e societa” (8 rist della 2 ed.), Roma, Armando, 1976, 1963
• Gardner H., & Galimberti U., “Educazione e sviluppo della mente: intelligenze multiple e apprendimento”, Trento, Erickson, 2005
• Graves D.H., “Writing: teachers and children at work”, Exeter, N.H., Heinemann Educational Books, 1983
• Heckman J.J., Stixrud J., & Urzua S., “The effects of cognitive and noncognitive abilities on labor market outcomes and social behavior”. «Journal of Labor Economics», 24(3), 2006, 411-482. doi: 10.1086/504455
• Kasten W.C., & Clarke B.K., “The multi-age classroom: a family of learners”, Katonah, N.Y., R.C. Owen Publishers, 1993
• Kostelnik M.J., Soderman A.K., & Whiren A.P., “Developmentally appropriate programs in early childhood education”, New York – Toronto, Maxwell Macmillan Canada, 1993
• Levi-Montalcini R., “La galassia mente”, Milano, Fabbri, 2009
• Piaget J. (1964), “Lo sviluppo mentale del bambino e altri studi di psicologia”, Torino, Einaudi, 1967
• Rushton S., & Larkin E., “Shaping the Learning Environment: Connecting Developmentally Appropriate Practices to Brain Research”, «Early Childhood Education Journal», 29(1), 2001, 25-33
• Sroufe L.A., Cooper R.G., DeHart G., & Bronfenbrenner U., “Child development: its nature and course” (2nd ed.), New York, McGraw-Hill, 1992
• Vygotskij L.S., “Pensiero e linguaggio”, Firenze, Universitaria-G. Barbera, 1966
• Weaver C., Stephens D., & Vance J., “Understanding whole language: from principles to practice”, Portsmouth, NH, Heinemann, 1990
• Wolfe P., & Brandt R., “What do we know from brain research?”, «Educational Leadership», 56(3), 1998, 8-13

Michele Capurso

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