Riflessioni in classe sul nucleare: cosa è accaduto a Fukushima?
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Cronaca di una lezione sul nucleare, per dare risposte agli interrogativi degli studenti sulla sicurezza funzionale delle centrali elettrotermonucleari, coinvolgendo in modo sinergico i social network (Facebook), il web 2.0 (rivista Education 2.0), la carta stampata (Rivista Green), con il fine di innovare il confronto didattico.
Cominciamo con il dire che l’argomento della lezione sul nucleare è stato condiviso, qualche giorno prima, su Facebook, intercettando l’interesse di alcuni laureati in geologia e scienze ambientali, della redazione di Education 2.0, del direttore di Green (proposta di integrazione della lezione con alcuni articoli sul nucleare della sua rivista) e di altre persone incuriosite dall’estrema attualità dei temi trattati.
Sono le 8.15, iniziamo la lezione ricordando che nel mattino del 6 agosto 1945 l’aviazione americana lanciò l’atomica su Hiroshima e in una frazione di secondo 86000 persone bruciarono vive, 72000 persone subirono gravi ferite, circa 7000 case furono sgretolate e scagliate in aria, per chilometri di altezza, dal risucchio di un vuoto d’aria sotto forma di una colossale nube di polvere, in altre parole la produzione di un’energia elevatissima in un tempo infinitesimo.
Oggi l’attualità del nucleare che, per la maggior parte, è strettamente collegata alla produzione di energia elettrica, fa rimanere del tutto inalterato il rischio di un pericolo ambientale subdolo e nascosto, ponendo seri interrogativi sulla qualità della vita di ognuno di noi.
La lezione continua evidenziando i molteplici aspetti della fissione nucleare come sistema di produzione dell’energia elettrica alternativo all’uso di combustibili fossili.
Partiamo dal fatto che, in particolari condizioni, quando il nucleo di un atomo di U-235 è colpito da un neutrone a bassa energia (detto “neutrone lento”), questo si divide in due frammenti di massa diseguale, generando contemporaneamente 2 o 3 neutroni ad alta energia (detti “neutroni veloci”), per ogni neutrone lento assorbito. Tale reazione produce una grande quantità di energia emessa sotto forma di calore, infatti, da un grammo di U-235 si ottengono con questa reazione 90 miliardi di Kjoule, che è un valore corrispondente all’energia prodotta da 10 miliardi di litri di acqua, dotati di un salto di 1000 metri.
Questi elevati valori di energia dipendono dal fatto che la stessa, per la formula di Einstein E = mc^2, è direttamente proporzionale al quadrato della velocità della luce (300000 Km/sec ), ovvero 3 (10^5) Km/sec o 3 (10^8) m/sec.
Il paragone con l’energia equivalente prodotta da un’ipotetica centrale idroelettrica fa capire l’interesse economico sull’energia elettronucleare, basata sulla minimizzazione del costo del Kwh. Capito l’interesse economico, la discussione si sposta, con gli studenti sempre più interessati e partecipi, sul funzionamento di una centrale elettronucleare e sul suo impatto ambientale.
Nelle centrali nucleari la produzione del vapore, per far ruotare la turbina, avviene nel reattore, inserito in un cilindro d’acciaio inossidabile posto all’interno di un contenitore in cemento armato dello spessore di almeno un metro, la cui parte fondamentale è il nocciolo, costituito da contenitori dove è inserito il combustibile nucleare, sotto forma di cilindretti di uranio.
All’interno del nocciolo viene innescato il processo controllato di fissione nucleare, attraverso le barre di controllo che inserendosi nel reattore ne variano la potenza. In questo modo si produce il calore necessario a scaldare l’acqua e trasformarla in vapore ad alta pressione. Questo vapore è incanalato sulla turbina, che ruotando trasmette la sua energia meccanica all’alternatore, che la trasforma in energia elettrica grazie al fenomeno dell’induzione elettromagnetica.
A questo punto della lezione, gli studenti vogliono conoscere le cause della sciagura nucleare di Fukushima, quindi si inizia a parlare dei reattori della centrale, che a causa del terremoto/tsunami dell’11-12 marzo 2011, hanno subito gravissimi danni all’impianto di raffreddamento. Sapendo che le difficoltà di raffreddamento e il conseguente surriscaldamento delle barre di uranio provoca la produzione di idrogeno per scomposizione termica dell’acqua, si può fissare l’attenzione sul fatto che se una centrale nucleare funziona correttamente, l’idrogeno non si trova in prossimità delle barre di combustibile nucleare. Infatti, anche se il raffreddamento del combustibile avviene per mezzo di acqua, le piccole quantità di idrogeno e ossigeno che si generano vicino al nucleo mediante radiolisi dell’acqua, ovvero mediante scissione da radiazioni ionizzanti, sono velocemente eliminate dalle marmitte catalitiche con cui reagiscono per formare acqua.
Al contrario, quando accade un incidente come quello di Fukushima, le barre di combustibile rivestite in leghe di zirconio non sono più coperte da acqua, e di conseguenza possono raggiungere temperature tali, che il metallo di rivestimento comincia a ossidarsi a partire da circa 1000 °C. Poiché non vi è ossigeno libero intorno al nocciolo del reattore, il metallo reagisce con il vapore acqueo assorbendone l’ossigeno e liberando idrogeno.
Con lo scopo di evitare l’esplosione (chimica) per la presenza di idrogeno nel nocciolo (vessel) del reattore, lo stesso viene scaricato dal nocciolo al contenimento (edificio che racchiude il vessel). Tale procedura nel caso del reattore di Fukushima è sfociata nell’esplosione dell’idrogeno che ha distrutto la struttura di contenimento in cemento armato.
Dopo quanto esposto, la lezione finisce con un riferimento a un aforisma coniato dal premio Nobel Carlo Rubbia: “Non esiste un nucleare sicuro o a bassa produzione di scorie. Esiste un calcolo delle probabilità, per cui ogni cento anni un incidente nucleare è possibile: e questo evidentemente aumenta con il numero delle centrali. Si può parlare, semmai, di un nucleare innovativo”.
Aldo Domenico Ficara