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Studenti che diventano scienziati

Pubblicato il: 30/11/2010 14:58:00 -


Nei manuali di chimica molti contenuti, trattati teoricamente e fonte di esercizi applicativi, sono decontestualizzati. Qui si propone invece agli allievi di affrontare un argomento significativo ponendosi gli stessi problemi, teorici e pratici, che gli scienziati hanno precedentemente risolto: le densità di sostanze gassose e le loro masse molecolari relative. Il contributo è stato presentato al convegno del 23 aprile “La scuola nuova nasce dal basso. Esperienze concrete di innovazione educativa”. In calce la presentazione in slideshow dell’esperienza.
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Nella prima metà del diciannovesimo secolo il lavoro di ricerca di famosi scienziati, anche attraverso accesi dibattiti fra gli stessi, ha determinato scoperte fondamentali che sono alla base di concetti strutturanti della chimica come quelli di atomo, molecola e massa atomica e molecolare relative (m.a.r. e m.m.r.). In particolare l’attività di Stanislao Cannizzaro, eminente scienziato e insegnante nonché membro attivo del Risorgimento, culminò nel Congresso Chimico Internazionale di Karlsruhe del 1860 dove ebbe fine un lungo periodo di controversie e si posero le basi per il successivo impetuoso sviluppo della chimica.

Il contributo proposto si basa sulle seguenti considerazioni di carattere metodologico-didattico: 1) i contenuti oggetto di apprendimento delle scienze non sono soltanto il “cosa”, ma anche il “come” e il “perché”; 2) le scoperte scientifiche dipendono dai problemi che gli scienziati si pongono quindi gli stessi problemi vengono posti agli allievi; 3) le scoperte scientifiche sono un prodotto sociale quindi gli allievi lavorano in gruppi di apprendimento cooperativo; 4) le conoscenze sono trasmissibili solo fra “esperti” quindi gli allievi sono messi nella condizione di costruire autonomamente le loro conoscenze; 5) lo studio delle scienze deve contribuire all’acquisizione di competenze trasversali quali, per esempio, la comunicazione, la sperimentazione, la progettazione e la cooperazione.

Nel percorso didattico, effettuato in tre classi seconde di un I.T.I., sono state utilizzate schede di lavoro, fornite a ogni allievo in vece del manuale di chimica, che proponevano problemi di carattere teorico o pratico. Agli allievi, che in precedenza si erano analogamente costruiti i concetti di atomo (come particella indivisibile della materia secondo il modello di Dalton) e di molecola (come particella costituita da due o più atomi uniti fra di loro) e che già conoscevano il Principio di Avogadro (volumi uguali di gas diversi, nelle stesse condizioni di temperatura e pressione, contengono lo stesso numero di molecole) è stata consegnata una scheda di lavoro dove si chiedeva di calcolare i rapporti fra le densità di tre coppie di sostanze semplici gassose (dicloro e diidrogeno, diossigeno e diidrogeno, diazoto e diidrogeno) alla stessa temperatura e pressione (livello macroscopico) e di interpretare a livello microscopico i risultati ottenuti.

Il compito non era semplice: ogni allievo ha compilato individualmente la propria scheda di lavoro, si è confrontato con i componenti del proprio gruppo e successivamente, dal confronto fra i gruppi, si è concordato che, avendo i gas lo stesso numero di molecole, i rapporti fra le loro densità corrispondono, a livello microscopico, ai rapporti fra le masse delle loro molecole. Dato che le tre molecole considerate sono biatomiche, tali rapporti corrispondono anche ai rapporti fra le masse degli atomi degli elementi.

Ponendo agli allievi opportune domande stimolo la discussione ha sortito le seguenti considerazioni: a) visto che l’atomo di riferimento è sempre dell’elemento idrogeno le masse atomiche sono relative alla sua massa; b) con questa tecnica si possono ricavare le masse molecolari relative delle molecole di sostanze semplici o composte gassose e anche liquide o solide utilizzando, quando è possibile, i loro vapori.

È possibile riprodurre in un laboratorio scolastico tale metodica? Con il collega di laboratorio è stato progettato un impianto costituito da una beuta in cui, mediante reazioni chimiche, venivano prodotti i due gas diidrogeno e diossido di carbonio. Ogni gas veniva convogliato, attraverso un refrigerante, in un imbuto separatore (in cui era stata precedentemente tolta l’aria con una pompa per vuoto) collegato a sua volta a un manometro costituito da un lungo tubo a U riempito con mercurio, sostanza liquida molto densa, per permettere la produzione di una significativa massa di gas.

L’attività sperimentale è stata riassunta in un’opportuna scheda di lavoro. Misurando le masse dell’imbuto separatore riempito con ognuno dei due gas a parità di altezza della colonna di mercurio (stessa pressione) e sottraendone la massa dell’imbuto separatore vuoto è stato possibile, dividendo i due valori e sapendo che la m.m.r. del diidrogeno vale 2, calcolare la m.m.r. del diossido di carbonio. Il valore ottenuto (8) è stato molto minore del valore reale (44) il che dà merito agli scienziati dell’Ottocento per le loro capacità sperimentali.

Il percorso è stato valutato da una verifica teorica con un analogo esercizio di calcolo della m.m.r. delle sostanze gassose diossido di zolfo e triossido di zolfo e dalla relazione dell’esperienza svolta secondo il seguente schema già utilizzato dagli allievi: 1) Individuazione del problema; 2) Conoscenze teoriche; 3) Formulazione dell’ipotesi, 4) Verifica sperimentale dell’ipotesi (materiali e procedimento); 5) Raccolta dati (osservazioni, misure, calcoli, grafici…); 6) Risposta al problema (interpretazione).

Scarica la presentazione in PPT dell’esperienza.

Antonello Pesce

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