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Quale nuovo Umanesimo nelle Indicazioni nazionali per il curricolo?

Pubblicato il: 23/07/2012 17:11:08 -


I miei dubbi di docente con un’esperienza ultratrentennale, vissuta per lo più in classe, a contatto diretto con gli alunni e con le loro famiglie, in una società irrefrenabile che corre all’impazzata verso un futuro alquanto incerto.
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Chi, come me, ha cercato nella bozza delle Indicazioni elementi strutturali di novità, soprattutto di ordine psico-pedagogico, è rimasto profondamente deluso.

Il documento ricalca pedissequamente le passate riforme della scuola e, se non fosse per l’accenno all’unitarietà dei saperi poggiata sulla necessaria interdisciplinarietà, tesa a ridurre la frammentazione delle conoscenze praticata nel passato, e per il forte richiamo all’innovazione tecnologica della didattica, per renderla più consona alle esigenze formative degli utenti, riconosciuti finalmente “nativi digitali” a tutti gli effetti, potremmo dire tranquillamente che nulla è cambiato.

Ovviamente ci sono alcuni riferimenti dovuti al cambiamento vorticoso della società di questi ultimi anni e che, pertanto, non potevano essere presenti nelle precedenti riforme, come l’esigenza di conformarsi sempre di più al quadro di riferimento delle competenze europee; come il richiamo a valutare il grado di competenze raggiunte da ogni alunno a fine percorso scolastico, secondo criteri standard di qualità ricercati dall’INVALSI per renderli comuni a tutte le scuole; come lo studio di più lingue, dettato dalla presenza sullo stesso territorio di persone appartenenti a culture diverse e il ricorso alla tecnologia che diventa materia di studio e, nel contempo, assume la caratteristica dell’elemento di unione tra le diverse discipline, dato che i suoi strumenti sono determinanti per l’innovazione delle metodologie di insegnamento.

Ribadisco: sono tutti aspetti imprescindibili dagli sviluppi attuali della nostra società e pertanto sarebbe stato impossibile ignorarli.

Quindi aspetti importanti ma non per questo trattati in modo esaustivo: anzi, a mio parere, si ravvisano, nell’analisi riportata dalla Bozza, ancora omissioni, ambiguità e forti nodi di criticità.

Per esempio, al di là del proclama squisitamente politico, dove sta il vero “Curricolo della scuola”, cioè quel documento di base che, pur abbandonando la logica della prescrittività, dia riferimenti certi alla Scuola italiana?

Si cercano nella valutazione delle competenze standard di qualità comuni a tutte le scuole e poi si lasciano tutte le scuole senza un valido Documento Nazionale di riferimento, demandando tutta l’azione formativa alla creatività e alla fantasia di queste ultime che sono costrette, loro malgrado, a inventarsi curricoli e progettazioni servendosi di operatori spesso poco qualificati, visto che negli anni passati la laurea in Pedagogia, in Psicologia e nelle Scienze Sociali oltre che quella in Ingegneria progettuale non era richiesta per l’insegnamento nella scuola di base.

Questo fa sì che ancora nelle scuole si rischierà di trovarsi davanti a progetti mortificanti, come già è avvenuto nel passato allorquando si è assistito al proliferare di stravaganti progetti che, pur trovando giustificazione nella logica (aberrante) della scuola che li aveva programmati e attuati, nulla avevano a che vedere con il discorso formativo dell’istruzione e dell’educazione degli alunni. Essi tante volte rispondevano solo alle aspettative degli adulti, vuoi perché venivano programmati tenendo conto delle competenze e/o ambizioni degli operatori presenti a scuola in quel dato momento vuoi perché venivano ideati considerando i bisogni politici delle amministrazioni locali o addirittura le aspettative di alcuni genitori, prevaricanti.

Quando si porrà davvero fine a tutto questo strazio?

Bastano per questo le brevi e semplici indicazioni contenute nella bozza laddove è scritto: “La scuola non può interpretare questo compito come semplice risposta a un’emergenza. Non è opportuno trasformare le sollecitazioni che le provengono da vari ambiti della società in un moltiplicarsi di microprogetti che investono gli aspetti più disparati della vita degli studenti”.

