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Una scuola… aumentata! Indossando la tecnologia

Pubblicato il: 17/07/2013 11:07:42 -


Come incideranno o come dovrebbero incidere i Google Glass e più in generale la realtà aumentata sulla nostra scuola? Sicuramente si deve puntare sempre più sul critical thinking e abbandonare la didattica trasmissiva della lezione frontale, senza però dimenticare di porre al centro le relazioni.
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Qualche tempo fa ho guardato con occhi sgranati diversi video sui Google Glass: le prospettive future di un loro utilizzo di massa sono sconvolgenti per la varietà degli scenari che si aprono. C’è chi parla di un’ennesima rivoluzione, addirittura qualcuno sostiene che si tratti della singola invenzione più rivoluzionaria dopo l’automobile.

Anche le reazioni dei miei studenti di seconda media, quando ho condiviso con loro i video e qualche informazione, sono state significative: erano assolutamente affascinati ma allo stesso tempo spaventati loro stessi. Tutti però, senza eccezione, erano emozionatissimi, quasi come gli attoniti spettatori di fronte alle riprese del primo passo dell’uomo sulla luna.

Cosa cambierà per la scuola?

Il primo aspetto che mi viene in mente è l’ancor più immediata disponibilità di qualsiasi informazione: in sostanza tutti i contenuti disponibili sul web e molto altro (ad esempio informazioni su edifici, strutture, città, opere d’arte, persone che si hanno davanti agli occhi) saranno accessibili senza dover mettere fisicamente mano a un device esterno. Le informazioni saranno quasi un tutt’uno con noi, come se questa piccolissima estensione, questa tecnologia indossata, ci desse la memoria di un calcolatore gigantesco.

Ma torniamo alla scuola.
La conclusione facile e banale che credo ogni insegnante dovrebbe trarre è la seguente: sempre più dobbiamo insegnare ai nostri studenti a capire, analizzare, selezionare e rielaborare le informazioni. Sempre più la scuola ha il dovere impellente di insegnare a imparare, di fornire gli strumenti del critical thinking.

La didattica trasmissiva non ha ormai più alcun significato e la lezione frontale dovrebbe essere da tempo nel dimenticatoio, perlomeno come metodica principe di insegnamento. Questo sarà ancora più vero e urgente fra pochissimo, quando la realtà aumentata sarà entrata nel quotidiano dei nostri studenti.

Le informazioni e i contenuti sono già a loro disposizione, ma spesso non li sanno decifrare né selezionare, non sanno trovare da soli la soluzione a un problema perché sono abituati a essere ricettori passivi di teoremi e dati che un docente scodella per loro.

Insomma, lo diciamo da anni ma non è ancora avvenuto: gli studenti devono davvero divenire protagonisti attivi del processo di apprendimento.

Ma come?

Anche grazie alla tecnologia, che offre validi strumenti e che rappresenta la realtà nella quale si muovono i nostri adolescenti. Quindi, benvenuti tutti i tablet, i pc, le LIM: la pratica del BYOD (Bring yor own device) dovrebbe entrare molto in fretta nelle nostre scuole, pur con tutte le criticità che comporta legate alla sicurezza, al controllo, al rischio di dispersione, alla difficoltà di gestione d’aula.
Ma di fronte a queste sfide noi docenti ancora reagiamo con un rifiuto assoluto, spesso addirittura con sacro terrore: se squilla il cellulare te lo ritiro, oppure ti sospendiamo perché hai scovato la password del wifi della scuola e ti sei messo a navigare con il tuo telefono.

Eppure mi pare sia veramente giunto, e forse trascorso, il momento di trovare soluzioni diverse e più attuali, al di là delle forti opinioni in campo educativo.

È poco utile a mio parere dividersi e scontrarsi con accanimento sugli effetti positivi o disastrosi delle tecnologie sui nostri figli o studenti.
È invece nostro dovere conoscere e guidare i ragazzi a un uso consapevole, critico e creativo delle tecnologie. Altrimenti le useranno comunque e i più lo faranno in modo acritico, meccanico e pericoloso. Dunque non abbiamo scelta. Non più.

