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Ricerca e sviluppo. L’Europa e la scuola italiana

Pubblicato il: 21/07/2010 17:19:00 -


La strategia EU 2020 ci può forse aiutare a capire in che modo il problema della formazione tecnica e professionale italiana vada a connettersi agli indirizzi europei. Se leggiamo quello che dice l’Unione Europea ci appaiono subito alcune “materie” che compaiono negli obiettivi europei e non nella nostra scuola tecnica o professionale.
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L’anno scolastico appena terminato ha ribadito che il maggior tasso di dispersione del sistema scolastico italiano si concentra negli Istituti Tecnici e Professionali. Una delle cause è nota a tutti: la mentalità “gentiliana” che voleva l’Umanesimo come punto più alto della cultura nazionale ha lasciato un solco profondo e indelebile nella scuola e nella società e così i migliori alunni sono spinti verso i Licei. Non ci sarebbe niente di male in questo se la qualità complessiva del sistema tecnico e professionale italiano fosse alta e licenziasse comunque soggetti con forti competenze spendibili nel mercato del lavoro.

Ci sono poi delle cause strutturali molto banali, come la preparazione indubbiamente migliore al fine dell’accesso all’Università che i Licei danno, anche se i Licei possono far raggiungere risultati migliori soprattutto perché hanno gli studenti migliori. Resta però evidente che al di là di quelle che sono le cause e di quelli che sono i meccanismi di sistema su cui il Miur interverrà, esiste un problema tutto interno agli Istituti Tecnici e Professionali, che non mi pare in alcun modo possa essere demandato a un dibattito interno a quel segmento scolastico.

La strategia EU 2020 ci può forse aiutare a capire dove sta la formazione tecnica e professionale italiana. La Commissione europea ha lanciato il 3 marzo scorso, la strategia Europa 2020. Nel documento della Commissione, vengono indicati i tre motori di crescita:
• crescita intelligente (promuovendo la conoscenza, l’innovazione, l’istruzione e la società digitale),
• crescita sostenibile (rendendo la nostra produzione più efficiente sotto il profilo delle risorse e rilanciando contemporaneamente la nostra competitività),
• crescita inclusiva (incentivando la partecipazione al mercato del lavoro, l’acquisizione di competenze e la lotta alla povertà).

I progressi registrati verso la realizzazione di questi obiettivi saranno valutati sulla base di cinque traguardi principali rappresentativi a livello di UE, che gli Stati membri saranno invitati a tradurre in obiettivi nazionali definiti in funzione delle situazioni di partenza:
1. il 75% delle persone di età compresa tra 20 e 64 anni deve avere un lavoro;
2. il 3% del PIL dell’UE deve essere investito in Ricerca & Sviluppo;
3. i traguardi “20/20/20” in materia di clima/energia devono essere raggiunti;
4. il tasso di abbandono scolastico deve essere inferiore al 10% e almeno il 40% dei giovani deve avere una laurea o un diploma;
5. 20 milioni di persone in meno devono essere a rischio di povertà.

Se leggiamo quello che dice l’Unione Europea ci appaiono subito alcune “materie” che compaiono negli obiettivi europei e non nella nostra scuola tecnica o professionale. Ne cito alcune al solo fine di sollecitare l’attenzione sulla distanza tra l’organizzazione della scuola italiana a classi di concorso nate negli anni settanta e nuovo mondo globalizzato.

AMBIENTE, ECOSOSTENIBILITÀ E SVILUPPO. Le conoscenze in questi settori non sono di per sé specialistiche, ma sono attualmente scollegate a tutte le modalità didattiche tecniche e professionali presenti in Italia, dove quanto ha a che fare con ambiente e sviluppo è di tipo progettuale. Questi però sono settori emergenti che creeranno occupazione e sono legati comunque a centri di conoscenza non italiani.

GESTIONE ALGORITMICA DEI FLUSSI INFORMATIVI. La progettazione e la programmazione di tutta la multimedialità passa attraverso il padroneggiamento del linguaggio algoritmico, mentre tutta la matematica insegnata in Italia sostiene la preminenza delle equazioni, della trigonometria, della geometria analitica.

LETTURA DELLE ALTRE SOCIETÀ. Il distacco profondo tra l’Italia e il resto del mondo nella formazione tecnica e professionale è più ampio che altrove. Gli studenti dei tecnici e dei professionali devono imparare a leggere il mondo, non a leggere Verga, Pirandello o Dante. Qui si tratta di scelte strategiche: i nostri studenti degli istituti tecnici e professionali leggono male la nostra letteratura e non sanno neppure da che parte cominciare a leggere società diverse dalla nostra.

RICERCA E SVILUPPO. Dice l’Unione Europea: speriamo che questa volta sia il momento dei Tecnici e dei Professionali.

Segnali non ce ne sono, puntiamo sulle speranze.

Stefano Stefanel

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