Altro nodo evidente è quello determinato dalla voglia spasmodica, che traspare da ogni pagina di questa Bozza, di apertura della scuola alle nuove realtà territoriali, ai nuovi orizzonti sociali e culturali nonché ai nuovi saperi, a partire dalla stessa tecnologia.

Mi chiedo: come si può conciliare l’ampliamento dell’offerta formativa curricolare rispondente a questi nuovi bisogni (aumento delle discipline di insegnamento con relative competenze) con la riduzione dell’organico e dell’orario di insegnamento?

Nella bozza del Documento, nel profilo dello studente al termine del primo ciclo d’istruzione, si fa riferimento, oltre alle competenze di base nelle discipline tradizionali, già presenti nei curricoli della scuola, come quelle in Madrelingua, in Matematica, in Scienze e in Tecnologia nonché in Lingua straniera, anche a quelle nelle materie che io definisco “dei nuovi tempi” ovvero alle competenze in materia digitale, in arti sociali e civiche, in spirito di iniziativa e imprenditorialità, in consapevolezza ed espressione culturale.

E mi chiedo: può la scuola, con i suoi orari ridotti, fronteggiare queste richieste?

E per l’Inglese, basteranno i corsi di aggiornamento, per tutti quei docenti che ancora non si sono formati, visto che nel passato non era obbligatorio l’insegnamento della Lingua e pertanto ai docenti non era richiesta una formazione in tal senso? (Solo agli ultimi concorsi i docenti sono stati chiamati ad abilitarsi per l’insegnamento della Lingua Inglese, ma molti di loro stanno ancora tra la schiera dei precari, vista l’esiguità delle assunzioni avutasi negli ultimi quindici anni).

E che fine ha fatto il discorso epistemologico sulla conoscenza delle discipline che ha spinto tanti docenti ad approfondire la materia d’insegnamento per “specializzarsi” e per meglio padroneggiarla?

È cambiata la pedagogia e la didattica, ossia quelle scienze dell’educazione che nel passato avevano il compito di studiare i processi formativi per indirizzare l’azione formativa della società oltre che della scuola?

E se tutto questo sarà davvero praticabile, come si valuteranno le competenze di queste materie dei nuovi tempi?

Certamente non con i test dell’Invalsi che sembrano andare in tutta altra direzione. Lì, finora non ho mai trovato un solo item che potesse servire a valutare il pensiero divergente di un alunno: o si risponde nel modo richiesto o si sbaglia. alternative non mi sembra che ce ne siano.

Dunque che fare? Bisognerà indirizzare l’azione didattica verso l’acquisizione di competenze ben determinate, nella direzione INVALSI o indirizzare la proposta sui bisogni degli studenti, rispettando i loro stili cognitivi e i loro ritmi di apprendimento, proprio come richiesto nel paragrafo sulla centralità della persona? “I docenti dovranno pensare e realizzare i loro progetti educativi e didattici non per individui astratti, ma per persone che vivono qui e ora, che sollevano precise domande esistenziali, che vanno alla ricerca di orizzonti di significato”.

E, se si sceglierà questa seconda opzione, come si valuterà il soggetto creativo che, interpretando, con una sua logica personale, un argomento e un discorso, arriverà nella compilazione di un test o nella soluzione di una situazione problematica a dare riposte singolari, non previste dagli schemi pre-strutturati, a risposte chiuse e a scelta multipla di verifica, come quelle dell’INVALSI?

Infine, pur condividendo l’interesse per la tecnologia, considerata fonte “di informazione e di comunicazione”, “grande opportunità” per la scuola e l’attenzione riposta per i grandi problemi dell’attuale “condizione dell’uomo planetario” a cui la Bozza riserva ampio trattamento, mi meraviglia l’assenza quasi totale dell’attenzione verso quei piccoli problemi che affliggono nella quotidianità la vita dei bambini di oggi, vale a dire: stili di vita inappropriati, mancanza di valori, consumismo sfrenato, iperstimolazioni sensoriali, cattiva alimentazione, educazione sessuale ecc.

Non è che questo ampliamento di orizzonti, a livello mondiale, previsto nella Bozza, ci farà perdere di vista la realtà di tutti i giorni che ci è disperatamente davanti gli occhi?

