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Educare, istruire, formare: una sfida non da poco!

Pubblicato il: 07/10/2009 17:34:26 -


Le finalità che il nostro Sistema Educativo nazionale di Istruzione e Formazione dovrebbe perseguire sono molto più complesse, ricche e dettagliate rispetto a quanto dettavano i programmi ministeriali di un non lontano passato. Ma l’attuale amministrazione è in grado di attendere a un impegno così impegnativo? I dubbi sono tanti!
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Saverio Fanigliulo ci ricorda nel suo “Tutti gli alunni, nessuno escluso” che “per motivare i ragazzi, tutti i ragazzi, bisogna conoscere i loro bisogni e comunicare loro il senso e il valore della proposta didattica”. È un concetto che sviluppa con intelligenza nel suo articolo e che vorrei integrare con alcuni approfondimenti.

Nel corso degli anni abbiamo costantemente proposto una formazione degli insegnanti che non si fondasse solo sulle competenze disciplinari, ma anche su altre, non meno importanti. Non è un caso che nell’articolo 27 del CCNL comparto scuola 2006-2009 abbiamo scritto: “Il profilo professionale dei docenti è costituito da competenze disciplinari, psicopedagogiche, metodologico-didattiche, organizzativo-relazionali e di ricerca, documentazione e valutazione tra loro correlate e interagenti, che si sviluppano col maturare dell’esperienza didattica, l’attività di studio e di sistematizzazione della pratica didattica”. La domanda è: quanti dei nostri insegnanti, soprattutto della scuola secondaria, rispondono a questo tipo di profilo? Siamo in grado di rispondere? Mah!

Nel dpr sull’autonomia, all’articolo 1, comma 2, abbiamo scritto: “L’autonomia delle istituzioni scolastiche… si sostanzia nella progettazione e nella realizzazione di interventi di educazione, istruzione e formazione mirati allo sviluppo della persona umana… al fine di garantire ai soggetti coinvolti il successo formativo”. Posto che il successo formativo non significa sei politico, ma adoperarsi perché ciascuno possa realizzare il meglio di sé in ordine al suo vissuto, ad interessi, attese ecc., ne consegue che la sola leva dell’istruzione è insufficiente a fronte di tali finalità. Un processo istruttivo è finalizzato a erogare conoscenze che il soggetto è tenuto ad acquisire e che gli consentiranno di accedere a un’attività lavorativa. È la scuola del passato: se sai, vai avanti, se non sai, sei bocciato! E non è un caso che il nostro ministero si chiami da sempre dell’Istruzione… con tanto di I maiuscola!

Oggi, a fronte dei cambiamenti epocali che giorno dopo giorno si verificano nel sociale e nel mondo dei nuovi nati… e dei nuovi arrivati, ai quali dobbiamo garantire, appunto, il successo formativo, abbiamo ritenuto opportuno aggiungere una seconda leva, accanto a quella dell’istruzione, quella appunto della formazione: occorre, cioè, attivare processi che attendono alla persona, al soggetto nella sua interezza, che non si esaurisce nel solo sapere. Riguarda l’essere con tutte quelle personalissime caratteristiche in continua crescita e cambiamento, le quali, soprattutto nell’età evolutiva, non possono non essere considerate al fine di poter intervenire secondo modalità che non sono quelle di un processo semplicemente istruttivo. Si tratta di una competenza docente alta… ed altra, rispetto a quella del semplice istruire.

La terza leva è quella dell’educazione! Infatti, un soggetto che ha acquisito conoscenze, che deve sapere (esito dell’istruire), e che è in grado di controllare, governare e guidare se stesso (esito del formare) non è solo, ha a che fare con altri soggetti, interagire con essi, stringere relazioni, saper lavorare in gruppo, fino ad acquisire la consapevolezza dell’Io/Tu e del Noi, in quanto lavoratore con altri e cittadino con altri in un Paese democratico in cui deve assumere anche responsabilità civili e civiche. In effetti, questo dovrebbe essere il senso della nuova disciplina Cittadinanza e Costituzione.

Pertanto, istruire ai saperi, formare a una identità personale, autonoma e responsabile, educare al vivere insieme, sono operazioni assolutamente non da poco! Ovviamente, non vengono una prima dell’altra, ma sono vettori coesi di un corretto sviluppo/crescita. Infatti, investono la persona nelle sue tre valenze, quella del conoscere finalizzato al fare, quella dell’essere consapevole, che è compos sui, potremmo dire, quella del sapersi misurare con gli altri da Sé nel mondo degli affetti, del lavoro, della dimensione civile.

Si tratta di una sfida che mette in seria discussione tutto il sistema di istruzione per come lo abbiamo ereditato e per come è tuttora! Né possiamo dire che i processi di un suo riordino, attivati e da attivare, puntino a finalità di questo spessore e indichino con chiarezza quali strategie siano da adottare. Se poi si pensa che gli obiettivi proposti ai nostri studenti non dovranno più essere una sommatoria di conoscenze, bensì l’acquisizione di competenze culturali, professionali, di cittadinanza, non c’è affatto da stare allegri! Soprattutto perché su tale materia il primo a non sapere come muoversi è proprio il nostro ministero. Basti pensare che le competenze – che ancora non sa quali saranno – dovrebbero essere certificate con i voti decimali! E a discrezione degli insegnanti! Follia pura!

Per il nostro ministro una sola cosa è certa! Che la colpa di tutta questa confusione è della pedagogia, soprattutto di quella dei sessantottini! Io sono salvo, perché appartengo alla generazione precedente! Con atteggiamenti di questo tipo, è difficile che si proceda a quel rinnovamento che dovrebbe investire non solo gli ordinamenti, ma anche e soprattutto l’organizzazione della didattica e la professionalità dei docenti. Ovviamente, se si continuerà ancora a parlare e a legiferare in termini di orari spezzatino, di contenuti rigidamente disciplinari, di classi di concorso, di classi di età e via dicendo, aule spoglie, banchi scomodi, insegnanti saccenti istruttori continueranno a tediare i nostri alunni sempre più demotivati.

Effettivamente, qua e là nei documenti del riordino del secondo ciclo si accenna al superamento dell’insegnamento per singole discipline, alla necessità di una didattica laboratoriale, all’analisi di caso e alla soluzione di problemi, al lavoro per progetti, all’alternanza: ma sono modalità che sono presentate più come un optional affidato all’autonomia delle istituzioni scolastiche – sempre invocata quando non si ha il coraggio di imboccare nuove strade – che come una serie di inderogabili necessità. Insomma, percorrere il “vecchio” dà sempre tanta sicurezza a un’amministrazione ottusa, arretrata, incapace di cogliere il nuovo e di indicare nuove strade! E se qualche coraggioso, per avventura, le volesse imboccare, sotto l’ala permissiva dell’autonomia, faccia pure! Il fatto è che guardare lontano con occhi lungimiranti è difficile! È molto più facile amministrare l’hic et nunc, soprattutto senza spendere molto!

Tutto perché questa scuola sessantottina non merita più di tanto! Basta contentarci di pochi promossi, purché siano veramente… meritevoli! E degli immeritevoli che ne facciamo? Fatti loro!

Maurizio Tiriticco

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