Sognando Buchi neri
Ho fatto uno strano sogno…
Era appena stato assegnato il Nobel per la Fisica 2020, per metà a Roger Penrose «per la scoperta che la formazione dei buchi neri è una solida previsione della teoria generale della relatività» e per l’altra metà a Reinhard Genzel e Andrea Ghez «per la scoperta di un oggetto compatto supermassiccio al centro della nostra galassia».D’altro canto, dopotutto non ero desto, la pandemia era un pallido ricordo e l’atmosfera generale era ben più leggera che in quell’opprimente anno. Dappertutto erano evidenti gli effetti del generale rinnovamento del nostro Paese, che era riuscito, contro ogni aspettativa, a utilizzare al meglio la grande disponibilità di denaro che era seguita alla crisi: triplicati gli investimenti in ricerca e sviluppo, portandoci al terzo posto nell’OCSE, e nella scuola era finalmente avvenuto quel cambio di paradigma a cui molti avevano lavorato per decenni.
Appena saputo del Premio, insieme al collega di Filosofia facciamo partire l’invito per un laboratorio elettivo pomeridiano. Sono in tanti, e così pensiamo di farli lavorare su tre assi. «Buonasera, grazie di essere venuti. Vedete questo quadro? Si chiama Waterfall. Sì, è lui, Escher. Ma lo sapete che è stato ispirato da questo triangolo impossibile?
Beh, questo è un disegno di Penrose, un genio che si è occupato con successo di tante cose strane e ha appena preso il Nobel per aver dimostrato che i buchi neri devono esistere e aver trovato un meccanismo con cui da essi potrebbe essere estratta energia. Utile? Chissà, andate a cercare Black hole farming, è un po’ futuristico ma interessante. Insomma, Penrose è un fisico, ma anche un matematico, un filosofo della scienza, forse anche un visionario: leggete una buona recensione de La mente nuova dell’imperatore. Esplorate un po’ il personaggio e scegliete un frammento della sua opera, qualunque sia sarà più che interessante.
Naturalmente poi qualcuno dovrà occuparsi di capire e quindi riuscire a spiegare in una manciata di minuti cosa è un buco nero. Per questo non voglio dirvi nulla ora, ma partite dalla voce di Wikipedia, anche se non riuscirete capire tutto, e poi leggete il sesto capitolo, magari anche il successivo, del libro di Hawking Dal big bang ai buchi neri. Mettiamoci pure il terzo capitolo di L’ordine del tempo,di Rovelli, che se vi piace poi lo leggete tutto.
Mi spiace per lui, ma saltiamo a piè pari Reinhard Genzel, è più interessante il terzo componente: Andrea Ghez ha contribuito a trovare il nostro buco nero, quello che sta al centro della nostra galassia in Sagittarius A*. Come dici? Gargantua di Interstellar? Già, anche quello è un bel buco nero, ed esiste davvero, ma è in M87, una galassia molto lontana. Vi svelo che in Germania Andrea è un nome femminile, e lei è la quarta donna a ricevere un Premio Nobel per la fisica. Su quanti? Beh, se andate su List of Nobel laureates in Physics di Wikipedia trovate oltre duecento uomini! Allora proviamo a sfruttare questa occasione per capire l’importanza del fatto che Andrea è una donna! Vi dico solo di partire dall’articolo Donne e Nobel di Pietro Greco su rivistamicron.it e anche di cercare in rete la sigla STEM: scoprirete un mondo.
E ora via, non perdiamo tempo, ragazze (beh sì, vi declino al femminile vista la maggioranza di genere), che ci appassisce la notizia: formate i gruppi. Direi che ci possiamo vedere un paio di volte a settimana, ma intanto fate una cartella condivisa dove mettere tutti i materiali che trovate, e aprite dei documenti collaborativi dove prenderanno forma i testi, alle slide penserete alla fine. Insomma, come facciamo sempre… Tu sei nel club che gestisce il calendario del seminario mensile di Istituto, giusto? Beh, fatti valere con il gruppo del debate Lucrezio vs Voltaire e convincili a scambiare i turni, promettigli quello che vuoi! Allora, ci rivediamo tra tre giorni, cosa vi impegnate a fare per quella data?»
Poi arriva il pomeriggio in cui siamo nell’aula magna: non è strapiena, ma sono quasi venti prof e sessanta studenti, va benissimo così, misureremo il successo didattico da quante domande arriveranno. E ancora una volta si compie il miracolo, che ci commuove e ci riempie di orgoglio: i ragazzi, anzi diciamo le ragazze, piene di adrenalina fino a un attimo prima, stanno belle presentazioni, perché quello che dicono è farina del loro sacco, è il frutto del loro lavoro di squadra, con il taglio che hanno deciso loro; il resto della magia lo dobbiamo a questa cosa antica che è il teatro, l’energia che rimbalza tra i relatori e il pubblico. Ah, tocca a me, ho i miei quindici minuti per fare il mio intervento più tecnico, farò del mio meglio anche se, certo, l’argomento è ostico per gli studenti e per i colleghi non fisici.
Stasera tutti a mangiare una pizza, ma domani iniziamo subito a progettare il viaggio di istruzione per gennaio all’osservatorio dell’OAVDA a Saint Barthélemy, che ci faranno vedere gli astri indicandoli con quei loro laser mentre si sta a bocca aperta a dieci sotto zero, e poi si dorme nell’ostello dove prima ci hanno portato il pentolone con la polenta fumante e ci siamo dovuti arrangiare da soli. È importante, perché se anche solo uno su dieci ci prende gusto, a guardare a bocca aperta e naso all’insù, prende gusto alla scienza, all’esercizio della curiosità, alla conoscenza, alla sua possibilità di farcela, chissà che può venirne fuori.
Oh, non ho sentito la sveglia, è tardi, doccia vestiti caffè guidare, primapagina su Radio3 e… buongiorno ragazzi… E stanno ancora tutti lì, ingessati su quei banchi con i bollini distanziatori, con la ricreazione a classi separate nel piazzale, nei paddock come quadrupedi a stabulazione libera, proibiti i laboratori pomeridiani ma restano le interrogazioni e seiorefermisedutiasentirequellocheparlaeparlaeparla.
Va bene, ho capito, che qui già arriva l’inverno e non ci si vede tanto chiaro, se aspettiamo ancora va a finire che non si fa proprio nulla… E allora, cari studenti, lo vogliamo fare un laboratorio pomeridiano incontrandoci online?
Giuseppe de Ninno docente di fisica e matematica di liceo Ettore Majorana di Orvieto