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Un professore di matematica che si diletta di filosofia

Pubblicato il: 20/04/2011 13:53:12 -


Nel clima di celebrazioni del 150enario della unità italiana due articoli del Sole 24 Ore (“Geometria come cultura” di Bottazzini e “Così l’Italia azzoppò la scienza” di Massarenti) hanno il merito di riportarci indietro di 100 anni, al 1911, e al IV congresso della Società filosofica italiana che, ancora oggi, vale la pena di ricordare, se si vuole capire perché sia così faticoso per la scuola, ma forse anche per la cultura italiana, essere laici e scienziati.
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Il 7 novembre del 1909 “Il Marzocco” pubblica una intervista a Federico Enriques sul congresso della società filosofica italiana che si è chiuso a Roma pochi giorni prima e che, a detta del giornalista, ha “lasciato odore di polvere” per la foga di uno scontro, più che di un confronto, tra intellettuali che comunque cercano di misurare le proprie teorie con quello che si agita nel “mondo” al di là degli spazi della speculazione. Il giornalista registra con stupore lo scalpore suscitato sulla stampa e l’interesse e la partecipazione vivace di un pubblico di non specialisti. L’intervista è un modello di rispetto e sobrietà e si svolge su toni cui non siamo più abituati. Il presidente della società filosofica, pur non rinunciando a esprimere con chiarezza le sue posizioni, pone, come condizione per aprire il colloquio, la salvaguardia del suo ruolo, che gli ha imposto nel congresso e gli impone ancor più nella intervista di agevolare e mantenere vivo il confronto, senza far pesare i suoi convincimenti: “devo distinguere il ruolo dell’organizzatore da quello dell’uomo di pensiero”. Enriques è convinto che solo una collaborazione tra scienza e filosofia potrà portare la cultura italiana a misurarsi con le grandi questioni teoriche del presente “un rinnovamento vero della filosofia potrà avvenire attraverso la scienza”, o meglio attraverso una collaborazione tra filosofi e scienziati. Due sono i riferimenti di Enriques, Poincaré, che ha sentito il bisogno di impostare filosoficamente i suoi studi su problemi di matematica, e Bergson, che si “accosta” alla scienza, questo non è ancora accaduto in Italia, ma Enriques vede nel dibattito, che si è appena aperto, l’avvio di una nuova fase; del resto Croce non aveva partecipato perché trattenuto a Napoli e Gentile, che pure si era affacciato perché a Roma per una commissione, era dovuto ripartire perché impegnato con gli esami (fondo Enriques – http://enriques.mat.uniroma2.it/). In una lettera a Vailati, richiamata da Bottazzini, all’inizio del secolo aveva espresso la convinzione che la filosofia dovesse essere fatta da “spiriti scientifici e in servigio della scienza”. La sua filosofia scientifica aveva preso le mosse dalla riflessione critica sui principi della geometria e sulla natura dello spazio che gli avevano fatto abbandonare “i campi della geometria ove il pensiero riposa tranquillo nella sicurezza degli acquisiti”, per verificare come “le geometrie non euclidee avessero reso evidente che le nostre nozioni geometriche, in quanto si riferiscono alla realtà sensibile, non possono in alcun modo pretendere a quella rigorosa certezza che fu tenuta come uno dei più forti argomenti in favore del loro carattere a priori”. I progressi di questi pensieri si sentono nel 1906 quando a Guido Fusinato, allora ministro della pubblica istruzione nel terzo governo Giolitti (l’uomo politico veneto sarà poi protagonista nel 1912 del trattato di Ouchy alla conclusione della guerra libica) contestava “l’assurdità di preparare i futuri filosofi con una esclusiva educazione storica e letteraria” e affermava che la matematica avrebbe dovuto avere un “posto d’onore” tra le discipline che preparano agli studi filosofici. Quando poi Croce e Gentile arrivarono di persona al quarto congresso della società filosofica Italia del 1911, il confronto tra filosofia e scienza venne chiuso con altezzosa sicurezza.

Enriques, ma chi è? “un professore di matematica che si diletta di filosofia”. Non si capisce se per Croce fosse più grave essere professore di matematica o dilettarsi di una cosa seria come la filosofia. Gentile rincarò la dose, accusando Enriques di dilettantismo scientifico, perché “dirige una rivista eclettica” (“Scientia”), che affianca nello stesso fascicolo studi di elettromagnetismo, di chimica e di biologia, di economia e di psicologia e quant’altro, tanto da nuocere anche alla scienza. Del tutto trascurabile appariva agli occhi dei nostri idealisti che a “Scientia” collaborassero Carnap, Russell, lo stesso Einstein per fare solo alcuni nomi, come ricorda Massarenti. Il guaio è che poi Croce e Gentile abbiano avuto la ventura di essere, sicuramente in contesti molto diversi, non solo punti di riferimento culturali indiscussi, ma anche ministri della pubblica istruzione (qui Gentile porta più colpe di Croce), ma la condanna dei saperi teorici della cultura del Novecento pesa ancora sulla formazione dei nostri giovani.

Approfittare del centocinquantenario per recuperare qualche pezzo che abbiamo perso cento anni fa, non sarebbe male.

Vittoria Gallina

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