Cittadinanza e costituzione, tra curricolo esplicito e curricolo implicito
Qualunque ispirazione si voglia interpretare, sotto il profilo delle competenze e della preparazione degli insegnanti che si impegnano e impegneranno nella questione “Cittadinanza e Costituzione” la sfida ha dimensioni “specifiche e determinate”. Sempre che si voglia superare la dimensione “esortativa” che l’argomento rischia di assumere quando si accompagni a “genericità” di riferimenti.
A partire dalle proposte del Ministro della Pubblica istruzione, di fare di “Cittadinanza e Costituzione” un oggetto di insegnamento nella scuola di ogni ordine e grado, si è sviluppato nella scuola l’usuale mix di reazioni: dal confronto tra ipotesi di realizzazione di tale indicazione (farne una disciplina oppure una “impostazione trasversale”), all’innesco di “progetti di sperimentazione”, ai tentativi di interpretazione e misura delle conseguenze didattiche (quali discipline investite, valutazione, modalità di inserimento nel curricolo, ecc…).
Il tutto accompagnato da confronti anche vivaci “esterni” (si veda la polemica tra Ernesto Galli della Loggia dalle pagine del Corriere della Sera, le risposte del prof. Luciano Corradini, coordinatore dei lavori dell’apposita Commissione messa in opera dal Ministro).
Alla base di tutto ciò mi pare stiano tre ispirazioni di fondo, certo non alternative, ma che sottolineano aspetti diversi del significato e degli obiettivi che si vorrebbero perseguire con tale iniziativa.
La prima, importante ma dal punto di vista culturale di portata ristretta, muove dalle preoccupazioni relative ai “comportamenti” giovanili che, con le contraddizioni e le “deviazioni” misurate nella vita quotidiana della scuola, sono state variamente elaborate negli ultimi anni, con rilevanza, enfasi e ridondanza mediatica: il bullismo, l’uso disinvolto delle tecnologie della comunicazione ecc.
Con questo significato, assai ridotto, le proposte relative a Cittadinanza e Costituzione sembrerebbero dirette a dare il “conforto” di un piano culturale più elevato al richiamo generale rivolto alla valutazione del comportamento (l’enfasi sul voto in condotta).
La seconda interroga l’oggetto, che ormai è catalogato come “Cittadinanza e Costituzione” sotto il profilo delle discipline di insegnamento, dal Diritto, all’Economia, alla Storia, in relazione alla loro effettiva presenza nel curricolo, per scoprire una verità da sempre presente.
E cioè che nel nostro ordinamento tali discipline non sono presenti e se lo sono hanno rilievo “specialistico” (negli indirizzi economico-giuridici della secondaria superiore) ma non nella “formazione di base”. Oppure, come nel caso della Storia, non hanno “sagomature” capaci di riflettere e portare in rilievo le questioni connesse all’oggetto.
Si veda in proposito la ragionata ed esauriente ricostruzione dei diversi tentativi esperiti nel tempo attraverso programmi e ordinamenti, presentata nel documento elaborato dalla Commissione presieduta dal Prof. Corradini.
Né il richiamo (più tradizionale) all’Educazione Civica, né quello più recente alla necessità di sviluppare l’insegnamento della storia del ‘900 sembrano “centrare l’obiettivo”.
Certo la storia del ‘900 è caratterizzata dalla affermazione dei “diritti sociali di cittadinanza”, almeno nella seconda metà del secolo: ma appunto è quella parte di storia che in generale sfugge alla elaborazione approfondita dei “programmi”.
E d’altra parte, se si dovesse approfondire il problema del rapporto tra cittadino e Stato potrebbe avere altrettanta importanza lo studio della Guerra dei Trent’anni e della pace di Westfalia….
La terza ispirazione, sullo sfondo, è il messaggio che proviene dalla UE, con la determinazione del repertorio delle “Competenze di cittadinanza” definito per la conclusione del ciclo obbligatorio di istruzione.
Si veda in proposito l’intervista video al prof. Maurizio Tiriticco pubblicata su Education 2.0 che illustra tali “competenze” con limpidezza, rigore e semplicità.
Come spesso succede alle determinazioni europee, mi pare però che, anche e soprattutto per questo argomento che affonda le sue radici di senso nelle diverse formazioni storico sociali dei paesi membri, l’istanza di produrre indicazioni all purpose conduca ad affermazioni rarefatte di significato e in definitiva povere di specificità.
Le competenze di cittadinanza, in quelle indicazioni (e le riassume bene Tiriticco) si collocano in tre dimensioni: la persona in sé stessa, la persona nel rapporto con gli altri, la persona nel rapporto con il lavoro.
Nulla da eccepire naturalmente: ma quelle coordinate sono null’altro che le coordinate della “formazione” in quanto tale. Potremmo applicarle, in chiave “educativo-formativa” ad ogni campo disciplinare.
Le diverse ispirazioni di fondo qui descritte si intersecano variamente nel determinare posizionamenti espliciti, ipotesi di realizzazione di iniziative curricolari e non, in una fase che, come usuale nella nostra scuola, potremmo identificare come “sperimentazione”.
Che “mille fiori fioriscano” potrebbe essere una buona ispirazione, se se ne prevedesse una conclusione di valutazione e di messa a regime dei risultati migliori (avviene di rado). Invece di un preludio alla “falciatura”: ciò che accade in genere a cadenza temporale di medio e lungo periodo, con spreco di risorse e delusioni in chi vi si è impegnato.
Se affronto l’argomento è perché mi pare che qualunque ispirazione si voglia interpretare, sotto il profilo delle competenze e della preparazione degli insegnanti che comunque si impegnano e impegneranno nella questione “Cittadinanza e Costituzione” la sfida ha dimensioni “specifiche e determinate”. Sempre che si voglia superare la dimensione “esortativa” che l’argomento rischia di assumere quando si accompagni a “genericità” di riferimenti.
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La cittadinanza intesa come relazione sociale di inclusione politica del soggetto nello Stato. continua
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Dunque la formazione…
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Prima e per “Cittadinanza e Costituzione” nel curricolo
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Franco De Anna