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Italiano nel mondo: prospettive (necessarie) di sviluppo

Pubblicato il: 16/10/2014 18:03:33 -


Il punto di vista di Monica Barni, rettrice dell’Università per Stranieri di Siena, sede dell’Osservatorio Linguistico Permanente dell’Italiano diffuso fra stranieri e delle lingue immigrate in Italia.
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Alla vigilia degli Stati Generali della Lingua Italiana, il tema al centro del dibattito è tra quelli che periodicamente occupano la discussione, ma che purtroppo velocemente vengono dimenticati: il ruolo della lingua italiana nel mondo, le modalità, gli strumenti, i mezzi per una progettazione degli interventi, le figure coinvolte.

Alla vigilia degli Stati Generali della Lingua Italiana, il tema al centro del dibattito è tra quelli che periodicamente occupano la discussione, ma che purtroppo velocemente vengono dimenticati: il ruolo della lingua italiana nel mondo, le modalità, gli strumenti, i mezzi per una progettazione degli interventi, le figure coinvolte.

Dal nostro punto di vista l’Università per Stranieri di Siena, per la sua stessa specificità e missione, è un osservatorio privilegiato della condizione dell’italiano e del ruolo degli italofoni e delle comunità italiane nel mondo, grazie all’attività di ricerca che svolge sul tema, attraverso il Centro di Eccellenza della Ricerca – Osservatorio Linguistico Permanente dell’Italiano diffuso fra stranieri e delle lingue immigrate in Italia, e all’analisi dei pubblici coinvolti nelle attività (certificazioni, corsi di lingua italiana a distanza e in presenza che coinvolgono anche italiani residenti all’estero, discendenti di italiani, seconde generazioni di italiani all’estero).

Tali attività hanno permesso alla Stranieri di assumere il ruolo di osservatorio privilegiato per una possibile politica linguistica e culturale, che purtroppo per anni è stata poco organica, se non addirittura assente. Tale ruolo ha permesso di captare i profondi mutamenti di posizione della lingua-cultura-economia-società italiana nel mondo globale sotto la spinta delle mutate esigenze di sviluppo linguistico – avente come protagonista l’italiano – sia all’estero, sia in Italia: esigenze sentite dal complesso del corpo sociale in quanto strumento del generale sviluppo culturale, ma anche, in modo particolare, sentite dal sistema economico-produttivo, impegnato nei processi di internazionalizzazione e perciò coinvolto pienamente nello sviluppo della consapevolezza circa il ruolo di apripista che la lingua-cultura italiana ha anche per la diffusione delle nostre merci nel mondo.
In un panorama attuale che vede una fortissima presenza di italiani all’estero, con in aumento la percentuale di coloro che sono partiti in anni recenti (anche verso aree non tradizionalmente indicate come meta dell’emigrazione italiana, ad es. l’Est Europa) sono presenti competenze e contatto con l’Italia diversificati. Mentre la maggior parte degli anziani possiede il dialetto, la lingua con cui sono partiti i loro avi, e gli adulti possono avere competenze in diversi italiani (regionale, popolare, standard ecc.), essendo cresciuti e formatisi in Italia prima di partire, per la maggior parte delle seconde-terze-quarte generazioni di giovani e adulti l’italiano è una lingua straniera, anche se indicata (talvolta erroneamente) come lingua della comunità di origine. La compresenza e la stratificazione diacronica di gruppi con competenze diverse in italiano, considerato anche che il loro contatto con la lingua italiana può essere stato molto diversificato negli anni (a seconda dei percorsi migratori e della possibilità di esposizione ai media), hanno creato una condizione della lingua italiana nel mondo molto articolata e diversificata, a cui non può essere data una risposta omogenea. Se da una parte anche per gli ‘emigrati italiani più recenti’ sono presenti i problemi di sempre, evidenziati periodicamente nelle relazioni dei CGIE e Comites ecc., in relazione al bisogno di formazione in lingua italiana, per una parte di essi l’italiano, rispetto al passato, rappresenta una competenza posseduta e nella quale si è cresciuti e la vera sfida è il mantenimento dell’italiano nelle ‘future’ seconde generazioni. Far comprendere il ruolo del mantenimento delle lingue di origine, in un mondo dai confini più facilmente superabili, è un valore di base (non tanto ‘aggiunto’). Sempre di più convivono forme di italofonia diversificate e bisogni che vanno rilevati, in termini d’insegnamento della lingua italiana, diffusione dei media e loro contenuti, rapporto con la realtà economica, culturale, sociale d’insediamento (presenza di italianismi, uso della lingua italiana per specifiche professioni, ruolo nel paese di politiche mirate al bilinguismo, monitoraggio dei discendenti italiani, rapporto con altre comunità immigrate). In questo senso anche le politiche messe in atto dalle Regioni nei confronti degli italiani nel mondo (ad es. Toscani nel mondo, Friulani nel mondo, Campani nel mondo ecc.) possono trovare spazio e coordinarsi nelle specifiche realtà.

