Spero sia felice!
Mi sembra che a più di qualcuno non sia ancora chiaro che nella scuola dell’obbligo, fino al compimento del sedicesimo anno di età, i ragazzi sono “obbligati” a frequentare. Come sappiamo un po’ tutti, molti ragazzi, se dipendesse solo da loro, farebbero volentieri a meno di venire a scuola. La formazione “obbligatoria” dei nostri figli, prevista dalla Costituzione e dalle leggi istitutive e confermative della scuola dell’obbligo, è un bene prezioso che garantisce a ogni cittadino-persona l’esercizio consapevole dei propri diritti e dei propri doveri.
In questi giorni ho letto un articolo a proposito del rapporto della Fondazione Agnelli sulla scuola media dal titolo: “I ritardi scolastici a 11 e 13 anni: quali i fattori di rischio”: “Il ritardo scolastico è spesso il primo campanello d’allarme del ‘rischio abbandono’, una delle maggiori criticità della scuola italiana. Durante il periodo dell’obbligo i ritardi scolastici arrivano al 25% nei primi due anni di scuola secondaria superiore. È, però, nella scuola media che cominciano a manifestarsi significativamente, giungendo fino al 10%, dopo essere rimasti molto contenuti alle elementari”.
Qualcosa non quadra se molti ragazzi vengono scacciati precocemente dalla scuola per riversarsi per strada senza alcuna preparazione culturale e consci che la scuola non offre nulla di buono per loro! Sono quei ragazzi che hanno alle spalle famiglie “fragili” e “difficili”, sono quei ragazzi che provengono da ambienti modesti economicamente e culturalmente.
La Costituzione riconosce pari opportunità rispetto al diritto allo studio. Per consentire a tutti gli alunni, nessuno escluso, di esercitare in pieno questo diritto è necessario che la scuola, attraverso i suoi operatori scolastici, predisponga un progetto educativo inclusivo che sperimenti percorsi di personalizzazione dei piani di studio e preveda spazi, tempi, strutture educativo-didattiche flessibili che favoriscano l’accoglienza, la motivazione all’apprendimento.
Purtroppo le scuole del primo ciclo rivolgono la loro “attenzione pedagogica” principalmente verso i ragazzi più “meritevoli”, tralasciando o sottovalutando i ragazzi che manifestano atteggiamenti di estraneità rispetto ai processi di insegnamento-apprendimento standard posti in essere.
Non so se succede anche a voi, non riesco più ad accettare che un ragazzo sia pluribocciato, penso che se ciò accade, la responsabilità sia da imputare a una cattiva organizzazione della scuola, al mancato senso di accoglienza e inclusione della diversità, a una pessima relazione tra gli operatori scolastici, alla carenza di processi di insegnamento-apprendimento personalizzati che implichino metodologie didattiche innovative rispetto al “solito” modo di fare scuola.
Quei ragazzi “fragili” che vivono situazioni “difficili” in contesti demotivanti che, nonostante tutto, esprimono grande energia culturale (voglia di fare, di sapere, di ricercare, di disegnare, di studiare…) vanno ulteriormente spinti alla motivazione, alla inclusione, al potenziamento delle loro capacità riservando per loro premi, incentivi, borse di studio, al di là del freddo “voto in decimi” che può uniformare e discriminare.
Per essere più chiaro, un preadolescente che vive in un contesto familiare e sociale “demotivante” è ovvio che deve superare più ostacoli per conseguire un livello alto di acquisizione delle competenze rispetto a un preadolescente che vive in un ambiente “ricco” culturalmente ed economicamente.
Per creare pari opportunità ed evitare discriminazioni positive, per il suo impegno, ho pensato di dare un bel 10 tondo tondo al mio alunno “Cristian”!
Spero sia felice!
Saverio Fanigliulo