Nonostante ciò non dobbiamo dimenticare l’altra reazione dei ragazzi di fronte al video dei Glass: la paura, lo sconcerto.

La paura di confondere realtà e realtà virtuale, di non saper più distinguere tra le due, la paura della solitudine, la paura di perdere il contatto con il corporeo, con il materiale.

Credo che i ragazzi, con la loro solita acuta intuizione, abbiano fatto centro e colto i rischi più grandi legati alla realtà aumentata e più in generale legati al nostro mondo pieno di device che facilitano la circolazione e lo scambio di informazioni e di dati ma dove spesso siamo più soli.

Quindi, di nuovo la scuola è chiamata a rispondere mettendo al centro la relazione fra studente e studente e fra discente e docente. A scuola i ragazzi dovrebbero poter imparare a usare la tecnologia come strumento per la collaborazione tra pari, in un ambiente dove si utilizzino buone pratiche, in particolare il cooperative learning che migliora le abilità sociali e l’interdipendenza positiva.

L’insegnante dovrebbe essere sempre un modello non con le solite prediche ma nella pratica quotidiana, mostrando un atteggiamento di ascolto attivo e utilizzando una comunicazione assertiva.
Dovrebbe essere un facilitatore, sia per l’apprendimento sia per la creazione di relazioni significative e armoniose tra studenti e con le loro famiglie.
Si dovrebbe dedicare più tempo all’ascolto reciproco e creare in aula uno spazio sicuro e accogliente in cui i ragazzi possano condividere i propri vissuti sentendosi rispettati e accolti e, perché no, magari utilizzare le stesse tecnologie anche per migliorare le relazioni tra compagni. I ragazzi spesso lo fanno spontaneamente e nel mio caso l’ho sperimentato sul campo. Molti studenti infatti hanno saputo trovare in autonomia modi creativi per impiegare alcuni strumenti proposti in classe per scopi “sociali”: ad esempio un Glog da mostrare alla LIM per accogliere un compagno rientrato dall’ospedale, un video per salutare una compagna che si trasferirà presto in Svezia e ancora un Prezi per celebrare le amiche del cuore.

Sapevamo già che le TIC fanno subito presa sui nostri ragazzi e sono fondamentali per tenere alta la loro motivazione all’apprendimento, ma aggiungerei che una scuola viva può e deve dare un contributo fondamentale per indirizzarli a un uso più costruttivo delle tecnologie anche nel campo delle relazioni.

PER APPROFONDIRE

Link:
www.glogster.com

Blog:
www.scrittoridiclasse.it

Video:
https://www.youtube.com/watch?v=yRrdeFh5-io
https://www.youtube.com/watch?v=6BTCoT8ajbI
https://www.youtube.com/watch?v=vG9vfjdcmRw

Bibliografia:
Scurati C., Frabboni F., Guerra L., “Pedagogia. Realtà e prospettive dell’educazione”, Edizioni Bruno Mondadori, Milano, 1999. Morin E., “La testa ben fatta. Riforma dell’insegnamento e riforma del pensiero”, Cortina Editore, Milano, 2000.
Guerra L., “Tecnologie dell’educazione e innovazione didattica”, Edizioni Junior, Bergamo, 2010.
Calvani A., “La competenza digitale nella scuola”, Erickson Trento, 2010.
Brighi A., Fabbri M., Guerra L., & Pacetti E., “Ict and relationships: promoting positive peer interactions”, 2012, in A. Costabile & B. Spears (Eds.), “The impact of technology on relationships in educational settings” (pp. 45-54), Routledge, New York.
Bondi R., Benassi G., “La scuola digitale in Emilia Romagna: suggerimenti per l’impiego delle tecnologie in classe”, in Studi e documenti, Ufficio Scolastico Regionale dell’Emilia Romagna, N. 6, marzo 2013.

***
Immagine in testata di jimmypons / Flickr (licenza free to share)

Jenny Poletti Riz

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