Ciao, io sono Cristian, quello bocciato
Bocciato in prima media per la terza volta, di chi è la colpa?
Un alunno di prima media è stato bocciato per la terza volta per non aver raggiunto gli obiettivi programmati nelle diverse discipline. Si tratta di un ragazzo molto superficiale e poco seguito dai genitori. La scuola lo “obbliga” a venire a scuola. Qualche docente del consiglio di classe ha affermato che per questo alunno non sarebbe servita né la promozione né la bocciatura, tanto era “il dispregio” per questo discente. Sono stati posti al centro del “dibattito” i concetti di valutazione formativa e di personalizzazione del piano di studio. È probabile che il mancato raggiungimento degli obiettivi di apprendimento, per il terzo anno consecutivo, fosse imputabile, anche, alla mancanza di strategie didattiche opportune e alla genericità degli interventi educativo-didattici. Per dare fiducia al discente alcuni professori hanno riflettuto schierandosi per la promozione, altri, la maggioranza, hanno confermato il loro freddo giudizio “confortati” dai cattivi voti e dalle recenti indicazioni in materia di valutazione.
Quale sarà il futuro di quel ragazzo? Averlo bocciato per tre anni consecutivi potrà servire a farlo maturare, farlo diventare più consapevole, orientarlo? Nella scuola dell’obbligo oltre il 20% degli alunni abbandona di fatto gli studi nella convinzione che la scuola non faccia per loro. I recenti provvedimenti del ministero della Pubblica Istruzione in materia di valutazione tendono a favorire la selezione già nella scuola dell’obbligo, per far emergere “le eccellenze” (sic!). Una scuola punitiva che appare forte con i deboli e debole con i forti. Dobbiamo ripassare Don L. Milani. La scuola dell’obbligo deve riconfermare il suo ruolo di comunità accogliente ed educante, rivolta a tutti, escogitando nuovi approcci metodologici che mirino all’integrazione e alla motivazione, alla educazione, all’istruzione. Porre in termini pratici il problema della valutazione autentica e formativa degli alunni è fondamentale per tutti noi affinché si evitino, talvolta in modo inconsapevole, comportamenti poco edificanti sul piano professionale. Già la 517/77 e il D.P.R. 275/99 disponevano in modo chiaro in tema di valutazione. Si valutano i percorsi, le opzioni metodologiche, l’efficacia delle strategie educativo-didattiche e dei piani di studio personalizzati.
Nella mia modesta esperienza didattica, per verificare le conoscenze, le abilità e valutare le competenze acquisite dai nostri alunni predispongo per loro un progetto educativo e cognitivo che abbia senso in cui sono ben definiti i traguardi di sviluppo della competenza da promuovere, gli obiettivi di conoscenza e di capacità da conseguire. Traccio il percorso, indico il nucleo centrale d’istituto (ad es. “il corpo e la comunicazione”) e quindi il nucleo concettuale fondamentale a cui ispirarsi costantemente, individuo semplici problemi legati ai vissuti e ai contesti, personalizzo le esperienze didattiche laboratoriali (vedi indicazioni per il curricolo a proposito di attività laboratoriali). Ogni alunno ha un compito da svolgere, seppur diversificato, ha sempre da fare ed è impegnato a risolverlo da solo o nell’ambito di un gruppo.
Un esempio, forse, potrà chiarire cosa intendo dire: progetto l’unità di apprendimento (UDA) “il corpo umano: il movimento, la nutrizione e la respirazione”, bene, predispongo i tempi, gli obiettivi e le competenze, preparo alcuni strumenti di base funzionali al tema (plastici, video, sostanze, foto ecc.), si sa che le discipline che insegno sono così ampie e ricche di contenuti che è importante selezionare argomenti chiave opportunamente collegati tra loro, che implicano aspetti della matematica e delle scienze, ma anche della storia ecc. Così, nel progetto di cui si diceva, inserisco elementi di statistica e probabilità, elementi di calcolo razionale, relazioni e funzioni naturalmente ben collegati e finalizzati al tema centrale (si badi senza troppe complicazioni, in modo semplice!). Per fare in modo che tutti gli alunni siano coinvolti e motivati, ognuno può risolvere un “problema” specifico relativo al nucleo concettuale fondante: un grafico, un calcolo, una riflessione pertinente. Tutti gli interventi sono importanti, definiscono il grado di interesse e impegno su cui puntare l’attenzione di noi docenti per attivare processi di insegnamento/apprendimento ulteriorizzanti. Vado, infine, a verificare e valutare la bontà della metodologia utilizzata, se l’interesse, l’impegno, le competenze acquisite sono stati più o meno rilevanti rispetto a una situazione di partenza, altrimenti modifico alcuni “percorsi” adattandoli alle nuove esigenze. Si valuta il metodo, l’efficacia del metodo posto in essere, il senso della proposta educativa.
Nella presentazione ai miei alunni di una qualsiasi UDA ho un pensiero fisso che mi accompagna sempre, quello di dare un senso alla proposta didattica, sono un pò “dispersivo”, lo ammetto, evito, per quanto possibile, di essere monotono con congetture e procedimenti matematici puri, disgiunti da situazioni concrete, da contesti motivanti (ad esempio, le scienze offrono tanti esempi mirabili per le applicazioni matematiche), da vissuti di emarginazione (il riferimento è relativo ai ragazzi più disagiati o difficili). So che ognuno di noi ha il suo “metodo” che non si cambia con nessun altro. Credo fermamente che il nostro metodo di insegnamento può diventare più efficace, potenziarsi in modo originale e flessibile (ognuno possiede un suo, personale, stile di insegnamento), nel momento in cui una formula geometrica, un calcolo, un grafico, un esperimento, un racconto, una storia, assumono un significato un valore reale, spiegano in modo semplice la natura e l’essenza delle cose che i ragazzi percepiscono, conoscono, vivono, amano. La personalità di ogni alunno deve guidarci sempre nelle scelte educativo-didattiche da compiere.
Da alcuni anni ho imparato a dare più senso e concretezza alla programmazione e alla valutazione, per far sì che gli interventi e le azioni siano ben definiti e chiari in ogni parte. Naturalmente i percorsi tematici programmati possono essere rivisti e riadattati in base ai riscontri. Motivare i nostri alunni, tutti i nostri alunni, è la prima cosa da fare, cercare argomenti interessanti per tutti. Tener conto delle situazioni di partenza di ogni discente è cosa fondamentale per creare pari opportunità educative e formative ed evitare “di fare parti uguali tra disuguali”.
Saverio Fanigliulo