Insomma, la conoscenza del mondo avviene dopo la conoscenza di sé ed è da qui che bisognerebbe partire, a mio avviso, ma io nel documento noto pochissimi accenni ai problemi reali e personali dei nostri utenti pur considerati ora a maggiore rischio di “fragilità”.

Mi chiedo: tra i redattori del documento almeno uno psicologo si è pronunciato?

Nel complesso, secondo me, il documento riflette, a mo’ di specchio, la confusione che stiamo vivendo in Italia: gli autori sembrano più interessati alla situazione politica dell’Europa che non a quella psico-pedagogica della scuola reale del proprio paese e per questo, con proclami accattivanti, barcamenandosi tra le richieste europee da una parte e il rispetto delle istanze sancite dall’autonomia scolastica dall’altra, finiscono con il mantenersi sempre troppo sul vago, per non inimicarsi né gli uni né gli altri e, così facendo, dicono tanto per non dire niente e di fatto demandano il “tutto” alle scuole.

Dunque, a mio parere, puntando sulla libertà di insegnamento, sull’autonomia funzionale e sulla professionalità dell’organico, i nostri politici scaricano ancora una volta le loro responsabilità civili ed educative sulla scuola, sovraccaricandole oltre modo di funzioni e compiti che non le spettano del tutto, e trasformano improvvisamente i suoi operatori, ritenuti fino a poco tempo fa “fannulloni”, in colonne portanti del sistema scolastico nonché in “tuttologi” capaci di fronteggiare da soli, e in condizione di scarse risorse umane e materiali, la mole del lavoro da loro indicata e decantata.

Sono chiamati in causa soprattutto i dirigenti e i docenti.

Sono difatti i docenti che guidati saggiamente dai dirigenti, devono definire i curricoli, progettare il lavoro didattico, definire obiettivi e competenze, valutare, integrare e, in presenza di alunni affetti da “fragilità” o certificati DSA, stilare PDP e provvedere con gli opportuni strumenti compensativi.

E che importa se in tali situazioni anche le ore di sostegno rischiano di essere ridotte?

L’importante è che il bambino diversamente abile o in difficoltà stia a scuola e non venga mandato via, nelle ore di assenza del sostegno; che venga sempre tenuto al centro dell’attenzione, come ben precisa la Bozza, altrimenti l’opinione pubblica potrebbe risentirsene.

Egli deve sempre essere al centro della proposta educativa della scuola, a prescindere dalla numerosità dei compagni e dagli impegni di classe: è in questa scuola che deve crescere e apprendere con i compagni e con il docente che si ritrova; è qui che trova, in assenza dell’insegnante di sostegno, il docente di classe che, per sua fortuna, insegna tutto, e tutto sa fare, perché, nei ritagli di tempo, ha approfondito lo studio delle “disabilità” che ora non confonde più con le “diversità” o peggio ancora, con le “fragilità”; è qui che si risolverà il suo sacrosanto diritto allo studio, riconosciutogli dalla normativa vigente (e penso tristemente all’art 3 della nostra Carta Costituzionale).

Agendo in questo modo, secondo il pensiero umano e costruttivo dei nostri esperti redattori della Bozza, i vantaggi formativi per lui e per i compagni di classe sono assicurati. Infatti, si risolvono, nello stesso tempo e in economia di interventi, più problematiche: al bambino in difficoltà viene riconosciuta la “centralità del suo essere” e nel contempo, si dà la possibilità al suo docente di classe di promuovere azioni di socializzazione e di integrazione all’interno dell’aula in modo che gli alunni sperimentino la gioia della convivenza e del sovraffollamento e imparino a proiettarsi in una dimensione sociale più ampia e più complessa e ciò foggerà la loro futura essenza di cittadini italiani, o meglio di cittadini europei, anzi, “pardon”, del mondo, a dirla con le Indicazioni: “La scuola raccoglie con successo una sfida universale, di apertura verso il mondo, di pratica dell’uguaglianza nel riconoscimento delle differenze”!!!

E così operando, siamo tutti d’accordo per il nuovo Umanesimo.

Ottimi ideali, belle parole, bei proclami, ma lo spirito di fondo è sempre lo stesso: “Armiamoci e partite”!!!

***
Crediti per l’immagine: JustASC / Shutterstock.com

Anna Guarracino

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