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Quali cittadini senza Diritto ed Economia?

Pubblicato il: 05/02/2010 11:29:38 -


C’è uno strano silenzio dei media a proposito della riduzione degli insegnamenti di diritto ed economia nella scuola superiore italiana. È davvero utile, come ci si prospetta, l’inserimento al posto di un progetto unitario e articolato di programma di una serie di interventi provenienti dal mondo esterno alla scuola? Qual è in questo contesto la funzione del docente?
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L’opinione pubblica sta dibattendo con passione sui quadri orari delle superiori volute dal Ministro Gelmini; l’attenzione si concentra sui tagli subiti da geografia, una materia che peraltro viene insegnata a partire dalla terza elementare e per tutto il triennio delle medie. Si dimentica invece il destino che stanno subendo le materie giuridico-economiche, su cui pure sono state prese posizioni di rilievo da personalità in vista della cultura italiana (Chiara Saraceno su La Voce). A quanto risulta dai dati di dominio pubblico, Diritto ed economia saranno insegnate nei bienni delle scuole tecniche e professionali e in alcuni trienni delle medesime scuole in un’ottica professionalizzante; saranno invece del tutto assenti nei licei (mentre fino a quest’anno scolastico erano presenti nei cosiddetti Licei Brocca), ed eliminati da alcuni trienni tecnici, come per esempio i geometri.

Su questa vicenda e sul silenzio calato si di essa vorrei proporre alcune considerazioni.

La prima riguarda il senso di questa materia nei bienni delle superiori. Vi è stata inserita da circa vent’anni (chi scrive la insegna da diciotto) con l’esplicito intento di fornire ai futuri cittadini una preparazione culturale che li mettesse in grado di agire consapevolmente in una democrazia; il programma tocca alcuni concetti introduttivi di entrambe le materie e verte quindi sullo studio della nostra Costituzione, concludendosi con il mondo delle organizzazioni internazionali e dell’UE; per quanto riguarda economia politica, oltre al funzionamento dei mercati vengono trattati argomenti di macroeconomia. Lo sforzo delle case editrici nell’adattare la materia al giovane pubblico è stato notevole e ricco di buoni risultati.

Ha qualche cosa a che fare allora questa materia con la tanto vantata novità di Cittadinanza e Costituzione? Ascoltando il video di Maurizio Tiriticco su Education 2.0 mi è venuto da pensare che essa possa rappresentare una sorta di coronamento di Cittadinanza, nel senso che la conoscenza della Costituzione dà una direzione e una forma alle nostre relazioni con quegli altri che sono gli estranei, gruppi sociali e politici diversi da noi, stranieri ecc. Se bene dunque ha fatto il Governo a introdurre Cittadinanza fin dalla primaria, non riesco a comprendere perché non abbia concepito Diritto ed Economia come la naturale conclusione di un percorso da impartire a tutti gli studenti in uscita dalla scuola dell’obbligo. Perché gli studenti del liceo, i futuri medici, scienziati, letterati e artisti, non devono studiare diritto ed economia? Perché non si dice chiaramente che è tramite la riflessione più approfondita che queste due materie permettono che si ‘laureino’ i cittadini di un mondo globalizzato?

Inizia qui la mia seconda, amara, considerazione. La materia non viene percepita oggi in Italia nel suo valore formativo, ma solo come serbatoio di informazioni tecnico-pratiche utili a chi con essa si guadagnerà la vita o, peggio, a chi dovrà sbrogliarsela con la giungla di leggi e leggine per poter svolgere la propria produttiva professione di ingegnere, artigiano o altro. La cultura o è umanistica o al massimo scientifica; una terza via in Italia non è prevista.

Ciò che più brucia a noi della A019 – e questa è la terza considerazione – è che in questi anni siamo stati coinvolti in molti progetti nelle scuole (legalità, UE, alternanza scuola-lavoro) a riprova che anche se fossimo solo in grado di fornire informazioni tecnico-pratiche, esse sono necessarie ai giovani. Guarda caso recentemente il Consorzio Patti Chiari sta organizzando un suo ingresso nelle scuole per portarvi l’educazione finanziaria, per la quale l’OCSE ha addirittura aperto un portale apposito. Certo, è un fatto positivo la collaborazione tra la scuola e il mondo reale del lavoro, ma siamo sicuri che l’arrivo di un esterno che degli studenti, del loro livello, della loro preparazione, dei loro ritmi di apprendimento, sa poco o niente, sia benefica? Che cosa significa allora essere docenti? Tutti coloro che vivono nel mondo della scuola sanno perfettamente che una cosa è sapere e una cosa è saper insegnare. Farsi sostituire da esperti significa negare ciò, lasciarsi ridurre a semplici cani pastori, pronti a stravolgere la propria programmazione e a condurre ovunque ci venga chiesto dai nostri studenti. La scuola deve aprire al mondo i ragazzi, questo è il suo compito, ma sta a essa e agli insegnanti calibrarne i metodi e i tempi. E questo non sarà possibile se gli insegnanti non hanno studiato la materia per la quale devono contrattare l’incontro con gli esperti. Che oggi venga detto agli insegnanti di diritto ed economia che si può fare a meno di loro, proprio mentre le organizzazioni internazionali, l’Unione Europea e lo stesso Governo italiano ammettono che non si diventa cittadini attivi per crescita spontanea, ma con un processo di formazione, è grave per la scuola in quanto tale; domani si potrà dire allora che per imparare a scrivere è meglio incontrare scrittori? Gli insegnanti dovrebbero tutti quanti sentirsi coinvolti da questa vicenda.

Come mai allora l’opinione pubblica non si solleva, come mai i media non si occupano della vicenda? C’è un pregiudizio umanistico ancora vivo nel nostro Paese, l’ho già detto. C’è anche da scontare il fatto che molti adulti hanno frequentato una scuola senza diritto ed economia e ne hanno un ricordo e un giudizio positivo: non sentono quindi la necessità di chiederla per i loro figli e se non hanno figli si disinteressano della scuola, che, temo, al di là delle dichiarazioni non è ancora in Italia materia di interesse pubblico.

Chiara Saracco

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