La risposta a questa complessa situazione può essere semplicemente un generico coinvolgimento delle comunità italiane all’estero nella diffusione dell’italiano, o una loro erronea considerazione come “ambasciatori della lingua e della cultura italiana ne mondo”, lingua e cultura che molti di loro non hanno mai posseduto. La risposta deve essere molto più complessa, così come complessa è la situazione. Occorre agire in modo diversificato sui gruppi per i quali la lingua italiana è un’esigenza di appropriazione / riappropriazione / ricostruzione di un legame con un passato più o meno lontano, anche decostruendo stereotipi e luoghi comuni; occorre convincere gli italiani partiti più di recente (partiti anche per una delusione nei confronti dell’Italia di oggi) che la lingua è un’eredità da non perdere / disperdere / cancellare nel percorso migratorio che vivono.
Valorizzare quindi livello d’istruzione e competenze linguistiche per rendere questi gruppi portavoce di un’Italia contemporanea, mobile e più consapevole della mobilità, in grado, anche quando la scelta di vivere fuori dell’Italia fa parte di un percorso migratorio a lungo termine, di essere portavoce della lingua italiana nel mondo. Di questo gruppo fanno parte anche tutti quei giovani e adulti che partono dall’Italia per andare a svolgere attività correlate a quei terreni di eccellenza / successo dell’Italia nel mondo: designer, architetti, artisti ecc., ma anche docenti di lingua italiana come L2, formati specificamente per svolgere questo ruolo, la cui professionalità dev’essere un valore / ruolo riconosciuto in Italia come all’estero e in grado di interagire adeguatamente e consapevolmente con il contesto formativo del paese di arrivo. In un’ottica di una seria programmazione politica riconoscere la specifica funzione di tale professione, anche attraverso una specifica classe di concorso e modalità innovative d’impiego, è funzionale ad ogni azione che verrà messa in atto. Al riconoscimento professionale del docente di italiano L2 si accompagna la necessità di realizzare strumenti e prodotti tipici di un’industria culturale e linguistica (intendendo anche corsi di lingua, certificazioni, trasmissioni radiofoniche e televisive) che abbiano l’obiettivo di migliorare qualitativamente la presenza della lingua e cultura italiana.
Il 7 ottobre 2014, in occasione della presentazione del IX Rapporto degli Italiani nel mondo della Fondazione Migrantes, il Sottosegretario agli Esteri con delega agli Italiani nel mondo, Mario Giro, ha sottolineato “una mancanza, non solo politica: una distanza non colmata tra italiani d’Italia e italiani all’estero. Bisogna capire, studiare. La politica deve affrontare i problemi delle comunità all’estero, l’Italia deve darsi una politica per gli italiani all’estero”.

Queste parole riportano al tema della necessità di una politica per l’italiano nel mondo sistemica, organica, consapevole della diversità delle situazioni, pronta a dare risposte adeguate ai diversi bisogni, e quindi efficace, in grado di mettersi in relazione con le politiche dei diversi paesi del mondo in cui la lingua italiana è presente, nonché con le politiche europee. Questo, purtroppo, fino ad oggi è mancato.

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Immagine in testata di Wikipedia (licenza free to share)

Monica Barni

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